Se parte Donnarumma è colpa di Berlusconi

15 Novembre 2016 di Stefano Olivari

Quando i media a reti unificate scrivono una cosa, tipo che Donnarumma sarà il dopo Buffon alla Juventus, non è perché per forza questa cosa sia vera ma perché chi ha dato l’input (in qualche caso, altri hanno copiato da chi ha avuto l’input e altri ancora ci sono arrivati con la logica), quindi non certo un Mino Raiola consapevole che il tempo lavora per lui, desiderava vedere l’effetto che avrebbe fatto la notizia. I tifosi del Milan sono da qualche mese disorientati, mentre i suoi ultras ormai da anni non rispondono più a logiche calcistiche: in altre parole, non ci sono gruppi con i forconi sotto Villa San Martino o nella angosciante piazza davanti a Casa Milan, a chiedere di tenere i migliori come accadde in altri tempi e luoghi con Kakà. Traduzione: il Milan cederà già a gennaio alcuni pezzi pregiati, ma fra questi non ci dovrebbe essere Donnarumma anche se un bene informato (non siamo noi, quindi…. del resto non scriviamo quasi più di calcio) ci assicura che tutto sia già molto più avanti della già ‘avanti’ parole di Marotta.

Questo Galliani a fine corsa, con la poltrona della Lega già pronta e il quadro politico sistemato (Agnelli che adesso è pro-Tavecchio, cioè una delle più geniali operazioni dell’amministratore delegato del Milan, anche per l’incredibile favore fattogli con la Christillin), può tranquillamente mettere la faccia su una o più operazioni che sono salva Fininvest, più che salva Milan: il sogno impossibile è tirare fuori 50 milioni di euro maledetti e subito da Bacca e De Sciglio, forse la realtà imporrà anche una terza cessione. E veniamo al closing, in un momento in cui molti personaggi importanti del mondo del calcio (l’ultimo è Lippi) quasi apertamente sfottono Berlusconi e mettono in dubbio la definizione dell’operazione. Gli accordi con la Sino Europe, la società veicolo di investitori che appaiono e scompaiono, prevedono che avvenga entro la fine del 2016: la data ideale, se la Sino Europe fosse una cosa vera, sarebbe quella della seconda convocazione dell’assemblea dei soci del Milan, il 13 dicembre.

A questo punto Berlusconi si è infilato in un vicolo cieco: si è impegnato a vendere il Milan e tutti i comportamenti, anche privati, delle persone a lui vicine lo dimostrano, ma chi lo deve comprare non ha ancora un assetto definito e quindi potrebbe esserci un periodo di transizione più lungo del previsto, durante cui pur cambiando di mano il pacchetto azionario nessuno metterà soldi veri nel Milan e la gestione corrente dovrà autofinanziarsi. Questa quindi la nostra scommessa: closing effettuato in qualche modo nei tempi previsti a metà dicembre, breve transizione di Galliani, cessioni di De Sciglio (Juve o altro) e Bacca (Premier League), Donnarumma esposto sul mercato internazionale e poi pieni poteri a Fassone, con l’impegno ad investire nel Milan 350 milioni in 3 anni destinato ad essere congelato, ridimensionato o annullato. Un’operazione che anche senza fare ipotesi estreme, tipo i lampeggianti della Guardia di Finanza in direzione Arcore, Berlusconi ha condotto malissimo per il Milan ma bene per sé stesso e la Fininvest, al momento. Il mondo è pieno di gente vera interessata al Milan, anche se forse non alle strategie personali di Berlusconi, quindi l’eventuale cialtronaggine dei cinesi sarebbe da imputare a Berlusconi così come i tre assurdi anni di Thohir andrebbero messi in conto a Moratti. Poi l’editoriale standard sarà su Raiola avido e sull’ingenuo Donnarumma (strepitoso Mihajlovic che al Corriere della Sera ha spiegato come il presidente volesse in campo Diego Lopez) deportato a Torino fra le lacrime, anche perché il giornalismo sportivo non si è ancora liberato del mito di Berlusconi e in generale di quello del carismatico patron che vede e provvede.

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