Aspettando Larry Brown

31 Gennaio 2017 di Oscar Eleni

Oscar Eleni sulla pietra d’Istria del ponte dei Sospiri, antico passaggio veneziano per reclusi, non bello come sembra fotografandolo dal ponte della Paglia, perché su questo ponte rivedi tutti i tuoi errori. In passato, ai tempi del doge Grimani, era l’ultima camminata alla luce, oggi, nel basket del doge Petrucci della Lega freatica che ama il contorno e non sa cosa sia la sostanza, tocca ai miseri chiedere perdono per giudizi affrettati.

Avevamo appena annunciato l’avvenuta bonifica del territorio in casa Emporio Armani, su questo sito si è parlato di vita a Madrid, pur dopo una sconfitta, mentre adesso, dopo il recupero irpino, si dovrebbe parlare di morte ad Avellino. No, questo non è giusto. Le belle gioie dell’Emporio, i gamberoni di Repesa, avevano delle scuse: 4 partite in 8 giorni, le inseguitrici ferme al dazio, la “noia” di doversi ripetere contro un’avversaria già battuta due volte, senza Cusin, non ridete leggendo il rendimento di un pivot azzurrabile al netto della frattura e non sghignazzate dicendo che a Milano mancava Hickman, con Ragland sofferente ad una spalla, non fate i bulli cercando di ricordare tutte le partite in cui Milano, dai tempi di Rubini alle stagioni col Nano Ghiacciato in serpa, è stata inchiodata dai degenti della vigilia. È successo tante volte. Con Cantù, l’altra Milano, Varese, la stessa Siena di Crespi.

Ora Repesa si prenderà le giuste critiche. Pensava forse che in Irpinia avessero le parabole oscurate e non si fossero accorti del piano per fermare Ayon e i lunghi del Real Madrid? Ripetere il copione, con giocatori meno motivati dall’impegno è stato un atto di presunzione e questa denuncia dopo i fatti sul fatto che non sono stati rispettati i piani porta a dolorose risposte. La prima è che già troppe volte abbiamo sentito questa spiegazione. Se non rispettano non sei rispettato. Lo diciamo a Gelsomino e a tutti i suoi colleghi che pensano di trovare rifugio nel dico e non dico, accuso, ma non faccio nomi.

Ora non crediamo davvero che Avellino più di altre, Venezia o magari Sassari, che è cresciuta davvero tanto, possano tenere una sfida play off lunga con Milano. Certo in coppa Italia potrebbero dare lo schiaffo che punisce una presunzione nell’avarizia. Ma come, tu colosso di Armani, fai uno squadrone con 15 giocatori, 10 dei quali sarebbero forse in quintetto in tutte le altre squadre, poi “cacci” Ale Gentile che tu stessa aveva fatto capitano in giovanissima età dandogliele tutte vinte come direbbe Banchi, infine scopri che hai pensato a tutto ma non ti sei accorto che in Europa eri fragile? Con l’ apparato che c’è nelle stanze segrete del Forum, speriamo più confortevoli del palazzo vero e proprio, dell’arena che i cantori legaioli vorrebbero far diventare giardini per giovani e vecchi affezionati, con tutti questi giovani talenti a servizio, depositari del nuovo potere, non avete trovato soluzioni per i difetti che vedono tutti dalle prime giornate, anche in quelle dove l’attacco dava quasi sempre punteggi alti? Al centro c’è una debolezza fisica, mentale, tecnica. In regia non poteva bastare il neocapitano Cinciarini che, fra l’altro, ci ha messo tanto ad uscire dalla caverna dove sembrava legato a guardare la figura del play travet, c’era bisogno di un altro equilibratore capace di farsi ascoltare da giocatori che hanno deciso di non capire dove sono stati ingaggiati. Eh sì. Se ci fate caso per averne il meglio, il sacrificio di gruppo, si deve arrivare allo stremo, alla crisi, al timore delle liste di licenziamento quasi in tronco, non tutti avrebbero 50 mila euro per svincolarsi come dicono abbia fatto l’ex capitano. Questo lo capisci perché chi entra in campo per compagni che hanno tanto peccato, più in difesa che in attacco, la prima cosa a cui pensa è un tiro, pazienza se forzato, non importa se sbagliato, pazienza se poi gli avversari ti infilano perché le transizioni sono alla velocità di miss Marple, cosa vuoi che me ne freghi se dietro non c’è copertura? Il brutto è che molti di questi giocatori, a Milano e altrove, quando segnano pretendono di avere la passerella dei calciatori, un bel giro largo per rientrare. Peccato che gli avversari siano già dall’altra parte. Transazione sulle transizioni.

