Tumore al cellulare (Ausilio non è da Inter)

23 Aprile 2017 di Stefano Olivari

Il giorno dopo Fiorentina-Inter è una domenica come tante altre, per lo meno al Champions Pub. Nell’ultima settimana tante notiziole da telegiornale di provincia, di quelli con Mattarella che visitando una scuola di zone terremotate invita gli alunni a credere nell’Europa. Ma tutto ovviamente scompare di fronte al 5-4 con cui la squadra di Paulo Sousa ha battuto i nerazzurri, togliendo un senso al sabato sera e forse anche alle vite del Gianni, del Walter, del Franco e di Budrieri, che hanno seguito la partita nel loro solito bar, che grazie alle schede tarocche di Ping prende tutti i canali del mondo anche se lì interessano soltanto quelli di calcio. Della partita Max doveva fare le pagelle ma ne avrà seguito con attenzione un minuto, preso com’era a chattare con la Fede, anche se la testa della ragazza era tutta per un intrigante e cazzuto Brand & Digital Manager parigino che vive a Londra, in zona Mayfair, ma nel fine settimana cura i suoi vigneti a Greve in Chianti, conosciuto venerdì su Tinder (in realtà un ex supplente di lettere di Bernareggio che se la cava grazie alla pensione di accompagnamento della nonna, peraltro già morta). Così anche oggi, mentre il mondo brucia e la civiltà occidentale scompare mettendosi in casa finti profughi di finte guerre, con i suoi membri più illuminati presi a discutere se il cellulare causi il cancro o no, nella periferia ovest di Milano il parlare di calcio è l’unica cosa che tenga attaccati alla vita insieme agli sconti 30% del Simply, al videopoker, al centro massaggi Tuina, al Nails Paradise, a miserabili eredità, alle scoperte di Mirabelli e soprattutto a Gabigol.

Sono le due di pomeriggio e Paolo-Wang sta servendo caffè in tazzine sporche a gente che non dà importanza né al caffè né alle tazzine sporche (e in generale a niente). Pur di non essere in famiglia ci si fa andare bene anche Sassuolo-Napoli, mentre si cerca la fortuna con i gratta e vinci appena acquistati. Si cerca ma non si trova, perché i gratta e vinci sono quelli di Ping, curiosamente stampati proprio a Napoli. Tosoni e Mariella sono via per un ponte iniziato il venerdì di Pasqua, con rientro previsto martedì 2 maggio, e gli impiegati pettegoli della Tuboplast, cinquantaquattrenni falliti con il fegato distrutto dai primi al microonde di Paolo-Wang e Zhou, si sono premurati di far sapere che anche la moglie Michaela, insomma la figlia adorata del cavalier Brambilla, ha un amante: un non meglio precisato giornalista di sinistra, conosciuto all’Harbour Club. Su dove siano Tosoni e la sua assistente personale ci sono mille congetture, ma Budrieri venerdì seguendo con estrema attenzione Pouille-Cuevas (unico del Champions Pub a sapere che esiste il tennis) li ha visti inquadrati sulle tribune di Montecarlo, dove i Brambilla possiedono 28 appartamenti. Gli impiegati hanno chiesto di fare il ponte, domani, e Cogodi glielo ha concesso perché ha bisogno di un giorno in più per far trovare gli scatoloni già pronti (se ne occuperà José Luis) a cinque di loro trovati a imbrogliare sulle note spese. Piccole cose, tipo una due rustichelle fatta passare per un Camogli, ma a giudizio di Cogodi sufficienti al licenziamento per giusta causa. Zhou dovrebbe preoccuparsi perché senza Tuboplast il Champions Pub prederebbe quaranta clienti fissi su sessanta, ma la sua testa è alle elezioni francesi: sogna un Front National italiano, non le felpe di Salvini, che salvi quanto rimane di un paese che lui ama. Ha tanta rabbia dentro, Zhou. Forse nemmeno l’uccisione di una personal shopper lucana, pur auspicabile, potrebbe tirargli su il morale in una Milano che si autoelogia per i suoi eventi del cazzo ma non si accorge di essere finita. Una città di ristoranti di lusso in un’Italia ormai di camerieri, bravi a servire recitando il menu in cinque lingue, ma non a produrre e ad essere indipendenti.

