Business angel (Vecchi non è da Inter)

4 Novembre 2016 di Stefano Olivari

Quello dopo Southampton-Inter è un venerdì come tanti altri, per lo meno al Champions Pub. Se Tina Anselmi fosse morta proprio lì, in via Novara, smadonnando davanti al videopoker perché non le era entrato un full, la sua scomparsa sarebbe stata notata meno dell’autogol di Nagatomo. Se i Cure fossero lì davanti al Simply dopo essere stati agli Arcimboldi nessuno smetterebbe di vivisezionare l’uscita di Buffon sugli avversari della Juve che in Italia si scansano. E se venissero ricordati i 50 anni dell’alluvione di Firenze proprio lì, davanti al Nails Center, qualcuno al massimo si lamenterebbe delle pozzanghere nel sottopassaggio di via San Giusto. Quanto alla festa dell’unità nazionale, metà di chi è lì dentro non è italiana e l’altra metà non sa di esserlo.

Sono le due del pomeriggio e Paolo-Wang sta servendo ai dipendenti della Tuboplast un caffè che Ping, probabilmente il grossista cinese più disonesto del pianeta (aggiudicarsi questo titolo non è facile), gli ha spacciato per una miscela arabica preparata in Brasile, la famosa Santos, senza nemmeno cambiare gli scatoloni che portavano il marchio Gimoka. Lo producono quindi a Sondrio e lo si trova alla Lidl, ma Paolo-Wang non ha fatto osservazioni: tanto il bar è dei Tong ed in ogni caso lui se ne andrà presto, grazie alla Algoritmic Limited Company che fra poco da Dublino inizierà ad aggredire i mercati di tutto il mondo, sotto la gestione di un trader russo che Paolo ha conosciuto in un forum su Tor. Il vero sogno di Paolo sarebbe coinvolgere nella Algoritmic il suo mito Passera, anche se si rende conto che l’Italicum praticamente consegna il paese ad Italia Unica e quindi il manager non avrà in futuro tanto tempo per dedicarsi alla finanza. Halloween non ha portato bene a Lifen, che in gran segreto è andata alla festa del Just Cavalli insieme a Samantha e Ylenia, pagando modesti 20 euro per l’ingresso e sperando di essere abbordata da qualcuno dei tavoli vip (più di 1.000 euro  per un tavolo da 10, con incluse 4 bottiglie di champagne, senza andare sui 10.000 del tavolo chiamato Roberto Cavalli) e quindi di sedersi. Samantha e Ylenia sono entrate in sintonia con un romano dalla camicia bianchissima, tale Francesco, che si è definito ‘immobiliarista alla ricerca di opportunità’: alla fine se la sono cavata con uno scambio di numeri telefonici, la più astuta Samantha invece del suo ha dato quello di casa Budrieri. Non che Ylenia sia rimasta entusiasta della serata, di certo uno come Malagò non frequenterebbe mai quel mondo superficiale e vuoto, però lei a Malagò non arriverà mai: meglio comunque quel Francesco dei discorsi sconclusionati di Danny, che ormai passa metà del suo tempo in bagno leggendo libri di Onida. Lifen ha respinto varie richieste e ha per tutta la serata chattato con Hadiya (ultime notizie dall’Alto Adige: lo zio Hazem è sempre a casa dell’imam moderato, che vuole costruire ponti e non muri, ma la sera di Juve-Lione non è potuto andare al club intitolato a Sturaro perché aveva il turno in pizzeria), poi a casa è stata picchiata dal nonno che ha trovato nella sua camera (sua e degli altri 13 che ci dormono) Come un pittore, il libro di Kekko dei Modà che lei ha letto almeno una trentina di volte sotto le coperte grazie a una trekking light. Quanto a Zhou, il suo Halloween l’ha passato al museo Martinitt e Stelline, emozionandosi come raramente capita preparando petti di pollo grigliati (Ping fornisce petti di pollo già con le righe della grigliatura) freddi e carote trifolate. Quel posto in corso Magenta gli ricorda sempre che c’è stata una Milano che sapeva guardare avanti, che aveva il lavoro e la produzione come mezzo non tanto per arricchirsi, perché il milanese migliore non è mai stato quello dei ‘Buon we’ detti al mercoledì, ma per conquistare un’illusione di libertà. Adesso mentre ascolta quei falliti del cazzo discutere di Marcelino e Vitor Pereira si fa forza sognando di andare in strada e ammazzare il primo hipster lucano che trova. In alternativa il primo milanese che dice di aver bisogno di staccare.

