Napoli 2019, pensare in piccolo

30 Novembre 2016 di Stefano Olivari

La sola candidatura dei Giochi Olimpici di Roma 2024, con quasi nessuna possibilità di successo anche nel caso fosse stata portata avanti, aveva scatenato il solito derby fra i tifosi dei grandi eventi e quelli dell’immobilismo, senza una reale valutazione dei benefici o dei danni per l’Italia nel lungo periodo (nella testa degli stranieri che dovremmo attirare l’Italia è quella idealizzata del 1960 e il merito non può essere soltanto di Fellini). Se ne è comunque parlato, con opinioni diverse. Per questo colpisce che soltanto nelle brevi si stia trattando una manifestazione che non è un’ipotesi ma purtroppo una certezza: Napoli 2019. L’occasione è delle più insulse, visto che c’è chi considera con sempre meno significato anche i Giochi Olimpici: si tratta delle Universiadi, la cui sede era rimasta vacante dopo il ritiro di Brasilia e dove gli altri candidati erano la bellezza di… zero. Così il 5 marzo scorso alla FISU si è presentata Napoli, che 60 anni dopo Torino 1959 porterà per la quinta volta in Italia questi Giochi che purtroppo non interessano a nessuno e sono ridicoli già nei criteri di selezione.

Non è un affare locale, perché il governo ha effettuato un primo stanziamento di 270 milioni di euro per il recupero di vari impianti dedicati alle gare. Quelli da mettere a posto per dare una giustificazione sociale all’Universiade sono però molti di più e quindi i conti potrebbero, usiamo il condizionale, decollare a livelli davvero da mini-Olimpiade. La situazione sta scappando di mano, al punto che nella recente riunione di giunta CONI a Castel dell’Ovo la proposta più sensata è arrivata da Malagò: via la pista di atletica dal San Paolo e gare al Collana, con il Napoli e la città (lo stadio è del Comune) che avrebbero potuto beneficiare di uno stadio calcistico più moderno ma messo a posto con soldi pubblici come sono questi delle Universiadi. Incredibilmente il Comune ha detto no, rimandando a dopo il 2019 il progetto di ristrutturazione del San Paolo, così allo stato attuale le gare di atletica saranno a Fuorigrotta…

Ma il punto è un altro: l’anno scorso nell’edizione di Gwangju, Corea del Sud, gli atleti presenti sono stati circa 13.000. Quasi 2.000 più di quelli in gara quest’anno a Rio nei Giochi veri. La logistica dovrà quindi essere quasi quella dei Giochi Olimpici, con relativi costi, mentre gli incassi in sostanza non esistono: si stima di vendere in totale 600.000 biglietti, cioè l’equivalente di 8-9 esauriti del San Paolo ma non certo a prezzi da Champions League. Insomma, un disastro finanziario annunciato che non ha creato un dibattito nemmeno minimo. Conclusione? È sempre meglio pensare ed eventualmente rubare (perché l’argomentazione principe di molti ‘anti’ eventi, non certo la nostra, è questa) un po’ più in piccolo, nessuno ti darà fastidio. Al massimo finisci su Striscia la Notizia.

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