L’Italia da sala pesi

28 Dicembre 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal paese sull’Appennino dove vive un nipote di Arturo Toscanini. Ci vive da solo. Mucche, capre, latte, formaggi. Silenzio. Per distrarlo gli facciamo ascoltare la sonata di Slobodan Kovacevic, musicista di Sarajevo, che nel 1974 combatteva la tristezza del soldato con prole Bogdan Tanjevic. Boscia ha voluto condividere con noi questo inno del Cetnici Grupa e noi lo accontentiamo, ma non per inaugurare il 2017, ma per salutare amici o amiche che se ne vanno come l’amatissima Grazia, la moglie di Ghighi Parodi che ci fece volare in un altro mondo quando si pensò di fondare i Giganti del Basket. Giorni di festa, ore tristi come quelle che tormenteranno il giudice, l’avvocato giuslavorista, Stefano Nespor, compagno di zingarate cestistiche in Canottieri, per la perdita di un figlio. Momenti dove è anche bello pensare ai giorni con la simpatia della Fanfoni Fanfucci che ci ha lasciato, lei machetera del Geas.

Serve riflettere. Meglio queste capre e un certo silenzio guardando al basket frettoloso dove si cominciando a mangiare allenatori importanti, l’ultimo Paolo Moretti, il primo, purtroppo, Cesare Pancotto. Ora la mamma degli stupidi che è sempre incinta cerca altre vittime illustri. Lo fa subdolamente. Qualcuno, educato male, allevato peggio, parla di destini, di leggi obbligate dello sport: non vinci, via via fora di ball come urlavano in certi palazzi lombardi. Nella regione dove la crisi ha preso per la gola Cremona, anche sfortunata, ha messo Varese nella triste condizione di litigare sul poco che hanno messo insieme, comica la diatriba fra pro e contro Moretti q1uando dicevano che era la curva a non volerlo più, tiene legata Cantù ad un sottile filo rosso anche se Gerasimenko lascerà i domiciliari di Cipro, non lascia tante speranze di entrare fra le otto alla Brescia che ha riscoperto cosa ha in mente di fare, cosa sa fare, questa Trento che rinasce sempre, Aquila bicipite dove tutti hanno fede in quello che decide la società. Perché ci deve essere società, prima che squadra.

Naturalmente Lombardia infelice soprattutto per la pioggia acida che ha sfigurato l’Emporio Armani. Certo sempre primo in classifica, ma con un codone di paglia che fa dire ai peggiori difensori del gruppo, a quelli che giocano per conto loro, che il problema nasce dalla difesa. Naturalmente i cacciatori di untori, quelli che si qualificano con gesti, parole, messaggi odiosi, pensano che Gelsomino Repesa dovrebbe aver già consegnato le dimissioni perché se aspetta che la presidenza, così parsimoniosa nelle cose che contano di più, lo liberi da questa angoscia può chiedere una fornitura di antidepressivi. Forse li prende già se dopo la sconfitta contro la magnifica Reggio, nel tempio del vecchio Madison bolognese, ha detto che non vede tutta questa negatività.

Ora non gli diremo che questo Emporio è pieno di scarti professionali. Non arriveremo a suggerirgli, come fanno quelli che vedono le cose da lontano e ascoltano soltanto le campane più o meno intonate, i cori gentili, che per risanare, a vacche fuggite, basterebbe il metodo Messina. Non Ettorre texano. No, no, del ginnasiarca Nico, il giovane balilla che andò minorenne a combattere in Africa, l’uomo che sulle scalinate di Masnago faceva muovere i primi caroselli che ci hanno dato la Varese poi diventata mitica col professor Nikolic ed è rimasta agli onori dell’Europa con Gamba.