Max è disperato. Non ha nemmeno potuto scrivere ciò che pensava dell’esonero di De Boer perché Vincenzo ci tiene ad avere buoni rapporti con la società Inter, visto che SuperMegaInter.com fa regolare copia e incolla delle notizie del sito ufficiale, piratando anche foto, statistiche e altro. Insomma, un esame dato all’università online ‘Franzo Grande Stevens’, con sede operativa a Caserta e legale a Gibilterra, gli è stato sufficiente per capire che l’Inter potrebbe fargli causa o, peggio ancora, negare l’accredito a uno dei suoi tanti collaboratori non pagati, che considerando una forma di pagamento l’entrare gratis a San Siro. Max ha passato la mattinata a scrivere stronzate sul cosiddetto casting dell’Inter per il nuovo allenatore, cercando di immaginarsi il suo futuro da sotto-pusher di Ibrahim. Fra l’altro l’algerino è uno dei pochi maghrebini al momento bene inseriti nel mercato dello shaboo, che a Milano è in mano a cinesi e filippini: proprio i filippini ne erano i principali consumatori, a volte per reggere i ritmi di lavoro, ma da qualche mese i clienti sono aumentati in considerazione della potenza e della relativa convenienza di questa metanfetamina. Certo è che Ibrahim sembra soltanto un galoppino, ma in fondo a Max basta guadagnare più dei 200 euro al mese che gli danno Vincenzo e Pier Luca, ormai con pagamenti a 360 giorni, sempre ricordandogli che quasi nessun sito paga chi scrive e che fuori dalla porta ne hanno mille che farebbero il suo lavoro gratis. Fare il galoppino di un galoppino sarà comunque sempre meglio che lavorare al numero zero di Hidegkuti che, parole di Vincenzo, “Spaccherà il culo a Undici”. Il suo modello e rivale è quindi De Bellis, ogni volta che lo vede ospite a Sky gli vanno di traverso i torcinelli (anche se ufficialmente sarebbe vegano, nella prospettiva del trasferimento a San Francisco).

L’Italia è in effetti piena di persone desiderose di leggere le 143mila battute di Ridge Bettazzi in cui il talento di Pinarella si immagina Claude Puel che dopo tanti anni si incontra con Marco Simone a Monte Carlo, davanti al Pantone Café, e dopo avere duramente criticato il degrado del Principato (a Puel viene fatto dire un “Piuttosto che tornare qui vivrei a Foggia”, che di sicuro Vincenzo casserà per non giocarsi i big spender pugliesi) si imbarcano in una discussione su chi sia stato il più grande allenatore della storia del calcio a non avere mai lavorato in Francia. Escluse quindi leggende come Garcia (Pierre, non il sopravvalutato Rudi) e Fernandez (Jean, non il sopravvalutato Luis). Dopo quattro ore nessun nome li mette d’accordo. A quel punto (dell’articolo, scritto alla Buffa con citazioni anche di partite di Division III di college) arriva Stephanie di Monaco fischiettando Ouragan, che dopo avere capito il problema si mette a ridere: “Proprio voi, che siete uomini di calcio, non riuscite a trovare la risposta a un quesito così facile? Mia madre Grace non avrebbe avuto dubbi: Tom Rosati. Nel 1973-74 non si perse una partita del suo Pescara. E pensate che mio fratello Alberto conserva come una reliquia l’autografo di Corrado Serato”. Chiusura con citazione di Senad Gutierrez, come al solito tratta (cioè rubata) da una sua intervista al quotidiano spagnolo antifranchista (e anche per il No al referendum del 4 dicembre, come da virulento editoriale di ieri dall’accattivante titolo di ‘Italia, la democracia en peligro sin un sistema de contrapesos’) Explotadores y Explotados: “Marco Simone al Monaco si batteva per gli ultimi, per i dimenticati del mondo. Quando cambiava colore delle scarpe fra il primo e il secondo tempo il popolo sognava e Monte Carlo sembrava una piccola Rosario”. Salvatore da Locri aveva promesso un pezzo sul mock draft NBA del 2028, prendendo in rassegna i migliori prospetti della classe 2009, ma purtroppo non può essere concentrato perché deve accompagnare nonna Agatuzza a Milano dal professor Castellazzi Debord: si è aperto un buco e il luminare dell’ortopedia la potrà ricevere la settimana prossima.