Certo non sarà un caso rivedere certe facce dopo aver letto certi nomi. Sembrava l’albero della cuccagna alle sagre. Tanti arrampicatori, vedremo chi arriverà al salame. Avrà sussultato il fedele Portaluppi leggendo che Piero Bucchi potrebbe essere il nuovo general manager. Si saranno dati di gomito quei giocatori che hanno fili collegati con l’esterno della società, quelli che tengono i piedi in due scarpe, mai rosse per la verità, appena hanno letto che il grande Larry Brown sarebbe interessato ad un ingaggio nella piccola mela sotto la Madonnina arancione di Armani, che lo chef Menetti, come suggerisce viperignu Costa, potrebbe lasciare Reggio Emilia per allenare una Milano più italiana che mai, lui così paziente con i “talenti” della nostra scuola, così abile da nascondere i suoi di gamberi.

Milano doveva essere aiutata con un centro capace di rasserenare tiratori che, a parte Simon, quando non è al limite delle energie fisiche e nervose, sono tutti molto pericolosi. Ma per Repesa. Qualche bella striscia, una serie positiva oggi, zero domani. Mai una certezza. A chi dare l’ultimo tiro? Sanders? Magari lo fa. Magari, però, con Sassari ci riusciva, l’anno scorso a Milano sembrava il padrone della lotteria, ma adesso ragiona con la schiena. Insomma c’era bisogno di un correttivo tecnico nella struttura della squadra. Voi direte che spendere altri soldi per dominare in Italia dove è già scritto non ha senso. Meglio utilizzare risorse per costruire dietro, un futuro solido, diverso. Forse è vero. Ma l’Europa meritava uno sforzo perché questa Eurolega è proprio un bel torneo e non rispondiamo nemmeno ai fibaioli che sghignazzano dopo il sacco di Avellino dove i Lupi del Pino, che hanno fatto una gran fatica ad entrare fra le qualificate dirette nella Champions Baumann, si sono mangiati i non tanto fieri guerrieri di Milano.

Concordando con l’opinionista di quel che resta del Carlino bolognese, ci auguriamo che Lega e Federazione non si mettano a questionare soltanto sull’aria condizionata per i play off. Una barbarie che meriterebbe maggiori attenzioni sui calendari, una pressione reale su amministrazioni sorde, mute, cieche, ma non certo il problema vero di oggi.

Ci si avvicina alle finale di coppa Italia e qualcuno chiede perché critichiamo la formula più della sede. Perché il brodo allungato penalizza in termini di riposo Avellino o Sassari, meglio che due pericolose avversarie per Milano si tolgano subito il dente, Venezia o Brescia. È ingiusta, anacronistica. Ora non vi diciamo di copiare la pallavolo che in due giorni a Casalecchio ha avuto quasi il massimo: spettatori ed incasso, loro gli incassi li comunicano. Ma sarebbe giusto fare almeno attenzione. Sulla sede di Rimini il Bianchi si sgola dicendo che sarà una grande festa del basket in una sede accogliente, tanti alberghi, tante belle cose, ma se non ci sarà una invasione veneziana, forse i più vicini insieme a Reggio Emilia, da dove aspettarsi una fiumana di appassionati? Il contorno, eh sì loro ci credono davvero, attirerà anche chi non ha squadre da tifare, il tutto basket, con i suoi sponsor, sarà presente al galà. Lo sperano in tanti, ce lo auguriamo per chi lavora così bene nella organizzazione, la professionalità di chi accoglierà questo mondo, ma restiamo scettici e non staremo a contare le versioni delle presenze come si fa con i cortei quando Polizia ed organizzatori non concordano.

Voi che dal Ponte dei Sospiri salutate l’ultima luna adesso godetevi le pagelle.

10 A Pino SACRIPANTI per aver trovato, finalmente, la vittoria sulla Milano avversaria di sempre nei suoi sogni, nella professione, ma anche per quegli occhietti diabolici che alla fine erano il manifesto di chi aveva voglia di urlare: ehi amici non siamo tutti spettatori, guardiamo e impariamo.

