Bagni transgender (Juan Jesus non è da Inter)

27 Febbraio 2017 di Stefano Olivari

Il giorno dopo Inter-Roma è un lunedì come tanti altri, per lo meno al Champions Pub. L’Oscar a Moonlight, il PD che si spacca in diversi pezzi, i soldi pubblici a una Onlus che organizzava orge, le manifestazioni dei tassisti, Intesa che non ce la fa a prendere Generali, il via libera della Raggi al nuovo stadio della Roma, l’eutanasia svizzera per DJ Fabo e i medici assenteisti di Napoli sono notiziole, buone giusto per riempire un Tg di provincia con in coda un servizio sulla settimana della moda e il grande ritorno del cappello. Tutto ovviamente scompare di fronte al tre a uno con cui la squadra di Spalletti e Nainggolan ha battuto i nerazzurri, togliendo un po’ di senso alla domenica e forse anche alle vite del Gianni, del Walter, del Franco e di Budrieri, che hanno seguito la partita lì al loro solito secondo anello rosso, a poca distanza dal Max che in tribuna stampa ha scritto la cronaca della partita per SuperMegaInter, senza guardarla (ma va detto che nessuno l’ha poi letta: chi mai ha letto la cronaca di una partita negli ultimi trent’anni?) perché troppo impegnato a guadagnarsi l’attenzione della Fede. Peccato che quella dell’inviata di punta di Nerazzurrecontaccododici.net fosse rivolta al suo iPhone 7, dove a intervalli di 30 secondi continuavano ad arrivare messaggi di un giovane e brillante banchiere d’affari che vive fra Londra e Parigi, con la passione per Rimbaud e Bach (in realtà uno stagista al reparto surgelati del Lidl di Baranzate, che legge solo le photogallery del sito di Tuttosport e in auto ha un greatest hits di Haddaway, ma tutto questo la Fede ancora non lo sa) conosciuto venerdì su Tinder. Così anche oggi, mentre il mondo brucia, nella periferia ovest di Milano il parlare di calcio è l’unica cosa che tenga attaccati alla vita insieme agli sconti 30% del Simply, al videopoker, al centro massaggi Tuina, al Nails Paradise, a piccole eredità e soprattutto a Gabigol. Nessuno lì dentro è rimasto colpito dalla vicenda dei bagni per transgender, al di là del fatto che nessuno sappia cosa siano i transgender (il Gianni può darne giusto una definizione intuitiva e parziale), anche perché al Champions Pub non c’è nemmeno un bagno e quindi il problema viene risolto alla radice.

Sono le due del pomeriggio e i superstiti della Tuboplast stanno ingenuamente cercando tracce di caffè proprio nel caffè servito da Paolo-Wang, anche se per trovarle ci sarebbe bisogno di mandare le tazzine al Cern, mentre il loro amministratore delegato sta commentando ad alta voce la vicenda dell’operaio Fiat di Atessa al quale hanno negato di andare in bagno e quindi si è pisciato addosso mentre era alla catena di montaggio: “Una cosa scandalosa, indegna di un paese civile, mi auguro che questo operaio venga licenziato e che ci risparmino i soliti editoriali buonisti. Spero che Marchionne gli abbia chiesto i danni: pensate se tutti voi quaranta pisciaste in ufficio!”. Il pericolo non c’è, perché Cogodi non ha ancora abolito il bagno ma ad ogni pisciata vengono trattenuti 5 euro dallo stipendio, sottoforma di ‘contributo di solidarietà’. Comunque Tosoni durante questo discorso si è davvero infervorato, pur continuando a tenere una mano fra le cosce di Mariella (un gesto assolutamente non sessista, che secondo lui va inquadrato nell’ottica del team building), ed è in fondo bello che anche nell’economia globalizzata di oggi un manager abbia tanta passione. Zhou ha per tutta la mattina sputato dentro panini preparati sciattamente, con il minimo sindacale di salumi peraltro scaduti: odia quella gente che ha perso qualsiasi orgoglio e identità, che discute del doppio tocco di Bacca con il Sassuolo, giudica le tette delle giornaliste di Mediaset, ride dei banani in piazza Duomo ed è per certi aspetti peggio dei brand ambassador foggiani e degli architetti Feng Shui di Pordenone. Ha tanta rabbia dentro, Zhou. Spera che i cinesi arrivino presto a salvare quel che rimane di Milano, tutto ciò che può fare lui è ammazzare chiunque metta più di 120 hashtag a una propria foto su Instagram o parta al mercoledì per il weekend (spesso le due cose coincidono).