Max è disperato e non certo per il brand manager della Fede, ma per motivi molto più concreti. Salvatore da Locri ha infatti preso spunto dall’infortunio di Blake Griffin per mandargli un pezzo dal’accattivante titolo ‘I cento più famosi infortuni nella storia dei Clippers’, associando ogni infortunio ad una canzone di un cantante o gruppo californiani. Credendo di trovare qualcosa degli Eagles, dei Green Day, dei Grateful Dead, dei Linkin Park o dei Beach Boys, l’ingenuo Max ha cominciato a leggere abbastanza ben disposto, ma subito si è bloccato sull’associazione ‘Frattura alla mano di Chris Paul contro Portland nel 2016 – Cockeye dei Deadbolt’ e ha approvato il pezzo sorvolando sul successivo milione e mezzo di caratteri. Ormai per il numero zero o uno (Pier Luca e Vincenzo hanno deciso di definirlo numero zero-uno, dopo un brain storming di marketing) tutto è pronto, compresa la carta con una grammatura da 300 per impressionare i big spender della pubblicità. Comunque sempre meglio Salvatore che quel leccaculo carrierista di Salvatorino, che pur di diventare caporedattore di SuperMegaInter.com ha promesso a Vincenzo e Pier Luca forti sconti nell’albergo di Sellia Marina gestito da un cugino di un cugino di suo padre.

Certo chi sui siti dei grandi giornali la sfanga con titoli come ‘La verticale in topless di Lindsey Vonn fa impazzire il web’ e ‘Distrugge la Ferrari e si prende gioco del poliziotto. Rich kid indigna il web’, con aggiunta di una photogallery sulle ragazze di Non è la Rai, è mille volte più fortunato di lui che nella notte ha ricevuto da correggere un sintetico mezzo milione di battute di Ridge Bettazzi, dall’accattivante titolo ‘Il sogno spezzato di Cinesinho’. La penna più corrosiva di Pinarella di Cervia, che si masturba guardando sull’iPad gli schemi di Jardim e che si è iscritto a un seminario di Bacconi a Desio (‘Le azioni di Icardi per spiegare le abilità cognitive necessarie ai grandi bomber e allenabili nei bambini’, ha avuto il coraggio di intitolarlo così), ha preso spunto dalla grande stagione 2016-17 del Foggia per ricordare quale sia stato il miglior Foggia di tutti tempi nella conquista delle seconde palle. E la scelta è caduta ovviamente sul Foggia 1978-79, che incantò il mondo pur giocando nella grigia e conformista serie B dell’epoca, i cui poteri forti lo fecero ovviamente a fine stagione retrocedere. Nell’articolo, scritto nello stile del Buffa forse migliore, quello del periodo di Lexington (un certo storytelling è amato soprattutto in Kentucky), i resuscitati Happel e Michels vengono spediti in vacanza a Foggia, conquistando così uno dei tanti record della loro carriera, perché nessuno prima di loro era mai stato in vacanza a Foggia.

Michels inizia subito a rognare (“Qui è tutto una merda, ma come fa la gente a non emigrare a Heerhungowaard?”) e così per tenerlo buono Happel lo fa entrare nella prima osteria ed inizia parlargli di calcio e di quel Foggia che Cinesinho plasmò a sua immagine e somiglianza, puntando tutto sulla conquista delle seconde palle. Mentre la cameriera porta un piatto di troccoli con le fave Michels le mette una mano sul culo, imitato dopo un secondo da Happel (“Siamo un Wunderteam!” scherza il santone austriaco), ma subito la discussione scivola sul calcio, con l’ovvia considerazione che con uno a caso fra Pellizzaro e Benevelli l’Olanda adesso avrebbe cinque titoli mondiali in bacheca. Una seconda cameriera porta i torcinelli, ma al suo fianco compare un tipo minaccioso, dalla faccia alla Passarella, che sconsiglia di di ripetere il numero delle mani sul culo. Per stemperare la tensione Michels dice che un attaccante cazzuto come Giacomo Libera oggi vincerebbe il Pallone d’Oro per dieci anni di fila e tutti gli avventori annuiscono, così alla quindicesima bottiglia di Ortanova sono tutti a urlare slogan contro Jongbloed e i baresi.

