Il jazz di Jabbar

13 Marzo 2017 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal lago Paranoà, e dove altrimenti, per aiutare i disinfestatori di Brasilia a liberare il Palacio presidenziale dell’Alvorada, costruito da Niemeyer, dai presunti fantasmi che tormentano l’uomo venuto dopo Dilma Rousseff e una Olimpiade che è finita in rosso e ora vede tanti impianti dei Giochi diventare poltiglia, macerie. Agli scacciafantasmi diamo una mano perché hanno promesso che verranno a cercarli anche da noi, in questo basket palabratico dove i giocatori hanno sempre una scusa mentre gli allenatori sono entrati nella galassia Zamparini. Una esecuzione a settimana, molti processi. Certo i buoni risultati di Caja e Recalcati aiutano, certi bilanci striminziti sconsigliano doppi stipendi per chi sulla panchina non sembra fare un gran lavoro secondo molti padroncini di un vapore che si alimenta di sciocchezze, che ama la contemporaneità balorda. Cara gente mentre il sito della Lega ci annunciava in pompa magna la vittoria di Avellino all’over time, nel lunch time (Impara l’inglese, barbun) nella casetta piccolina di Reggio Emilia, non tanto lontano dal Pala Bigi, si giocava Sassuolo-Bologna di calcio. Produzione SKY per tutte e due. Una trovata. Certo che vi crediamo quando annunciate che il vostro basket è un altro sport.

Ma torniamo ai fantasmi. Si salva, da cosa?, Sacripanti, resta nel pozzo dei desideri altrui, sogni a basso costo, il Menetti che qualcuno oserebbe mettere in discussione. Per fortuna hanno trovato la strada del lavoro lontano dagli spifferi, dal fuoco amico. Se ne staranno al mare prima di andare a vedere a che punto è la disperazione di Pesaro da dove se ne è andato Piero Bucchi, che trovava invadente Ario Costa, certo un uomo grande, uno con una bella carriera nel basket e non soltanto, che ha voluto far sapere di non essersi mai dimesso, ma di aver transato perché col presidente ci aveva pure litigato. Dicono che Bucchi tornerà a Milano per scacciare i fantasmi del presidente che lo fece andar via trovando rifugio nell’usato che diede alla Milano del basket la seconda età dell’oro. Si pentirono in casa Armani e ora, sembra, avrebbero bisogno del suo sapere come manager, ma cosa ne faranno di Portaluppi che sarebbe già da maledire, con la società, se il nuovo centro che giocava in Arizona e adesso è nella seconda squadra di Oklahoma, sarà proprio il Kaleb Tarczewski di cui sarà sempre difficile ricordare il cognome polacco? Certo serve a Milano un centro di gravita permanente senza le lune di Raduljica, che possa dare cambi regolari al McLean che sa far tutto ma ha la miccia corta. Un bianco di 2.11 e 111 chili, che al college prendeva una media di 10 rimbalzi a partita. Lo dà in arrivo Canfora sulla Gazza e di solito la nobil casa del giornalismo sportivo non viene tradita dai gestori del basket nel nome del re Giorgio.