Milano ha un eccellente preparatore atletico, lo stesso che avevano a Siena. Non serve, dicono i critici, se non lo ascolti. Certo le gambe di Milano sembrano pesanti, ma forse è la testa ad essere davvero vuota. Zero motivazioni. Azienda, non società. In una società si cerca di fare come nei matrimoni: accettare i difetti degli altri, viverli e cercare di superare gli ostacoli insieme. Nelle aziende si risolve con una lettera di commiato, ringraziando, ma togliendo subito il nome dalla casella della posta. Avanti un altro. E no. Butti fuori Gentile che serviva da comodo parafulmini, o almeno così facevano credere, e pensi che altri prenderanno il suo posto. Non nel cuore dei tifosi, perché a Milano era ammirato, non amato, ma nella squadra, nella struttura costruita per far capire che il gruppo di re Giorgio era bello ed invincibile e gli altri, poveretti, si arrangiassero. Errore grave, poca vita in comune, in spogliatoio. Il mercenario gioca sempre per poter presentare certe cifre ai futuri datori di lavoro. Questa è l’Olimpia di oggi, lo si vede, lo si dovrebbe notare e non cambieremo idea anche se dovesse rivincere scudetto e coppa Italia per far scrivere alla gente di servizio di fantastiche accoppiate, miracolosi triplete. Era in Europa che dovevano dimostrare di essere la società faro, il simbolo di questo basket che promette cose che forse non potrà mantenere, anche se il presidente di Lega, seduto al pala Dozza di fianco a Romano Prodi, uno che il basket lo ha sempre amato, ha cercato di indorare le pillole del momento, galvanizzato dal matrimonio con Poste Mobile.

No, siamo ancora un basket frettoloso che fa gattini ciechi e vi raccomando di leggere cosa dicono del futuro per una Nazionale dove i pezzi cadono uno dopo l’altro. Certo non serviva il bravissimo Sito Alonso, allenatore a Vitoria, per sapere che la sua squadra ha fatto le cose migliori senza Bargnani. Petrucci lo sapeva già. Forse anche Messina. Di certo ne sono convinti a Milano perché l’ultima vittoria in eurolega l’hanno ottenuta contro Vitoria sul campo di Desio. Quella sera fra i baschi c’era quello che chiamano il mago.

A proposito di Nazionale, avete notato quanti problemi alla schiena per i futuri azzurri? Non sarà che con il miraggio NBA qualcuno stia esagerando in sala pesi? Se ne lamentavano i cubani, tanto, tantissimo tempo fa, eravamo in viaggio ancora per la Gazzetta, mondiale di baseball. Avevano affidato molti dei loro straordinari saltatori, tutta gente con muscoli di seta, ad allenatori russi o della Germania orientale. Schiene saltate, tendini in pezzi. Anche i guai di Gallinari, se andiamo a rileggere, nascono dallo squilibrio fra treno superiore ed inferiore. L’affaticamento che notiamo in Datome ci insospettisce. Siamo molto preoccupati per Hackett. Ed è soltanto l’inizio del 2017. Mentre non ci sorprende la denuncia di George Karl sull’uso esagerato di steroidi ed ormoni della crescita, l’ammissione che nella NBA non tutto profuma di mughetto. Certo non lo sapremo mai dai cantori a prescindere, quelli che se parli di atletica o ciclismo, magari nuoto, fanno sorrisini di compatimento: voi drogati, malati, noi figli di una divinità superiore che fa saltare fossi e canestri.

Pagelle aspettando che qualcuno a Milano batta un colpo.

10 A Max MENETTI per come è uscito dalla depressione con i sarmati di Reggio Emilia. Allenatori del genere esaltano i maestri, ma cercano di camminare da soli. Sarà per questo che sono esclusi al piano di sopra e vengono magari messi in discussione pure a quello di sotto.

9 A BONACINI, 17 anni, e il lettone STRAUTINS, 18 se ci promettono di continuare nel lavoro che soltanto Reggio Emilia riesce a fare puntando sui talenti, ma non fermandosi a guardare o regalando loro creme solari e occhiali firmati. Non fateci pentire di avervi scelto come emblema nella notte magica degli Arzan al Pala Dozza.

8 A Pietro ARADORI che adesso ci ha condannato, dopo la super prestazione contro la ex Milano che lo scaricò, guarda caso, a subire l’attacco dal monte PEDRAZZI suo grande estimatore. Noi gli ricorderemo i 4 liberi sbagliati che potevano riaprire la partita, lui i 26 punti, la tromba che ha risvegliato persino Polonara.

