Influencer batte giornalista duemila a zero

25 Maggio 2017 di Dominique Antognoni

Avete presente un viaggio stampa? No? Gran parte degli articoli che leggiamo, soprattutto in certi settori (moda, tech, viaggi, food, ma anche economia, spettacoli e sport), nascono da questo schema: io organizzatore, in proprio o tramite un’altra società, voglio che si parli del mio prodotto ma senza che sembri pubblicità (se no basterebbe comprarla), così mi invento un viaggio stampa. I giornalisti vengono spesati di tutto, in situazioni spesso a cinque stelle sotto ogni profilo, stanno in giro due o tre giorni in posti quasi sempre gradevoli, e al loro ritorno scrivono qualche riga magnificando il prodotto. Uno schema che fa contenti quasi tutti, e sottolineiamo ‘quasi’: gli organizzatori che comunicano in modo più incisivo della tradizionale pubblicità (la recensione positiva del ristorante, specie se associata a una testata o a un giornalista autorevole, vale molto di più della pubblicità comprata dal ristorante) e anche meno costoso, le testate non spendono un euro per mandare in giro i loro collaboratori e anzi considerano questi viaggi una forma di pagamento, i lettori leggono articoli positivi e immaginifici invece di critiche e stroncature (un famoso giornalista ci dice sempre che ‘noi vendiamo emozioni’). Basta un lettore di media cultura, non iun addetto ai lavori, per valutare la percentuale di questi articoli (o servizi televisivi) finti sul totale: non si è lontani dalla metà, a pensare bene.

Dal punto di vista del giornalista, regolarmente assunto o collaboratore free lance che sia, è un po’ diverso. Di solito torni da questi viaggi con i nervi a pezzi, perché fondamentalmente per quei due o tre giorni ti trattano come se fossi di loro proprietà. Ti riempiono di discorsi pallosi e tu purtroppo devi fingere interesse (non hai alternative, sei prigioniero in posti spesso sperduti). In ordine sparso, ti marcano stretto il patron del resort (facciamo l’esempio del turismo), il direttore generale, il responsabile marketing, la pr o le pr, lo chef, la direttrice della spa. Personalmente non ci andiamo più, ma non tiriamo in ballo l’etica del giornalismo o grandi discorsi. Semplicemente il giornalista non ha alcuna convenienza nel fare questi viaggi gratis, a meno di non essere particolarmente sfigato o desideroso di stare lontano dalla famiglia per un po’. Il secondo problema, ma questo vale sempre, è che la gente si approfitta di chi è educato e non lo molla più.

In questo scenario triste c’è però almeno un aspetto esaltante. Anzi, una figura esaltante: l’influencer. Perché in queste situazioni (smartphone innovativi, ristoranti che rivisitano la cucina del territorio come nessuno ha mai fatto, auto con il motore di una Formula 1 ma parcheggiabili come una Smart, eccetera) gli unici a percepire denaro sono gli influencer. Altrimenti non vengono. E giustamente, quando vengono invitati (o invitate, la maggior parte sono donne), mettono le mani avanti: quanto pagate per questo viaggio stampa? Traduzione: mica penserete che io stia due giorni ad ascoltare i vostri sermoni per una cena e un letto, per queste cose da poveracci portatevi i giornalisti.

Ci pare fantastico: i giornalisti subiscono i discorsi pallosi con zero (ovvero valgono zero) incassi, gli (le) influencer invece prendono soldi e di sicuro sono più furbi, scappando e scivolando via dalle liturgie dei vari responsabili (sono tutti lenti nel raccontare, i più lenti sono quelli che ‘Vi rubo solo due minuti’). È assurdo: abusano del tuo tempo con la presunzione di farti pure un favore perchè ti hanno invitato,  invece sei il loro prigioniero per poi stalkerizzarti sulla data dell’uscita del pezzo. Gli influencer invece si muovono solo in cambio di danaro e hanno perfino il pallino della situazione in mano. Esempio freschissimo: per presenziare agli Internazionali d’Italia un paio di giorni, guardando un po’ di tennis ma soprattutto ascoltando discorsi di sponsor facilmente sintetizzabili in dieci righe, una influencer nostra amica ha chiesto ed ottenuto duemila euro, oltre a tutto il resto pagato. I giornalisti, nella stessa identica situazione, zero. Qualcosa ci sfugge, ma rimane una certezza: i giornalisti vengono considerati zero, ma soprattutto si considerano zero. È anche per questo che ricevono zero.

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