Chiusura del pezzo con la solita citazione di Senad Gutierrez, tratta da un suo recente articolo su Explotadores y Explotados, che la settimana scorsa aveva in allegato un pamphlet di Saviano dal titolo ‘Perché Ivanka Trump è il punto di riferimento dei Casalesi e dello spaccio a Somma Vesuviana’. Il poeta cileno-bosniaco è fra l’altro a Milano per Tempo di Libri, ieri pomeriggio ha abbracciato la Boldrini che parlava di Europa (Risposta di lei: “A nome della Camera dei Deputati grazie per tutto ciò che lei sta facendo contro populismi, fake news e femminicidio”) e poi ha presentato il suo ‘Almas migrantes’, raccolta di scritti contro Retequattro e i collegamenti durante le trasmissioni di Del Debbio. ‘Quando Gustinetti entrava in campo lo Zaccheria gridava la sua voglia di ponti e il suo disprezzo per i muri: era lui il condottiero di una squadra antifascista come poche altre. Salvioni era l’intelligenza che è nel Dna degli umili, Nevio Scala il cuore di sinistra che preferì Foggia a una comoda carriera in Milan e Inter, Pirazzini il capitano che guidava la rivoluzione, Fiorini il guerriero che dava tutto e che per questo ha lasciato il mondo troppo presto. Su tutto e tutti c’era ovviamente Cinesinho, che non faceva pesare l’essere stato alla Juventus l’erede di Sivori. Anche lui non c’è più, purtroppo, ma se oggi il Brasile è una grande e matura democrazia lo deve soprattutto a Cinesinho’.

I Budrieri sono sempre più la famiglia del Mulino Bianco, anche se per la colazione l’Erminia prende al marito le crostate sottocosto del Simply, riservando i croissant della Cremeria Buonarroti a Yannick, con motivazioni (“Ha bisogno di energie”) che Budrieri si è sforzato di capire, lasciando poi perdere per non essere additato come nemico del multiculturalismo. La strampalata sentenza del tribunale di Ivrea ha suggerito all’Erminia un’idea-regalo per il marito, così tramite Yannick gli ha comprato su eBay un vecchio StarTAC della Motorola e glielo ha dato accompagnandolo con parole che hanno commosso Budrieri: “Sei sempre fuori casa, pieno di impegni, ma io mi preoccupo. Così posso chiamarti quando voglio e tranquillizzarmi, sapendo che stai bene”. Budrieri le ha risposto con un sorriso, uno di quei sorrisi ammalianti che sul finire degli anni Sessanta facevano sembrare sfigati i suoi amici Gigi Rizzi e Gunther Sachs (ma questa è un’altra storia), e non ha potuto fare a meno di pensare che probabilmente la donna della sua vita fosse gelosa. Dovesse dare retta alle sue residue semi-erezioni la tradirebbe soltanto con quella zingara libera e selvaggia, adesso quasi certamente trasformata in sciuretta con le Hogan da ponte a Santa insieme al marito con le Hogan e figli biondi antipatici. Meglio che quella ragazza sia rimasta un sogno, una di quelle rose non colte, perché una donna onesta come l’Erminia non avrebbe davvero meritato un tradimento. A dirla tutta, durante il sintetico pranzo della domenica (pennette scotte con passata di pomodoro ghiacciata e di secondo songino pieno di terra) Budrieri avrebbe anche pensato a un pomeriggio di sesso con la moglie, per riaccendere la passione un po’ ostacolata dai tanti impegni della coppia. Peccato per il Duretra di Ping già finito, a forza di seghe non riuscite nonostante l’uso anche di riviste della Cairo Editore. Il problema non si è comunque posto, perché subito dopo pranzo l’Erminia è andata con Yannick e la signora Minghetti a una manifestazione contro la rimozione dei 211 ulivi nel Salento e in generale contro i gasdotti.

Ieri pomeriggio prima di Fiorentina-Inter Budrieri si stava guardando Chelsea-Tottenham, quando è arrivata l’immancabile telefonata di Frank e Kevin, che volevano ringraziare per il profumo Naj Oleari reperito da Budrieri (merito del Gianni, che aveva una sorella paninara e ha recuperato la boccetta originale, riempiendola poi con un profumo del Simply) e chiedergli a che indirizzo potessero spedirgli il file CIA con tutti i segreti sulle sue origini. Budrieri è una persona dolcissima, ma non si fa prendere in giro da nessuno: “Scusa Frank, ma perché invece di festeggiare la vittoria in Champions League ti sei fissato con i miei genitori? E tu, Kevin? Guarda che domani con l’Empoli sarà decisiva per l’Europa League”. I due americani sono rimasti un po’ spiazzati ed è toccato a Kevin rilanciare: “Non è che siamo fissati, Budrieri, è che tu stai facendo tanto per noi e dobbiamo in qualche modo ricambiare”. Troppo bello, in casi come questo l’inculata è dietro l’angolo. “Grazie, ma mi avete fatto perdere il gol di Hazard. Fatemi capire: avete l’America piena di musulmani del cazzo che vi vogliono far saltare per aria, e di quindicenni nazisti con il kalashnikov nella cameretta, e voi della CIA vi occupate di Naj Oleari, della Juventus e del mio vero padre?”. Qualche istante di silenzio, poi i saluti: “Come vuoi, Budrieri, sappiamo che la verità a volte è destabilizzante”. Adesso stavano esagerando: “Ditemi chi è, tanto qui non siamo intercettati. Fatemi indovinare. Hitler? Kennedy? Mussolini? Churchill?”. Frank a questo punto ha chiuso: “Va bene Budrieri, ci hai stancato. se vuoi sapere la verità su tuo padre chiedila a Guido Rossi”.