Max è disperato, al punto di invidiare il finto banchiere della Fede. È reduce da una settimana terribile, in cui suo padre ha cercato di convincerlo ad accettare quel posto all’Ikea. Comunque ha scritto circa 3.000 post di avvicinamento a Inter-Roma, rigorosamente con testo più breve del titolo. Certo chi sui siti dei grandi giornali la sfanga con una photogallery su Dayane Mello e titoli tipo ‘Negli uomini super allenati cala il desiderio sessuale’, è mille volte più fortunato di lui, che si trova fra l’incudine della spazzatura calcistica quotidiana e il martello di Hidegkuti, dove Pier Luca sogna di far entrare Arpe e Artom (strano che non abbiano ancora risposto alle mail). Intanto Vincenzo lo ha insultato dopo aver letto su siti bookmarkati dal potenziale lettore di Hidegkuti articoli come 6 canzoni metal che raccontano l’esonero di Juric e Leggere la faccia di Klopp: “Guarda Max, ti tengo per amicizia ma tu nel 2017 non potresti nemmeno scrivere le brevi alla Gazzetta di Isernia”. Chi è centratissimo sui nuovi media (su Twitter segue 12.786 account e ha 16 follower) e sui nuovi linguaggi per nativi digitali è invece Ridge Bettazzi, che esaltato dalla vittoria del Brescia sul Cittadella ha scritto di getto 557.764 righe dal titolo, provvisorio con forte rischio di diventare definitivo, ‘Il sogno spezzato di Christian Brocchi’. Un articolo scritto in stile Buffa del periodo di Kansas City, in cui l’emergente e predestinato allenatore associa ognuno dei suoi giocatori a un diverso seminario di Lacan ed elenca quelli che a suo parere sono stati i sette migliori tecnici della storia del Brescia nello sfruttamento degli half-spaces. Dal settimo al primo: Cosmi, Seghedoni, Giacomini, Sonetti, Mazzia, Moro e Alfredo Magni. I resuscitati Happel e Michels nel pezzo del miglior new football writer di Pinarella di Cervia (il secondo era un vigile urbano assenteista, che però adesso scrive romanzi pornosoft, autopubblicati in una piattaforma per bisessuali anti-Trump) si concedono un fine settimana in una beauty farm in Franciacorta, dove analizzano lo sfruttamento degli half-spaces in quel Brescia di inizio anni Ottanta che grazie a Magni illuminò la grigia serie A dell’epoca a dispetto dei poteri forti (come avrebbe rivelato fuori tempo massimo Tina Anselmi, Magni ai tempi del Monza aveva rifiutato di affiliarsi alla P2 e per questo avrebbe avuto sempre gli arbitri contro), retrocedendo con onore. Michels è onesto (“Nel 1974 con Magni in panchina avremmo asfaltato la Germania, anche con Jongbloed in porta”) ma all’undicesima bottiglia di Franciacorta Riserva il suo amico austriaco lo è ancora di più: “Cosa cazzo sono gli half-spaces?”.