9 A DI CARLO perché nessuna squadra come Capo d’Orlando ci dà il piacere di raccontare il mistero agonistico dello sport. Certo giocano anche bene, sono la sorpresa vera. Ora chi vieterà a questi leoni di giocare i play off perché nella loro tenda sul mare non hanno l’aria condizionata?

8 Ad Artiglio CAJA che dopo tante sofferenze, dopo essersi tolto dai piedi l’ingombro di una coppa che intossicava e avviliva, ha trovato forse uno spiraglio per portare Varese fuori dalla galleria degli orrori dove, è vero, soltanto una perderà la serie A, ma dove ci sono tanti che tirano pietre, gli stessi che sapevano già prima come sarebbe andata.

7 A BUSCAGLIA che sta riportando Trento sulla strada ferrata dopo essere rimasto incrodato nella salita più difficile. Sarà un caso ma l’allenatore di Trento e quello di Avellino sono tornati tonificati dal raduno con le promesse della under 20 a Pistoia. Hanno lavorato, meditato, liberandosi la mente dalle esagerazioni.

6 A Roberto BRUNAMONTI che ha cominciato con il successo delle giovanili di Capobianco il suo viaggio dentro il castello di Azzurra. Ora ritroverà Messina e cercherà di capire, intanto, come altri ex azzurri giustamente utilizzati con le nazionali. Ha cercato di non essere mai in prima fila come capita ad altri, come è sempre capitato. Nelle foto di gruppo chi la ha lavorato davvero appare raramente.

5 A COURNOOH, neoacquisto di Cantù, perché non può venirci a raccontare che in Brianza ha trovato un’atmosfera diversa da quella che c’era nelle sue giornate difficili a Pistoia. Siamo contenti che abbia ritrovato armonia, ma adesso vada avanti e non faccia come tanti altri che dopo la fiammella sono tornati cenere.

4 Alla ORGANIZZAZIONE di A2 perché continua a far rosicare i signorotti del piano di sopra. Abbiate pietà, quelli stanno cercando il contorno, non sanno se in tavola c’è una bistecca o una suola come faceva Chaplin, quando pensano a voi si fanno venire l’esaurimento. Lo schiaffo vero? Pubblicate anche gli incassi e paragonateli alla serie A. Un po’ come dovrebbero fare certi giornali che alla serie B di calcio danno cinque volte lo spazio del basket anche se gli spettatori, in molti posti, sono inferiori a quelli che vanno a vedere il baloncesto de noantri.

3 A BRESCIA non tanto per la sconfitta contro Cantù a Desio, ma per quella ammonizione per non aver fatto trovare acqua calda nelle docce degli arbitri. Certo colpa di chi dirige i palazzi, al Forum la vittima è il gruppo Armani, ma fate attenzione. I direttori di gara ci tengono, giustamente, alla salute, e poi vogliono essere sempre in tiro: stanno facendo la classifica degli arbitri che utilizzano l’instant replay soprattutto quando c’è la televisione.

2 A PESARO che perde troppi attimi fuggenti e si trova schienata da Torino per un fischio negli ultimi 2 secondi. Ora su questo argomento ci sono volumi. La realtà è il penultimo posto in classifica e su questo si potrebbe fischiare all’infinito.

1 Al POLONARA da 0 su 6 da 3 che fotografa l’andazzo generale, il tiro da lontano per lavorare meno, lavorare poco senza palla, la crisi di Reggio Emilia che doveva pensare prima a fortificare il castello. Aspettando Aradori e Stefano Gentile, visti in rieducazione a Milano, come del resto Tonut, ci sarebbero da sistemare tante cose e non vorremmo che Capo d’Orlando denudasse del tutto la bella creatura nata dalla passione.

0 Alla bella serie televisiva sui BASTARDI di PIZZO FALCONE perché alla Lega basket dopo aver visto Napoli come non l’avevamo mai immaginata, memori della Sicilia di Montalbano, attenti ascoltatori del Benigni di Johnny Stecchino sul traffico come vero male di Palermo, sono convinti che anche il nostro basket con una sceneggiatura giusta potrebbe farci sognare come se davvero ci fosse anche da noi il LeBron James che in questi giorni chiede un play come non faceva ai tempi in cui snobbava Blatt, piagnucola e battibecca con chi lo considera eterno bambino.

Share this article