Dicevamo fantasmi, processi sommari. Li fanno anche le società che ai loro allenatori hanno dato giocatori presi al discount fra agenti che hanno capito cosa sta succedendo, di sicuro c’è confusione nel regno delle percentuali e molto spesso la guerra intestina viene fatta da chi gestisce italiani che vanno in campo davvero e chi porta stranieri da pronto soccorso. Per questo le squadre diventano polveriere se le società sono deboli e abboccano. Ora succede anche fra stranieri, se davvero uno come il professor Logan può aver turbato gli equilibri di Avellino. Comica la storia del Kaukenas destabilizzatore a Reggio Emilia. Certo ha 40 anni. Di sicuro non è in grande condizione, ma tutto è nato male se al ritorno nell’emergenza l’unica cosa che chiedevano ai compagni del ritrovato lituano era se avevano mai litigato. Certo che litighi con uno che si allenerebbe dall’alba al tramonto. Accidenti a lui, dicevano a Siena, lo avranno detto anche a Reggio Emilia, ma non gli hanno detto che si sta bene anche a bere e ballare? Dicono che i problemi più grossi nello sport professionistico non sono mai quelli della palestra. Tutto il lavoro va in fumo, alcool e belle signore. Vecchio adagio. Storie vere e finte, bevute esagerate, fumatine malandrine. Anche il basket, come il calcio, speriamo non la pallavolo ma Berruto potrebbe spiegarvi qualcosa, ha sguinzagliato spesso investigatori privati, le polizie locali hanno allertato molte volte le società perché nelle case affittate ai “campioni” c’era musica a tutto volume, per tutta la notte. Per carità non ci sono prime pietre da scagliare. Sono i tempi. Forse è sempre stato così perché il maradonismo è venuto dopo il cesarinismo e il sivorismo, le ciucche dei nordici, le mattane dei britannici le troppe carni arrrostite dentro e fuori dal letto dai sudamericani, così come il basket ne ha viste di tutti colori dai suoi “stranieri” ma anche dai suoi italiani preferiti. Balconi saltati, notti senza fine, con bevute illimitate. Sembra che sia accaduto anche con le Nazionali. Un grande appassionato che segue il basket dai ragazzini alla grande vetrina vorrebbe che si facessero più controlli per sapere a che punto è la dipendenza di troppi giocatori dal bere e non soltanto.

Largo agli scacciafantasmi per non ricordare chi prendeva in giro Gamba che parlava con entusiasmo del tedesco Nowitzki messo nella squadra delle speranze europee. Adesso che ha superato i 30.000 punti nella NBA dove ha vinto anche un titolo non c’è più nessuno che ricordi. Bravo Dirk. A proposito di NBA, non è vero che Messina sta cercando di motivare al massimo le avversarie di Denver perché teme di avere un Gallinari spremuto dopo una stagione con troppe pause per problemi fisici.

Dal lago Paranoà un fiore per il pizzaiolo milanese che visse con l’incubo di rivedere a tavola Lew Alcindor, erano i tempi in cui il grande Jabbar non era ancora musulmano e aveva accettato l’invito di Richard Percudani, vecchio maestro al Power Memorial, per fare qualche tiro nella palestra della Social Osa dove si allenava l’All’Onestà. Adesso, forse, sarà anche vegano, ma certo nelle interviste a Repubblica e Corsera ha detto cose che dovrebbero essere fra le leggi scritte di questo sport: Non si vive soltanto di contratti, soldi, sponsor. Bisogna saper comunicare… Il basket, lo sport di squadra è come il jazz: c’è l’assolo, ma devi anche seguire il ritmo degli altri. Lo capiranno quelli che pensano di migliorare lavorando da soli? Sono gli stessi che in campo pensano di essere da soli.

Pagellando fra i fantasmi brasiliani che ci accompagnano fino al traghetto per ritrovare il basket italiano del lunch time, dei vivai nascosti che soltanto poche società ricordano di avere. Ringraziando Biella e Virtus Bologna per il loro lavoro mediatico, ci congratualiamo perché, come fa il GEAS senza sponsor, non dimentica mai di far sapere a noi, ma soprattutto alle famiglie, come vanno le cose dove il lunch time è un panino secco.

10 Ai KNICKS, anche se vanno da schifo, per aver tolto, almeno in una partita, il rumore della musica sparata al massimo, le ballerine, le troiate variate sui video dei baci per tornare a vivere i rumori di un campo sportivo nella sua forma più pura (no, per il becerume ultras non esiste rimedio) sentendo le voci dei giocatori, il rumore di una lotta a rimbalzo, il canto del canestro, meglio la retina del ferro, la gomma delle suole sul parquet. I seguaci che si vantano di dare un altro sport hanno subito detto che sembrava di essere ad un funerale. Eh sì.

