Giganti di ieri e nani di oggi

2 Dicembre 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni da Alessandria d’Egitto per capire se il domatore sbranato dal suo leone assomiglia a Gelsomino Repesa che ha messo il fegato nelle fauci dei leoncini con la maglia dell’Emporio Armani. Peccato essere tristi nel giorno della commozione per aver ritrovato in edicola una testata come i Giganti che è all’origine del sogno raccontato così bene dal cofondatore Ghighi Parodi nel numero monografico dedicato a Carlo Recalcati che naviga nella sua vita seguendo Giulia Arturi. Eravamo tre amici al bar, forse il bar Basso, quando tutto cominciò. Parodi il domatore, Crespi il re del piccolo circo, il sottoscritto e Gianni Menichelli cavallini Sarmati alla ricerca di tanti domatori domabili e nuovi affetti. Li trovammo, eravamo felici, fino a quando Menichelli non perse il posto in Gazzetta proprio per scrivere, in ritardo, un pezzo dedicato a Licia Toriser sui Giganti. Il destino, lo stesso che vide incrociarsi anche le vite della grande giocatrice veneziana e del Mandrake di via Giusti. In ritardo per la rivista, in confusione per la redazione, quella della Gazzetta dove, guardate i casi della vita su porte che si aprono o chiudono, arrivai qualche anno dopo, ma con il divieto assoluto di occuparmi del basket che avevo appena lasciato salutando Primo, Cerioni e le nazionali giovanili a Cortina, rinunciando ad un contratto come assistente di Luisito Trevisan nel Geas femminile. Rivedere la testata ha riacceso la fantasia, nel ricordo della sofferenze, ma anche dei tanti giorni felici che resteranno tali davanti a quelli che, soprattutto oggi, convinti che il tempo li aiuterà a peggiorare, fingeranno di non ricordare il tuo nome.

Dai Giganti di ieri ai nani di oggi così ben rappresentati dai giocatori dell’Emporio Armani che ci dicono chiaramente come siamo in questa Europa dei canestri che già nelle coppette Fiba sbatacchia quasi tutte le nostre barche da pesca su fondo basso. Alessandria d’Egitto arrivando di corsa da Kazan, terra dei Tartari, sicuri di aver visto le ombre che portarono al delirio il febbricitante tenente Drogo. Eh sì il Drogo Repesa è messo male. Ha lasciato che il cerchio si stringesse, confidando almeno nella lealtà slava della truppa. Gli restava soltanto quella perché intorno c’era l’aria brutta che aveva soffocato Luca Banchi e, prima di lui, Sergio Scariolo. Ma don Sergio aveva dato la colpa al rancido italiano, convinto, ancora oggi, che Siena fosse la prima in tutto, nel gioco, nelle scelte, ma anche nel pilotare i risultati attraverso il potere arbitrale. Per Banchi, che da Siena era stato consacrato capo allenatore dopo l’assistentato a Pianigiani, una storia un po’ diversa. Certo lo scudetto lo aveva protetto, ma poi…. spazio allo scorpionismo che anche oggi è pronto ad avvelenare.

Ora sembra una coincidenza ma la monografia dei Giganti su Recalcati che vorrebbe ancora allenare, lo sogna Varese, lo vorrebbe la vera Cantù del finto acciaio, potrebbe far pensare che anche Repesa è in grossi guai nella sua cittadella, quella dove si sentiva al sicuro. Cosa dicono i commentatori: giocatori allo sbando, allenatore che confessa alla fine di aver avuto una squadra che ha tradito il piano partita dal secondo minuto. Il primo era vissuto sull’illusione che Radulijca avesse deciso di far vedere che non era soltanto un pivot ballerino sulle punte. Tutto dovrebbe allarmare l’uomo nato vicino al santuario della Madonna di Medjugorje perché quando l’inviato della Gazzetta, unico inviato, dice che la sfuriata di Torino ha disturbato i piani alti, quelli che avrebbero dovuto intervenire molto prima della partita i 100 con la Fiat, allora sono in arrivo guai, se non purghe.

A proposito dei nuovi legaioli e dei sostenitori del novo basket, se volessero documentarsi: una volta, per le coppe, c’erano con le squadre gli inviati dei tre giornali sportivi, il Giorno, il Corrierone, il Giornale, la Repubblica, il Carlino, qualche volta la Stampa o il Messaggero, che c’era ogni volta con la Roma bianchiniana, ma soprattutto era sempre in viaggio l’inviato dell’Ansa, cominciando da Gabriele Tacchini, per raccontare, rendere popolari campioni che poi lo sono diventati davvero anche se adesso siamo costretti a sorbirci le lezioni più o meno private, pochi lettori in generale, di chi vede un basket nano per uno sport che avrebbe bisogno di veri giganti, non soltanto sul campo, ma dove si dovrebbe lavorare per lo sviluppo.

