La seconda morte di Calabresi

17 Maggio 2017 di Stefano Olivari

Quarantacinque anni fa, il 17 maggio 1972, il commissario Luigi Calabresi veniva ucciso a Milano da personaggi legati a vario titolo a Lotta Continua: un numero notevole di processi e sentenze avrebbe poi portato alle condanne definitive di Adriano Sofri, Ovidio Bompressi, Giorgio Pietrostefani (22 anni di reclusione) e Leonardo Marino (11 anni). Il nome di Calabresi sarà legato per sempre, che lo si voglia o no, al ‘malore attivo’ (questa la grottesca verità giudiziaria) che portò l’anarchico Giuseppe Pinelli a schiantarsi nel cortile della Questura partendo da un ufficio dove, pare, Calabresi non era presente (ma altri cinque poliziotti sì, eppure furono tutti prosciolti). Non occorre essere complottisti per affermare che nessuna della varie versioni fornite dalla Polizia, a partire dalla prima (il suicidio per sopravvenuto senso di colpa per piazza Fontana, con Pinelli che peraltro non c’entrava nulla), stia davvero in piedi.

Ma non è di un caso strafamoso e tuttora pieno di misteri che vogliamo parlare, bensì del dopo. Calabresi fu ucciso sotto casa sua, in via Cherubini, e sui mandanti del suo omicidio si scatenarono le teorie più diverse, pista nera compresa.  L’unica certezza, per anni, rimase che un commissario di polizia famoso per motivi anche diversi dal caso Pinelli (sintetizzando brutalmente, lui a cavallo del Sessantotto incarnava per molti versi la figura del poliziotto cattolico e ‘democratico’, in grado anche di trattare con il Capanna della situazione, e solo dopo la morte di Pinelli entrò nel mirino di una certa sinistra) era stato ammazzato sotto casa sua. Una fine meritevole almeno di una targa, insomma, non vogliamo dire di una santificazione anche se in questo senso la realtà sta superando la fantasia.

Stamattina verso le nove andiamo a prendere la metropolitana passando per via Cherubini e vediamo un uomo con la divisa del Comune di Milano che mette una corona di fiori appoggiata a un cippo che avevamo già notato, ma che mai nonostante fossimo transitati da lì davanti diecimila volte aveva attirato l’attenzione. Nessuna cerimonia, soltanto un impiegato mandato da Sala, immaginiamo, a posare una corona di fiori. Una volta andato via l’uomo ci siamo avvicinati e abbiamo letto il testo di una piccola targa: ‘Qui davanti alla sua casa – mentre si recava al lavoro – il 17 maggio 1972 – il Commissario Luigi Calabresi – cadde vittima del terrorismo’. Ah, quindi la targa c’era… Riportando anche la data in cui è stata messa: 17 maggio 2007, 35 anni dopo l’accaduto, con sindaco Letizia Moratti. Ci siamo vergognati di esserci ignorantemente persa la notizia all’epoca, perché i giornali (abbiamo controllato) ne avevano parlato ma noi saremo stati presi da qualche bomba di mercato. Anche se la vergogna rimane averla messa, quella targa, con 35 anni di ritardo, in un paese in cui vengono dedicate aule universitarie e fiaccolate praticamente a chiunque: una seconda morte, più che una commemorazione.

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