Cinquanta anni da Tomba, come lui nessuno mai

20 Dicembre 2016 di Paolo Morati

Alberto Tomba

È il 23 dicembre 1984. Luogo il Monte Stella, la mitica ‘montagnetta di San Siro’, a Milano, costruita sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale. E noi c’eravamo. Dove? Ad assistere alla vittoria del diciottenne Alberto Tomba nel parallelo di Natale in finale contro Robert Erlacher, di lui tre anni più grande e già punto fermo della nazionale italiana. Una giornata sciistica su su neve artificiale che nessuno allora si immaginava potesse essere il preludio a una carriera straordinaria da parte del ‘massiccio’ bolognese, capace di aggiudicarsi tre ori olimpici, due mondiali e otto coppe del mondo di specialità più una assoluta, senza discese libere, fino al ritiro nel 1998. Un fenomeno vero, una leggenda, quella di Tomba che ieri ha compiuto cinquanta anni, proprio come le vittorie totali in gare di Coppa del mondo.

Tornando a quel 1984, lo sci alpino era sempre stata una nostra passione, con ricordi legati alle telecronache di Alfredo Pigna e Guido Oddo, e dapprima ai nomi di Gustav Thöni e Piero Gross, di Herbert Plank, poi dello sfortunato Bruno Nöckler, e ancora di Ivano Edalini, Michael Mair, Richard Pramotton… tanti personaggi che al di là dei risultati ottenuti non avevano però la capacità di esaltare (ed esaltarsi) per diventare un’icona come Alberto Tomba. Unico il tifo da stadio che si portava dietro, sulle piste di sci, ma anche nelle abitazioni degli italiani che dalle finestre trasmettevano boati degni di una partita di calcio. Noi stessi tornavamo da scuola di corsa per vedere le fatidiche seconde manche delle gare sperando (o con la certezza) che potesse vincere. Tomba era la Bomba, e la domanda era: “Oggi c’è Tomba”, non “oggi c’è una gara di sci”.

L’evento era anche reso più straordinario dalle telecronache, che proprio in quel periodo assumevano toni commoventi grazie soprattutto a Bruno Gattai che su Tele Monte Carlo diventò la ‘voce ufficiale’ di quelle vittorie. Ancora oggi quando ci capita di riascoltarle sembra di tornare indietro temendo a decenni di distanza che il campione possa saltare un palo o non riuscire a rialzarsi prodigiosamente dopo essere passato su uno spigolo traditore. Poi ci risvegliamo rendendoci conto di come lo sci (al pari del tennis) non abbia più quella presa di allora, relegato sui canali specializzati e con una penuria di personaggi da leggenda. O probabilmente siamo solo noi a sperare, come spesso ci capita, di tornare nel passato per evitare di inforcare di nuovo in quel dannato e difficile slalom decisivo.

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