Mentre la bellissima e triste Lifen pensa a come mascherare i segni delle botte dei vecchi Tong (giovedì quando ha chiesto di poter fare almeno un ponte, passando il lunedì all’Idroscalo, il nonno ha cercato di spaccarle il cranio con un mattone), ormai liberata dal problema degli scontrini perché, parole sue, “Bisogna vedere se scatta la clausola di salvaguardia, quindi per il discorso Iva tutto è ancora da decidere e non vogliamo darvi un documento provvisorio”, Budrieri cerca di leggere la Gazzetta sul bancone della Sammontana ascoltando in sottofondo il Gianni, il Walter e il Franco analizzare una sconfitta che fa scendere dall’1 allo 0% le possibilità di riconferma di Pioli. Intanto Ibrahim, Nabil e gli altri spacciatori maghrebini dal passaporto variabile, esaltati per i recenti fatti di Parigi (“In un colpo solo poliziotto, un francese e un frocio di meno al mondo”), cercano di tirare sera facendo battute sui copti, sui tubini della D’Amico e sul momento in cui uccideranno i pochi italiani di quel bar gridando Allah Akbar. Italiani che del resto nemmeno se ne accorgerebbero, presi come sono ad analizzare i punti di contatto fra Mbappé e Henry. Budrieri ha sempre detestato le scorciatoie demagogiche e da vecchio socialista riformista non ha mai ceduto la fascino del populismo, per questo appena sente concetti copiati dagli agonizzanti giornali come ‘È un problema di testa’ getta per terra la Gazzetta spiegazzata che titola ‘Pazza Inter fatta Viola’ e di puro carisma affronta le teste più brillanti del Champions Pub, menti acute che passano le giornate a discutere delle prospettive di Dainelli ma che riuscirebbero a riportare in attivo Mediaset Premium entro il ponte del primo maggio, se soltanto Berlusconi desse fiducia a loro e invitasse Pier Silvio a occuparsi di body building.

Anche se lui che in nerazzurro ha visto giocare Dellagiovanna e Nelson Rivas non dovrebbe scendere sullo stesso piano di chi crede che l’Inter sia stata inventata da Pinamonti o di chi come il Franco rimpiange tutti gli ex, addirittura uno come Paulo Sousa: “Lo sbracamento è ormai ufficiale, qualcuno ancora ci tiene ma la maggioranza dei giocatori non capisce per chi per cosa debba lottare. Un clima da fine stagione che è colpa anche di Pioli, evidentemente non capace di tenere la tensione alta, un clima del cazzo che ha coinvolto anche i migliori. Gagliardini è già in vacanza, imbarazzante in tutti e tre i primi gol della Fiorentina, Kondogbia è un gregario e si fa trascinare, tranne D’Ambrosio i difensori tutti da cambiare. Ma voi popolo bue parlate solo dell’allenatore e dei giocatori, quando i problemi sono in tribuna. Zhang junior è un ragazzino, Zanetti un furbetto ma con il carisma di un sasso, Ausilio uno bravo nel piccolo cabotaggio ma che nel mercato che conta prende solo inculate, pagando 40 quello che vale 15. Voi vi esaltate perché ha prolungato fino al 2020, ma Ausilio è uno che dovrebbe occuparsi dei prestiti alle squadre di B e LegaPro, non di prendere giocatori da Inter né tantomeno di essere il dirigente che parla di più con la squadra. Un argentino o un brasiliano se lo vede davanti e giustamente pensa: ma chi cazzo è Ausilio? Il primo a non essere da Inter è lui”.

(La versione riveduta e corretta dell’episodio sarà pubblicata a giugno 2017 con il libro cartaceo, se mai uscirà) 

Avvertenza per i nuovi lettori: Non è da Inter trae ispirazione dalla realtà, ma non è la realtà. Chi lo ritiene volgare o si ritiene offeso può semplicemente non leggerlo.

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