9 A PETRUCCI e MALAGÒ che abbiamo tormentato quando stressavano il basket italiano cercando di farlo essere ubbidiente al Baumann padrone della federmondiale del basket che avrebbe potuto danneggiarci per la candidatura olimpica di Roma 2024. Ma dai, dicevamo, sapendo che nei Raggi sarebbe arrivata la pietra della politica. Adesso sapete chi sceglierà la città olimpica 2024: Patrizio Baumann, accidenti a voi.

8 A CAJA e RECALCATI se scriveranno insieme un trattato sull’arte di ridare un senso anche alle squadre che sembrano bollite, se nel capitolo d’apertura e di chiusura scriveranno anche una lettera ai dirigenti spiegando che le squadre si ammalano se la testa puzza, se prendi giocatori a scatola chiusa senza prima sapere cosa vengono a fare nel paese che li vorrebbe umani e non robottini mercenari.

7 A REPESA che sembra sfuggire a tutte le maledizioni perché anche se perde un giocatore a settimana, anche se Raduljica lo fa diventare matto, anche se ascolta voci destabilizzanti, continua a tenersi ben lontano dalle pretendenti al suo titolo. Certo non è facile e lo dimostra la reazione di Stipcevic, bravissimo, e di Pasquini, eccellente guida per Sassari, che dopo la sconfitta contro la Milano dimezzata hanno detto: non siamo tanto distanti. A questa o a quella che dovrebbero trovare nei play off?

6 A DE RAFFAELE scatenato perché la REYER che troveremo in coppa FIBA contro i turchi del Pinar (a proposito anche in Turchia ci sono giocatori che non vengono pagati e minacciano di andarsene) sembra tornata a vivere come la sognava. Vedremo se migliorerà con Ciccio Batista.

5 A SINDONI perché appena parliamo bene di Capo d’Orlando, hanno persino un annunciatore con voce gradevole, che dice cose comprensibili, lui si fa squalificare. Certo la vittoria di Cremona lo farà benedire dalle pericolanti, ma ora che la sua classifica è da grande si comporti come tale. No, non ci sono grandi esempi da imitare oggi, ma ci riferiamo al passato.

4 Ai varesini del “BASKET siamo noi” perché ci hanno avvertito tardi della presenza di Charlie Yelverton come sassofonista. Avevamo voglia di sentirlo, di vederlo anche se ultimamente le sue preferenze politiche ci hanno allarmato perché lo preferivamo ribelle anarchico che correva di notte in tuta bianca sulle spiagge di Tel Aviv inseguito dai gendarmi.

3 Al PUBBLICO di BRESCIA
perché accogliendo Sacchetti fra gli applausi e congedandolo con stile anche dopo la vittoria della sua Brindisi, fanno sembrare così stupidi tutti quelli delle altre squadre che accolgono fra gli ululati ex giocatori, che non riconoscono mai il talento e la superiorità degli avversari. Da noi, se Nowitzki avesse segnato il trentamillesimo punto in trasferta lo avrebbero insultato.

2 Ad ARADORI perché quando ci viene il dubbio che possa essere lui a rendere difficili gli equilibri di Reggio Emilia tira fuori un partitone e sbagliare l’ultimo tiro, nel supplementare,può succedere se hai il coraggio di prenderlo.

1. Ad elettrino DALMONTE
che sta risollevando Verona, che ha battuto la capolista Virtus Bologna dopo la sua amata Fortitudo, perché ci fa venire il dubbio che Messina abbia agito d’istinto senza valutare il presente più del passato.

0 AL COMUNE di MILANO se chiuderà davvero la più vecchia scuola cittadina di minibasket e alla FIP, nazionale e, ovviamente, regionale, se lo permetteranno. È venuto il tempo per tornare a battersi, per aprire e non chiudere. Ci sono tanti campetti con tanti bambini. Peccato che non si veda un istruttore gratuito. Con la primavera si potrebbe fare e conosciamo tanti ex disponibili.

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