Chiusura dell’articolo, che Max provvederà ad arricchire con una foto piratata da un sito di tifosi del Brescia (cesoltantounalfredomagni.blogspot.it) aggiungendo l’effetto seppiato che tanto piace al lettore medio di Hidegkuti, con citazione del solito Senad Gutierrez, che sul sempre antifranchista Explotadores y Explotados di questa settimana (in allegato un dvd sulla tifoseria dell’Athletic Bilbao che intona cori contro Ivanka Trump e un altro con la Botteri e Zucconi che spiegano, in un castigliano fluente, che Trump è stato votato soltanto dai camionisti bianchi e a bassa scolarizzazione del Kentucky) ha scritto proprio di quel Brescia 1980-81 che univa la passione calcistica a quella politica: ‘Al Rigamonti si vide la Rivoluzione, forse per la prima volta nella storia dell’umanità. Magni riuscì a trasformare la città lombarda in una piccola Rosario, un baluardo contro tutti i fascismi e il malaffare: Malgioglio e Bonometti erano la meglio gioventù, Galparoli la rabbia dell’Italia onesta contro lo Ior e il Banco Ambrosiano di Calvi, Penzo il poeta maledetto, Iachini quell’attaccante totale che l’Italia conformista ha sempre osteggiato, mentre Salvioni e Torresani a tutt’oggi rimangono i modelli nel presidiare gli half-spaces. Penso di non esagerare affermando che sia stato quel Brescia ad aprire la strada ad Obama’.

In casa Budrieri l’armonia come al solito regna sovrana anche se ieri il padrone di casa ha pranzato da solo con D.J. John: l’Erminia era con Yannick e la signora Minghetti (che sabato ha letteralmente svaligiato il Victoria’s Secret di corso Vercelli) a manifestare in favore dei nuovi banani piantati in piazza Duomo da Starbucks, che faranno quindi compagnia alle palme. La signora Budrieri, da sempre laica e antifascista (come del resto il marito), si è iscritta ai Sentinelli ed ha esposto sul balcone arrugginito di casa (per accedervi dal’esterno non occorre Tamberi sano, è sufficiente uno zingaro storpio) una bandiera arcobaleno. Marilena finalmente pare abbia trovato la stabilità sentimentale accanto al gestore di un sexy shop in zona Corvetto, un cinquantenne sposato e con tre figli, che sembra fare davvero sul serio: sabato l’ha portata a cena dal Calafuria, dicendole che di fare anche due giri al buffet per l’antipasto, mentre ieri dopo aver detto alla moglie che andava a vedere Palermo-Sampdoria al bar ha portato Marilena in uno dei migliori motel della Vigevanese, dove hanno trovato lenzuola non cambiate dal girone di andata. Anche senza donne, o forse proprio per questo, il pranzo domenicale in casa Budrieri, con il vecchio Synudine acceso, è stato abbastanza allegro nonostante i bastoncini di pesce fossero scaduti da Carnevale dell’anno scorso: D.J. John ha parlato di ‘Vecchio Rap’, di cui sta riscrivendo il format perché non lo vuole più proporre a Linus ma ad Albertino (“Uno che aiuta i giovani, uno che costruisce ponti e n0n muri”): in pratica verrà inserita nel talent una difficoltà ulteriore, con gli anziani freestyler che dovranno esibirsi mentre giovani maghrebini (“Così c’è anche un discorso di integrazione e si possono inculare fondi pubblici”) inneggianti all’Isis e allo ius soli gli pisciano addosso. Secondo il dee jay tarantino, che in questo caso ha ragione (scusate se questa volta non siamo neutrali e ci schieriamo), questo talent potrebbe creare discussione.