7 Al BOLSHAKOV canturino che per molti è allenatore usurpatore, con tessera presa senza merito, non sa neppure l’inglese (“Come ha fatto l’esame?”, urlano dal fondo), perché da quando c’è lui l’Ottobre Rosso ha fatto le cose migliori.

6 A VENEZIA che fa bene a festeggiare la settima consecutiva in campionato, l’avvicinamento a Milano ora soltanto a più due, ma farà ancora meglio a rivedere la partita di Masnago dove si vedono bene certe debolezze se la concentrazione viene meno.

5 A CAPO D’ORLANDO non tanto per la legnata di Avellino, ma per non essere riuscita a trattenere Fitipaldo rapito dai turchi. Era quello che temevamo, che temiamo: le società piccole non ce la fanno a competere se le grandi sono squali.

4 Ad Ario COSTA costretto ad andare a chiedere scusa ai tifosi alla fine del tormentone perduto contro Pistoia a Pesaro. Giusto farlo se si è convinti di aver costruito la squadra giusta, altrimenti bisogna correre ai ripari prima che a chiedere scusa.

3 A BARGNANI se ci viene a dire, come fa sempre, che i suoi critici parlano soltanto per ignoranza o invidia. Ora il suo allenatore a Vitoria fa sapere che senza di lui i baschi giocano meglio e persino Jackson, che sta divorziando dalla figlia del ricco di Los Angeles, che se la gode a New York, ha trovato finalmente chi la pensa come lui sui difficili recuperi da infortunio del mago tanto caro ai cantori del canestro che sa sputare.

2 Ai MALIGNI presuntuosi convinti che questa MILANO orribile da vedere, da sentire, sia vittima di un maleficio. No, è proprio farina del loro piccolo sacco. E chi lancia sventure sugli altri, prima o poi, si ritrova la freccia dove non pensava che potesse arrivare.

1 Al GRUPPO ITALIA dell’Emporio che vive frustrato al servizio di stranieri che un tempo non avrebbero neppure resistito a certe partite di allenamento. Cambino faccia, atteggiamento, modo di chiedere spazio, non seguano chi, per la difesa, segue il bue che dice cornuto all’asino.

0 A Jasmin REPESA perché non trovare negatività nella sconfitta con Reggio, non riuscire a dominare la maleducazione di chi neppure gli tende la mano dopo un cambio, è un segnale davvero negativo. Ora se questa Milano che va ad allenarsi pure a Natale, lo hanno fatto tutti, più o meno, è quella che regge 10’ e sperpera 17 punti di vantaggio, allora bisogna ammettere che è una porta aerei, piccoli eh, finita in secca.

P.S. Pubblichiamo questo comunicato federale perché dopo aver celebrato l’esodo reggiano al Pala Dozza ci troviamo davanti ad un multa che fotografa lo stato morale del nostro basket: fischietti durante la partita, un danno per tutti, non solo per gli avversari. Offese ad un tesserato, Cinciarini, che a Reggio ha dato l’anima…

Campionato Serie A – 13^ Giornata andata – Gare del 27/12/2016

RED OCTOBER CANTU’ ammenda di Euro 500,00 per offese collettive sporadiche del pubblico agli arbitri.

OPENJOBMETIS VARESE ammenda di Euro 500,00 per offese collettive sporadiche del pubblico agli arbitri.

ENEL BRINDISI ammenda di Euro 500,00 per offese collettive sporadiche del pubblico agli arbitri.

PASTA REGGIA CASERTA ammenda di Euro 500,00 per offese collettive sporadiche del pubblico agli arbitri.

GRISSINBON REGGIO EMILIA ammenda di Euro 2.400,00 per comportamenti atti a turbare il regolare svolgimento della gara (utilizzo di fischietti; per offese collettive e sporadiche nei confronti degli arbitri nonché collettive e frequenti nei confronti di un tesserato avversario ben individuato ,per lancio di oggetti non contundenti collettivo sporadico (palle di carta), senza colpire.

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