Un uomo che ha vissuto, le scelte di Riccardo Fogli

22 Marzo 2017 di Paolo Morati

Riccardo Fogli

L’arte non ha nessuna certezza… non si misura in chili, e la creazione include la possibilità che tu non sia capito o che tu abbia scritto delle inutili cazzate. Questa considerazione è contenuta in Un uomo che ha vissuto, l’autobiografia di Riccardo Fogli scritta con Tommaso Labranca (ultimo suo lavoro) e completata con Luca Rossi, uscita di recente per Sperling & Kupfer. Una considerazione che fa riferimento alla risposta dei discografici all’ascolto di Matteo, un concept album del 1979 e pubblicato solo 20 anni dopo in edizione limitata. Una produzione uscita dagli studi di registrazione sei anni dopo aver lasciato i Pooh (ai quali fa più volte riferimento come ai ‘miei fratelli’ e che occupano una parte del libro, quella che a noi sostanzialmente è interessata di meno) anche a causa della sua relazione con Patty Pravo quando era già sposato con Viola Valentino, e alcuni tentativi da solista non del tutto riusciti fino al primo successo di Mondo del 1976.

Operaio alla Piaggio, gommista, capellone, e amante della corsa fin da bambino (la maratona però scoperta in età adulta), con la paura di restare in panchina quando voleva invece vivere e sentire tutto. La storia di Riccardo Fogli parte da Pontedera e segue la strada dell’epoca delle balere, dei club e della vera gavetta, tra prime band e amori, con incontri fatidici come appunto quello con i ragazzi che sarebbero poi diventati i Pooh, di cui divenne bassista e voce. Ma torniamo a quel disco, Matteo, rifiutato. Di fatto la sua mancata pubblicazione portò poi anni dopo alla vittoria del Festival di Sanremo del 1982, con un classico come Storie di tutti i giorni, accompagnato sul palco da un chitarrista elettrico e un sorriso un po’ forzato su un racconto certamente non felice. Cosa sarebbe successo se infatti fosse uscito, spiazzando il pubblico o magari stregandolo?

E invece piano piano arrivano gli anni del Fogli che assapora di nuovo il grande riscontro di pubblico, con canzoni come Che ne sai, Malinconia, Compagnia, Ti amo però e appunto Storie di tutti i giorni, frutto della collaborazione con Maurizio Fabrizio e Guido Morra. È il momento dello smoking, per qualche stagione suo marchio di fabbrica, idea nata un po’ per caso e (per capire il contesto) con il guardaroba rinnovato – racconta Fogli – grazie a degli anticipi sulle royalties… e sette milioni di lire di debiti. Fino all’importante brano Per Lucia, uno dei nostri preferiti, portato all’Eurofestival del 1983, poco ricordato in Italia e molto di più all’estero dove comincia a scalare le classifiche e inserirsi in quel ristretto giro di nomi italiani che sfondano oltre la cortina di ferro. Intanto Riccardo Fogli più avanti decide di fare scelte non semplici a livello di repertorio, spesso portate sul palco dell’Ariston, come Io ti prego d’ascoltare o Romanzo, ricordate nelle pagine tra varie considerazioni personali (i rapporti, la nuova moglie conosciuta per caso, i figli), e il piacere di lavorare la terra e vivere con poco fino agli studi superiori da ragioniere completati da privatista solo di recente.

E i Pooh? Certamente, se ne parla tanto nel libro, un capitolo che si è riaperto pubblicamente di recente con l’ultimo tour insieme, a sorpresa, ma che secondo noi non deve distogliere l’attenzione dalla storia di Fogli come interprete e artista solista. Che va considerato come tale. Fosse rimasto con i suoi ‘fratelli’ la storia sarebbe stata diversa per lui e la band? Il libro non fornisce ovviamente la risposta definitiva, anche se è necessariamente affermativa. Ma non per questo migliore, per chi alla fine è da sempre in corsa, sempre a metà.

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