A casa Budrieri tutto bene: la gloria dell’ATM ha deciso che la prossima settimana andrà a Gorino, per controllare le condizioni del trilocale e metterlo in vendita anche a meno dei 30mila euro che ormai vale. Metà del ricavato sarà dedicata a operazioni sul Forex, nelle sue intenzioni, mentre l’altra metà… be’, il sogno di ritrovare la zingara c’è ancora. Adesso potrebbe abitare in zone tipo corso Vercelli, comprando in vestiti da Gemelli o da Dev, facendo la spesa al mercato di piazza Wagner pagando 20 euro al grammo tartufi che una volta avrebbe rubato anche se fossero costati 20 centesimi. L’Erminia ha fatto pace con il podologo senegalese, il quale le spiegato che la signora Minghetti ha molta classe ma che lui per deontologia professionale (ma anche, concretamente, per non incorrere in un sanzioni da parte dei probiviri dell’Ordine senegalese dei podologi) non vuole mai incontrare i suoi pazienti fuori dal lavoro. Guardando Deejay chiama Italia D.J. John ha scoperto che Linus ha saltato una settimana di via Massena, per andare a New York: l’entertainer tarantino poteva aspettarselo, ma non legge nemmeno la Gazzetta e quindi non poteva sapere della maratona di domenica. Per la rabbia ha fatto a pezzi l’ultimo numero di Gente, quello con in copertina la Parodi e le figlie, che Budrieri non aveva ancora sfogliato, urlando frasi del tipo “Che paese di merda, i Linus in vacanza mentre gli Albertino sono sempre in miniera. Poi ci si sorprende che la produttività degli ultimi vent’anni in Italia sia cresciuta al tasso medio dell 0,3%, contro l’1,6 europeo”. Siccome Budrieri al suo Gente ci teneva, è seguito un duro confronto fra i due uomini, al termine del quale Budrieri è andato al bar anche a pranzare. Tanto l’Erminia era fuori con un’amica e Marilena al centro Tuina, dove è passata di grado: adesso si occupa di un imprecisato ‘percorso’, su cui Budrieri non ha chiesto particolari. È contento però di avere una figlia in carriera, finalmente la vede soddisfatta e realizzata. Il family banker intanto ha lasciato Mediolanum, perché, a suo dire, non si ritrovava più nella ‘vision’ di Doris, e ha deciso di diventare business angel.

Mentre Lifen nemmeno più giustifica l’assenza di scontrini ai dipendenti della Tuboplast, che ultimamente in azienda stanno notando strane situazioni (Cogodi ha dato 10 euro a un dodicenne marocchino, per fargli rigare tutte le auto dei dipendenti parcheggiate lì davanti) e intendono chiedere un incontro chiarificatore a Tosoni, al momento a Londra per lavoro insieme a Mariella, Budrieri leggendo la Gazzetta si accorge che oggi è il 4 novembre e va con la memoria al suo servizio di leva, svolto a Pordenone, dove in 15 mesi non ebbe un solo giorno di licenza (un sergente napoletano lo aveva preso in antipatia perché il giovane Budrieri sosteneva che Juliano fosse sopravvalutato) e non ricevette una sola lettera dalla fidanzata Erminia: oggi pagherebbe per ricevere sulla testa quei bei gavettoni di piscia e con il filtro della nostalgia quella Pordenone di inizi anni Settanta gli sembra Las Vegas. 45 anni dopo è costretto ad ascoltare l’analisi di Southampton-Inter fatta dal Gianni, con gli altri ebeti ad annuire, manco stesse parlando Sconcerti. Senza un allenatore la plebe, ma anche il giornalista medio, non sa con chi prendersela al di là degli scontati Ranocchia e Nagatomo. Le orecchie di Budrieri devono ascoltare frasi come “Nel primo tempo si è vista un’Inter più quadrata”, ma quando è troppo è troppo. E al secondo “Io al Vecchi darei fiducia per il resto della stagione” getta via dal bancone Sammontana la Gazzetta che titola ‘Inter – Ne prende due – Ne vede quattro’. Lui che ha visto addetti stampa come Thomas Villa e Paolo Viganò non può mettersi a litigare con gente convinta che l’Inter l’abbia inventata Faulkner: “Non so che partita abbiate visto, ma vi informo che l’Inter di ieri sera era in pratica la stessa che De Boer ha messo in campo con il Bologna, quando dopo mezz’ora ha tolto Kondogbia per mettere Gnoukouri: se poi il 4-2-3-1 lo chiamate 4-4-1-1 per far sembrare la squadra più quadrata, come dite voi popolo bue, allora il mio è fiato sprecato. Di Vecchi non vorrei nemmeno parlare, mi sembra una brava persona ma non è che abbia trasmesso alla squadra chissà che cosa.  Poi se a 45 anni al massimo ha allenato sei mesi in B, venendo anche esonerato, non mi sembra che abbiamo di fronte un genio del calcio. Comunque è sicuro che non è da Inter”.

NonèdaInter (Copertina eBook)‘Non è da Inter – Alla periferia della vita’ contiene le puntate pubblicate fino al giugno 2015 ed è disponibile per Kindle di AmazoniPad-iPhone-Mac , ma anche per tutti i gli altri tipi di eReader attraverso la piattaforma di Bookrepublic. Prodotto da Indiscreto, ma giusto perché non lo abbiamo voluto dare a Mondadori e Feltrinelli, costa 4,99 euro. Il cialtronismo della cifra non è nostro, in periferia sappiamo benissimo che si tratta di 5 euro, ma dei poteri forti dell’e-commerce che pretendono che un prezzo termini in questo modo. 

Avvertenza per i nuovi lettori: Non è da Inter trae ispirazione dalla realtà, ma non è la realtà. Chi lo ritiene volgare o si ritiene offeso può semplicemente non leggerlo. 

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