Il Magellano di Gabbani, altro che meteora

28 Aprile 2017 di Paolo Morati

Magellano

Francesco Gabbani è il personaggio musicale del momento e il suo nuovo album Magellano è appena uscito, a due mesi dall’affermazione sanremese con Occidentali’s Karma. La canzone perfetta, dei record, delle 150 mila copie vendute, delle oltre 100 milioni di visualizzazioni su Youtube, delle innumerevoli cover e parodie, ha quindi un contenitore più esteso, in attesa del 13 maggio quando a Kiev salirà sul palco dello Eurovision Song Contest da brano strafavorito. Un disco, Magellano, diventato un concept sui temi dell’introspezione e della conoscenza di sé stessi e che mostra i due aspetti di Gabbani (e del suo team di lavoro), tra pop intelligente e ballata profonda, scherzi ed energia. E nel mezzo il rischio concreto di scontrarsi con le enormi aspettative di un pubblico eterogeneo e volubile, quello del digitale a tutti i costi, dello skip facile, così poco abituato ad ascoltare gli album.

Ed è forse per questo che il viaggio di Magellano dura appena una trentina di minuti, per nove tracce (dieci nella versione europea che include anche Amen) alcune già più o meno note (la cover di Susanna, Foglie al gelo e ovviamente Occidentali’s Karma) che non rischiano di annoiare a cominciare dalla title track che segna l’inizio di un percorso (“prendere il largo, baciare ad un tratto in bocca la felicità, piegare il vento come la volontà”) verso l’ignoto come fece proprio l’esploratore portoghese, per poi introdurre quello che potrebbe diventare il prossimo tormentone estivo, Tra le granite E le granate, un titolo che rispecchia perfettamente il modo di intendere musica di Gabbani, sue due piani complementari, leggeri e seri, mettendo a nudo le contraddizioni delle vacanze (“La tua vita al largo da una vita intera , fischia il vento ed urla la bufera, tra le granite e le granate ‘lasciate ogni speranza o voi che entrate’ E-state!”, e che ci ha da subito coinvolti.

Gabbani scrive bene, insieme al fratello Filippo e a Fabio Ilacqua, sotto la supervisione sonora di Luca Chiaravalli, e usa giochi di parole, scherza con chi lo ascolta e invade più campi con filastrocche adulte. Emblematici in tal senso brani come Pachidermi e pappagalli, tra tante leggende e complotti, o forse no (“non esiste prova alcuna, dello sbarco sulla Luna, le piramidi egiziane, sono marziane…”) o l’introspettiva La mia versione dei ricordi (“Forse ognuno ha la sua colpa ogni colpa i suoi perché che in silenzio si perdona da sé”), roba da accendini di una volta ai concerti. Così come la pulsante richiesta in pieno ritmo di un Moment of silence da osservare “in attesa che i tempi cambino e che gli Dei ritornino e che si scopra l’atomo e si viva in un talent show”.

E mentre ormai ne parlano tutti (ma proprio tutti, dai bambini agli anziani) e Magellano è già schizzato in testa alla classifica di vendita dei diversi store digitali, Francesco Gabbani conferma di essere riuscito laddove sembrava non esserci più speranza, affermandosi senza passare dal casello dei talent. Alla vecchia maniera, non più ragazzino, senza atteggiarsi a fenomeno. In attesa del futuro prossimo, quando intonerà ancora “è passato un altro anno soffocato dall’inganno di esser conscio che i miei giorni sian passati e invece vanno” (da Spogliarmi, in chiusura di album).

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