Il valore del piede perno

6 Marzo 2017 di Oscar Eleni

Oscar Eleni stanco di fare la fila davanti ai bei musei milanesi, alle grandi mostre, in fuga verso un ricordo. Via Brera. Oggi ricchezza, bel vivere, ieri strada a luci rosse in una città dove i primi bordelli li autorizzò Gian Galeazzo Visconti, il più famoso in piazza Beccaria dove, dicono i maligni, non per caso, ci hanno poi messo chi ci manda sempre a letto con l’incubo della multa. Anche se chi ha locali importanti e macchine lussuose rischia meno. Le multe volano di giorno, quando si lavora, alla sera parcheggio selvaggio libero in doppia fila, sulle strisce. Siamo andati in via Fiori Chiari cercando le tracce di Cesare Albino Bianchi, avventuriero di Cremona, dicono i biografi, che sotto il fascismo riorganizzò l’intero settore della prostituzione cominciando dalla contrada “di tett” inventandosi il sistema delle quindicine, ogni 15 giorni cambio di posto e di sede per le ragazze, anticipando questi lungimiranti padroni del vaporetto basket italiano che amano le quindicine. Ogni anno si sbaracca, nuovi stranieri, tante facce diverse.

Non siamo stupiti se i legaioli di oggi hanno fatto finta di non sentire quello che ha detto Papa Francesco, appassionato di calcio, tifoso del San Lorenzo, ma anche appassionato di basket che nella sua Argentina ha avuto grandi interpreti, spiegando ai fedeli della Chiesa, che ha riavvicinato alla gente, il valore del piede perno. E sì, bisognerebbe ancorarsi a terra, ruotare, prima di avanzare, pensare. Certo con certi arbitraggi tipo quello Capo d’Orlando-Brescia, l’ultimo che ci ha fatto capire come l’ambiente influenza le interpretazioni, questa storia del piede perno sembra disturbare. Liberi tutti di muoverlo quando fa comodo, se l’arbitro fischia sono passi, altrimenti si galoppa, tanto sugli sfondamenti chi dirige il traffico decide in base alle convenienze.

In questo basket alla ricerca di lanterne rosse, magari anche di cinesi che risollevino squadre di piazze storiche abbandonate dai ricchi del posto, Milano ha fatto sapere che se anche dovesse continuare la macumba contro le sue scelte più o meno ardite lei cercherà di cavarsela. Certo adesso gli italiani del gruppo non hanno più scuse. Saranno pesati, misurati. Non girate intorno all’asilo delle scuse. Poi ci si arrabbia come sarebbe giusto fare leggendo tutte le cifre e non soltanto i minuti d’impiego. Ora non chiediamo un rendimento sempre alto, ma certo neppure i piombi come il Baldi Rossi che avevamo celebrato la scorsa settimana e contro Caserta ha fatto un bello 0 su 5 da 3. La sua Trento ha vinto e si gode il record societario di successi consecutivi in serie A (6), ma siate bravi, voi che potete, cercate di restare ad un certo livello almeno per un mese. Qui si rischia tutti, vedete cosa capita ai poveri allenatori, in ogni paese, in ogni sport. Da noi, nel basket del piede perno che non è una croce, ma una delizia, abbiamo letto che il padrone di Caserta, per fortuna c’è lui perché altrimenti al Pala Maggiò troveremmo soltanto topi e sterpaglie, ha dato un ultimatum alla sua ciurma: tutti sotto esame. Anche Dell’Agnello? Sembra di sì e questo è davvero incredibile.

Ora, tornando all’italica gente che gioca basket nel mondo, quasi più che in Italia, ci ritroviamo davanti all’ottimismo che va contro il pessimismo della ragione. I piccioni viaggiatori che via Skype fanno sapere a Messina come vanno le cose da noi cosa mai potranno dirgli dell’esperienza di Ale Gentile ad Atene che sembra davvero difficile? Gioca poco, tira male, non sembra aver trovato la felicità. Succede, in esilio. Bourousis e Fotsis gli potranno spiegare che anche loro a Milano non ci stavano benissimo. Lui lo sa. Italiani, greci, una faccia, una razza diceva il pope di Mediterraneo e non soltanto lui. Attenti a non commettere lo stesso errore del preolimpico, quando alla vigilia c’era chi vedeva la più forte Italia di sempre. Non soltanto Petrucci se poi andiamo a vedere certe valutazioni su certi giocatori della pattuglia di critici a prescindere, quelli che si sentono importanti soltanto se fanno paura, bambocci che dovrebbero essere presi a schiaffi da madre natura perché cercando di imitare chi le ha fatte davvero certe battaglie difficili se la fanno troppo spesso addosso, confondendosi.

