L’onesto calcetto di Poletti

28 Marzo 2017 di Stefano Olivari

Il più grande merito di Giuliano Poletti è quello di far scattare i riflessi automatici degli indignati speciali, custodi della correttezza reazionaria. Così la frase del ministro del Lavoro, durante un incontro con gli studenti di un istituto tecnico di Bologna, ha già risolto la settimana degli autori di Crozza e della Littizzetto. Non siamo ammiratori di Poletti, che fra l’altro viene da un un mondo fintissimo e ben lontano dal libero mercato come quello delle cooperative (e prima ancora dal PCI profondo), peccato però che la realtà quotidiana gli dia ragione: mandare curriculum freddi raramente serve a qualcosa, anche se una mail costa poca fatica (uno dei problemi fra l’altro è proprio questo), quando non si è minimamente conosciuti dal potenziale datore di lavoro. Si sta parlando del semplice farsi conoscere. Perché soprattutto nelle piccole aziende quasi nessuno, a meno di avere una necessità improvvisa, ti assumerebbe soltanto sulla base dei titoli: il peso presente e futuro di mettersi in casa una persona insopportabile sarebbe devastante. Insomma, il ‘calcetto’ di Poletti altro non è che lo stage gratuito o il lavoro sottopagato, mesi per far conoscere le eventuali qualità professionali e umane. È un discorso antipatico, ma è anche il mondo reale in cui viviamo tutti, tranne i raccomandati e ‘segnalati ‘grazie al calcetto giocato a suo tempo dai genitori.

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