Mentre Lifen con il volto tumefatto (uno dei vecchi Tong, nemmeno lei sa se il padre o il nonno, l’ha sentita discutere con Budrieri di Italia-Taiwan di Federation Cup, con Budrieri a parlarle delle gonnelline di Lea Pericoli) spiega ai pochi avventori che non esiste più uno scontrino di proprietà per ogni singolo acquisto ma si va verso forme di sharing, il Gianni commenta alla sua maniera la notte degli Oscar che peraltro nessuno lì al bar ha seguito e non certo per essere più lucidi sul lavoro: “Che bello, un film su un negro con problemi familiari che diventa prima frocio e poi spacciatore. Poi dicono che nello spettatore non scatta l’identificazione… A occhio potrebbe far cagare più dei film alla romana con Mastandrea, dove bevono vino in terrazza pensando a quanto era bello il PCI, però magari mi sbaglio”. Nessuno rilancia, nessuno è interessato a quella che chiamano ‘politica’ (tutto ciò che non è calcio o videopoker è politica). Budrieri sta riflettendo sul caso delle zingare ingabbiate al Lidl di Follonica (dalle foto non si vedono le ciabatte) e intanto cerca di leggere la Gazzetta sul bancone della Sammontana ascoltando in sottofondo il Gianni, il Walter e il Franco analizzare la vittoria della Roma, mentre Ibrahim, Nabil e gli altri spacciatori maghrebini dal passaporto variabile cercano di tirare sera facendo battute sulle conduttrici di Sky che loro parere dovrebbero mettere il velo e sul momento in cui uccideranno i pochi italiani di quel bar. Che del resto nemmeno se ne accorgerebbero, presi come sono a discutere del doppio tocco di Bacca sul rigore contro il Sassuolo. Il riformista Budrieri, turatiano osservante, è sempre stato il primo nemico del populismo, ma quando sente frasi copiate pari pari dagli agonizzanti giornali come ‘Ci vuole lo stadio di proprietà’ getta per terra la Gazzetta spiegazzata e piena di macchie di olio piccante scaduto che titola ‘Ninja da Oscar, Inter (S)comparsa’ e di puro carisma affronta le migliori menti del Champions Pub, gente di spessore che passa le giornate a parlare di Sarri ma scriverebbe un nuovo Codice di Procedura Penale in tre ore, se soltanto gli si desse una chance. Anche se lui che in nerazzurro ha visto giocare Occhipinti e Macellari non dovrebbe scendere sullo stesso piano di chi crede che l’Inter sia stata inventata da Pinamonti o di chi come il Franco rimpiange gli ex come Juan Jesus, tutti fenomeni incompresi.

“Nella prima mezz’ora non abbiamo toccato palla, però stranamente abbiamo avuto anche l’occasione più grossa, quella che si è mangiato Icardi. Nainggolan straordinario, per i gol ma anche per come ha tolto dalla partita Gagliardini che era l’unico del cervellotico quadrato di centrocampo con qualche idea. A proposito, la difesa era quasi obbligata ed in ogni caso il peggiore è stato Murillo, l’unico difensore di ruolo, ma l’invenzione di Pioli di tenere Candreva e Perisic così bassi è stata pessima, anche perché nessuno come singolo ha dato il massimo, a partire da Brozovic. Voi al bar passate dal trionfalismo al disfattismo in base all’ultimo risultato, ma con una squadra un po’ più forte come la Roma ci stava tranquillamente il pareggio visto quello che si è mangiato Perisic e varie altre situazioni. A ritmo calato si è vista un’altra partita, che il solito Tagliavento ha gestito nella solita maniera. L’Italia ha una serie di situazioni intoccabili: gli Agnelli che sono dappertutto anche se chiudono le fabbriche, la squadra del CONI e della politica, i terroni che si lamentano sempre e gli devi dare un contentino. Finché non ci sarà il quarto posto in Champions noi faremo l’Europa League, se proprio ci va di lusso. Quanto a Juan Jesus, a me è sembrato che non sia nemmeno da Roma, quindi figuriamoci se è da Inter”.

(Continua. La versione riveduta e corretta di questa puntata sarà pubblicata a giugno 2017 con il nuovo libro che conterrà tutti gli episodi della stagione pubblicati su Indiscreto insieme a quelli delle giornate finali, che invece non saranno messi online).

Avvertenza per i nuovi lettori: Non è da Inter trae ispirazione dalla realtà, ma non è la realtà. Chi lo ritiene volgare o si ritiene offeso può semplicemente non leggerlo.

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