Il gioco di oggi fra i dirigenti del neobasket pieno di nei è valorizzare le quindicine, una organizzazione dove si guadagna di più, dove si può dire di tutto e di più. Ora nasce la diatriba fra la Lega legona di A e Lega leghina di A2 dopo le due “feste” a Rimini e Bologna. Noi abbiamo avuto più biglietti venduti, noi più gente nella fan zone. Ora speriamo che litighino anche sulla sostanza del movimento, cominciando a guardare nei vivai, senza vergognarsi di chiedere alla pallavolo che con le sue finali di coppa Italia ha fatto pienoni, riconquistando Firenze, e presentando anche quindicine meno esotiche. Ci sarebbe urgenza di capire cosa rappresentino i premi a Spissu, sassarese della Virtus Bologna, e Stefano Nikolic, talento del Cuore Napoli sia come migliori giocatori della Coppa Italia e poi anche come migliori under 22.

Sempre a Messina vorremmo consigliare, prima del raduno, un incontro fra i giocatori di oggi e quelli di ieri. Sul posto ci sarà già Brunamonti, se chiede troverà disponibilità da Fucka a Premier, da Meneghin a Villalta. Interessante sarebbe quello fra Luca Vitali e l’ottantenne Gianfranco Pieri, la più bella intuizione di Cesare Rubini, la più straordinaria trasformazione nella ricerca del ruolo giusto sul campo. Ora non lasciate che sia soltanto Mario Natucci, benedetta la sua passione, a trovare questi tesori per riportarli ad una vita meno vegetativa nel basket. Natucci vuole Pieri, che già si allena, nella nazionale veterani over 75. Messina potrebbe mettere a cena insieme due uomini diversi come carattere, ma che hanno attraversato lo stesso terreno difficile, perché mettersi al servizio degli altri quando hai avuto giorni in cui tutti ti servivano volentieri non è cosa facile.

Ma andiamo alle pagelle mentre in via Fiori Chiari passano i ricchi di oggi e cerchi invano il ristorante che aveva aperto conservando l’arredamento dei tempi in cui il Bianchi faceva trottare le quindicine come sembra non voler più fare Milano, dopo anni di porta girevole anche se adesso servirebbero scelte per rendere inoffensivi i creatori di notizie false, quelli che insinuano un distacco totale della proprietà dall’allenatore che avrebbe certo bisogno di bonificare ancora e, in vista di play-off scontati, anche di un sostegno diverso al centro, oltre che nelle cose di ogni giorno, perché si costruisce un mattone alla volta e non si cambia architetto o ingegnere quando cambia l’umore.

Pagelle senza sentire squilli di tromba per un campionato che vorrebbe affascinare e invece sembra lavanda da tintoria. Certo se l’ordine è quello che si dava ai militari quando il rancio faceva schifo, ottimo e abbondante signor colonnello, possiamo capire la fatica che fanno certi commentatori quando si trovano, ad esempio, partite come quella fra Milano e Torino che non aveva senso a livello di programmazione, almeno fino a quando Milano si è trovata con tre giocatori in meno. certo Torino con White sarebbe stata diversa, ma non tutte le loro pentole hanno coperchi.

10 A Drake DIENER che ha superato quota 3.000 nelle realizzazioni da 3 punti. Non siamo difensori di questa rivoluzione del basket, ci viene il mal di stomaco quando se ne usa ed abusa, nella speranza di nascondere un non gioco, ma per questo eternauta facciamo una eccezione. La sua vita nel nostro basket, nel basket in generale, merita un premio come quello che in tanti, cominciando dal Guerini di Tuttosport, vorrebbero dare a Peppe Sindoni, non soltanto nel nome del padre che lo ha lanciato come manager, per quello che sta facendo con Capo d’Orlando.