Ma torniamo alla Fortezza Bastiano dell’Emporio, quella dell’odioso tran tran che impone guardie notturne per vedere nemici che, invece, sono fra le mura, consolandosi con le parate nel campionato italiano dove si difendono con i fucilini di latta, qualche fionda adesso che a nessuno sembra più interessare il torneo equilibrato che il Minucci non aveva quasi mai voluto portando l’odio e l’invidia a livelli tali che poi l’inchiesta della magistratura è sembrata soltanto un sollievo, anche se poi chi è subentrato non si è certo limitato a prendere il meglio dagli altri, no, è proprio salito su un altro pianeta e non basta il raid tipo Sassari a far credere che nel domani ci saranno padroni diversi fra questi spicchi di limone.

Certo l’Europa non ti aspetta e non perché ha messo più soldi di Armani come dice Repesa, che dovrebbe allora spiegare perché Barca o Real, le greche, non sono andate sul Gentile che voleva cambiare mondo e modo di vivere, sperando nella NBA, ma vedendo con favore anche la grande Europa. No. La squadra costruita all’inizio da Milano sembrava giusta. Certo si temeva che invidia e natura scorpionica avvelenassero, ma il tempo che doveva lavorare per la primavera Armani sembra invece un terribile inverno e questo mese non farà sconti se ad affrontarlo sarà la squadretta che abbiamo visto prenderne 21 a Kazan da un’avversaria non debole come diceva la classifica, ma neppure paragonabile alle migliori di eurolega. Chi ha visto subito dopo il Real in casa del Fener, questo squadrone di Obradovic ancora incompleto, si sarà reso conto della diversa intensità in tutte le scelte di gioco e non è che la squadra di Laso usi sempre pennelli raffinati. Certo vedere il Bamberg con un grande Melli (perché andò via da Milano? Per i soldi? Non ci sembra, vedendo le cedole dei pagamenti) tener testa al CSKA, perdendo l’ennesima partita per un canestro, dice che sono in molti a non aver ancora capito a quale punto di fusione si arriva con ritmi del genere, una NBA europea a cui eravamo impreparati tutti, o quasi tutti. Ma questo è un altro discorso.

Caro Repesa quello che si temeva potrebbe accadere. E sì, se il coro dice che i giocatori fanno schifo, ma l’allenatore non viene neppure ascoltato è un bruttissimo segnale. Chi doveva intervenire per tempo non lo ha fatto, ma non assolviamo nessuno, neppure Repesa che, comunque, ha una storia sportiva vera, importante, però, si sa, quando il pesce puzza lo fa dalla testa. Allora eccoci qui, direbbe Recalcati che l’anno scorso a Venezia scoprì che la sua bella storia raccontata oggi dai Giganti non bastava.

Pagelle nel gelo di Kazan, 1.200 spettatori, un flop tipo FIBA, un campo libero, non certo una tana di lupi. Faceva freddo fuori, ma dentro la temperatura era buona.

Abass 5: perché sembra almeno uno che ha voglia di imparare anche quando tira senza averne la facoltà. Macvan 4.5: statico, con l’atteggiamento di chi non riesce più ad aiutare. Certo non può tenere in piedi lui la porta d’entrata. Radulijca 4: Già sembrava strano che il gomito fosse così malmesso da escluderlo contro il Fenerbahce, ma adesso è chiaro che fra lui e chi guida non esiste sintonia, che fra lui e gli altri c’è soltanto complicità quando racconta delle sue moto, non quando bisognerebbe lavorare insieme. Kalnietis 4.5: Delusione totale. È lui l’uomo delle nostre sventure quando giochiamo contro la Lituiania? Avranno mandato un clone intimidito. Dragic 5: il giorno in cui lo presero eravamo convinti che avrebbe dato luce, entusiasmo, gambe. Adesso è un gambero, due cose buone, quattro passi indietro. Sanders 4: C’era la quasi certezza che in una giornata senza altri mangiatori di pallone avrebbe sfogato il suo talento. Ora si capisce meglio perché può essere prepotente soltanto nel nostro campionato di mezze figure. La cosa vale per tanti. Simon 4.5: Scoppiato di testa nel momento più delicato. Peccato. Cinciarini 6: Perché uno trattato così potrebbe davvero mandare tutti a quel paese. Hickman 5: Nessuno immaginava che questo approdo nel colosso Armani avrebbe portato destabilizzazione. Le sue vampate, le sue amnesie, la sua finta difesa, la sua finta generosità offensiva. Un caso, un portatore di pericolose golosità che stanno facendo andare in fumo il progetto. McLean 6: Peccato non abbia più di 20 ‘ nel serbatoio. Certo se tutti fossero come lui Milano oggi avrebbe almeno 4 punti in più. Repesa 5: I detrattori dicono che la sua furbizia, un colpo al cerchio, uno alla botte, questa volta non lo aiuterà. Certo è arrivato in un angolo buio dove tutti danno mazzate a caso, dove la colpa è degli altri, sempre. Certi condottieri dicono che i perdenti cercano alibi, i vincenti soluzioni. Vedremo.

A proposito, nel deserto dei tartari nessuno ha ricordato il mal di schiena di Gentile che nelle ultime settimane era stato bersaglio facile. Certo il freddo danneggia soprattutto se hai una struttura troppo forte sopra con gambe non di pari forza. Come Gallinari, del resto. Ci dispiace non aver visto il confronto fra lui e Langford. Era un momento di verità, come avrebbe detto chi si sarebbe tenuto volentieri il texano vicerè dei golosi.

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