9 Ad Artiglio CAJA, anche se non si dovrebbe fare perché le carezze tolgono la voglia di soffrire e la sua squadra è ancora in trincea fra le dannabili, perché riesce sempre a fare qualcosa che non ti aspetti con squadre da cui non ti aspettavi niente. Ora si rassegni a soffrire, senza illusioni per il domani. Lui sa come stanno le cose, a parte la Roma di Toti ha trovato spesso molti ingrati.

8 Al RAMAGLI che dopo aver vinto la coppa Italia di A2 con la Virtus Bologna, ci era riuscito anche con Verona, ha mandato un avviso per i naviganti con la maglia della Vu nera: anche l’anno scorso avevo la squadra favorita. Vero. Ma forse non aveva in sala comandi il dottor Stranamore Bucci che andando a colazione con Bertomeu, illuminato copo dell’ULEB, ha fatto rizzare i capelli a Gianni Petrucci che magari vede il muro Baumann meno alto dell’anno scorso, ma teme sempre, conoscendo i suoi polli e quelli degli altri, che in FIBA se la prendano con Azzurra Tenera al prossimo europeo.

7 Alla CUORE NAPOLI che vincendo la coppa Italia per la sua serie, il terzo campionato per capirsi, ci fa sperare nella vera rinascita in un posto dove spesso hanno fatto le cose bene, anzi benissimo, da Zorzi e l’Ignis Sud al Bucchi di Coppa Italia, ma dove altrettanto spesso abbiamo assistito a dolorosi fallimenti. In una città dove ci sono tanti appassionati veri, tanti buoni allenatori partendo dal nobile Di Lorenzo, vorremmo che si tornasse a cercare dove un tempo Pentassuglia scovava i fratelli Errico e il caro Barbuto cantava glorie non soltanto calcistiche o della storica pallanuoto.

6 A SPISSU, NIKOLIC, MORETTI, a tutti i giovani applauditi nelle giornate bolognesi in casa Sabatini, se ci promettono che andranno avanti e non si fermeranno davanti allo specchio degli adulatori, lavorando duro in palestra, cercando asticelle sempre più alte.

5 Alla REYER che merita il Bucintoro per le 700 vittorie in serie A, per il secondo posto in classifica, ma non è ancora salda sulle gambe. Ora dovrebbe aver capito cosa la faceva ammalare. Ha tempo per sistemarsi e far sapere che potrebbe essere lei la vera rivale di Milano.

4 Ad AVELLINO, tutti compresi, manager e il caro Pino Sacripanti, perché questa crisi non si può spiegare soltanto con la cattiva digestione dopo l’inserimento di Logan. Crediamo in Alberani come credevamo in Trainotti. Attenti a questi lupi.

3 Alla COPPA ITALIA che confonde con le sue cifre, festa unica che ha tradito squadre che ci avevano emozionato in A1, che ha negato a Biella quello che le spetta anche se in A2, Nella storia la terra del professor Bonali ha dato così tanto al nostro basket che vorremmo sempre vederla felice.

2 A GENTILE, BARGNANI, HACKETT, MUSSINI, ORIUNDI VARI, persino MELLI se non rassicureranno subito la casa madre, il Petrucci ansioso, ma anche se non si metteranno a lavorare già oggi per una estate di riscatto generale.

1 A TRINCHIERI che lasciando la culla di Virginio Bernardi per affidarsi a Wassermann ci negherà il piacere di andare in uno dei ristoranti che il suo ex mentore scopriva quando voleva celebrarlo come dopo le vittorie nel basket tedesco.

0 A RADULJICA come simbolo dei giocatori che si rifiutano di capire. Ora non possiamo pensare che il pilastro della Serbia di Djordjevic faccia davvero fatica a comprendere il suo ruolo nella Milano di Repesa. Può capitare di essere frastornati, neppure ad Atene gli andò benissimo e Sasha che lo aveva voluto, difeso, imposto, fu esonerato prima di lui, ma così è troppo. Stesso voto a chi lo ha ingaggiato pur sapendo che nel cantiere della Versailles di Armani serviva più un affamato alla Nikolic rapito dai turchi a Zagabria di questo viaggiatore su moto d’epoca.

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