Meno di Zerini

28 Novembre 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla strada londinese dei governi per parlare con il gatto Larry, un bullo di soriano che ci ha spiegato come si domano i rabbiosi della terra, dello sport, del cortile sotto casa. Ci ha detto, rubando la citazione ad un tedesco, che colui che sorride quando le cose vanno male ha già trovato qualcuno a cui dare la colpa. Vi dice niente? A Varese, Cantù, Sassari, Pesaro, dove se la sono presa anche con Petrucci, eh un po’ se la tira il Pres che cerca il maggior consenso lasciando mano libera ai boiardi bugiardi e infingardi, hanno scelto questa tattica. Attenti all’olio per terra e date ascolto a Leo Longanesi, ma non ditelo a chi vi comanda oggi in società, in Lega, nel sistema pizza e mandolino come ha detto giustamente Datome: I ricordi sono come i sogni: si interpretano.

Ora ci dovrebbero spiegare perché squadre costruite con pochi talleri, senza italiani decenti, vanno a svenarsi nelle coppe dove tutto si sfascia perché i mercenari, accade da sempre, s’imboscano dove c’è più rumore e si mangia il veleno, sbattendosene della storia, della squadra, dei compagni, figurarsi dell’allenatore. Ora Pasquini avrà scoperto (ma lo sapeva di sicuro) a Sassari che un conto è avere i giocatori dalla propria parte quando sei manager, sei l’uomo che procura un lavoro ed un contratto, un altro è averli solidali nel momento della fatica, quando serve quello che sarebbe stato utile a Sacchetti: lealtà e voglia di sacrificarsi per gli altri.

Nel nuovo sito della Lega, bufale a colazione, dovrebbero obbligare le società a far firmare contratti, quelli di cui ci negano l’entità perché amano il brivido e poi si lamentano del nero, dove sopra deve essere chiaro il verso di una grande poetessa polacca di Cracovia: Ascolta come mi batte forte il tuo cuore. Se non c’è questo, se non arriveremo a questo, avremo tante piccole geishe che non incantano. Bravi per una partita, pessimi per il resto della stagione. La presunzione è la miglior corazza che un uomo possa portare. Nelle città cestistiche di questa crisi lo si vede benissimo e fa paura pensare a cosa succederà sabato sera a Varese quando arriverà l’Ottobre in Rosso della Cantù che ha appena salutato con vera commozione Maria Carugati la vedova del sciur Aldo, la madre di Roberto Allievi, ricordando che nel Cantuchi sapevano fare grande basket. Vi lasciamo immaginare quale sarà l’atmosfera domenica a Brindisi quando arriverà la Dinamo Sassari che ha perso troppe volate per pensare che tutto sia casuale e legato alla fortuna. Sacchetti contro la sua storia più bella, la Sassari che, come i suoi giannizzeri ingaggiati da Marino, è fra color che son sospesi fra i prati verdi dei play off, della coppa Italia da giocare a Rimini e la similcrisi.

Intanto l’Emporio Armani che tossisce nella fornace dell’Eurolega è l’unica a godersela davvero in questo baccanale dove Brescia ha preso a calci il gufodromo e smascherato le debolezze di una Reggio Emilia dove la fatica per esistere contro un sistema che boicotta, che ha castrato la società dove il giocatore italiano ha posto e possibilità di evolversi, rende tutto più complicato. Bello, ma difficile. A proposito vedere in panchina a Brescia, di fianco a Diana, il Magro che era a Siena dovrebbe far riflettere su certe scuole di pensiero e di basket. Dicevamo dell’Olimpia di Repesa, dell’Emporio Armani che sembra il parto dispettoso del prossimo referendum: sì, è una bella squadra, senza rivali in Italia e il record d’imbattibilità, stile vecchio Simmenthal, si può raggiungere vista la concorrenza; no, non è forte abbastanza per reggere l’urto di una Eurolega che presenta il conto della fatica a tutti, che ti castiga appena sbagli qualcosa. Come dice Gelsomino il temporeggiatore, i conti veri si faranno in primavera. Niente da dire. Chi ha visto la partita contro Pistoia, spazzata via in un attimo, senza i matamoros in quintetto all’inizio, si è sicuramente convinto che contro il Fenerbahce e, prima ancora, contro il Bamberg, sono state buttate via occasioni che avrebbero lasciato davvero lo spazio al laboratorio tecnico per preparare con calma la fase dove farà più caldo e si daranno i veri compensi. Niente è compromesso: certo un dicembre così pesante risponderà subito al quesito che agita le notti dei veri appassionati, ma anche dei finti protettori del sacro progetto. I primi perché amano a prescindere, i secondi perché ci campano sopra.

Prima delle pagelle uno sguardo dal ponte sull’inchiesta della Sapienza e di Italia Oggi per capire dove si vive meglio nelle città italiane. Abbiamo scoperto che dove c’è basket se la godono: Mantova ha scavalcato di poco Trento in testa alla classifica mentre dove il basket fallisce o non c’è ed impera il grande calcio di serie A stanno messi male: 108esima Napoli, ultima Crotone. Fra le metropoli resiste a metà classifica Torino (70esima) lontana dalla Milano scesa al 56esimo posto dal 46esimo, ma davanti come tenore di vita (23-48) alla città che non voleva essere soltanto Expo e via Padova. Stupirà qualcuno che Siena, derubata di troppe cose in questi ultimi anni, sia salita dall’11esimo al quinto posto, davanti a Parma che non ha più grande sport, né pallavolo dove imperava Montali, né basket dove insegnava Michelini, né calcio dove hanno appena fatto fuori il guru Scala e cacciato i suoi allievi Apolloni e Minotti. Le pagelle dopo 9 giornate dove Milano ha soltanto scherzato.

10 A ZERINI o soldato innamorato perché dove va fa sempre bene, magari non tutti ne parlano bene, ma averne di leoni così: Brindisi ha fatto male a lasciarlo, Avellino ha fatto benissimo a prenderselo. Caro Messina tieni conto anche di chi aiuta e non si specchia soltanto.

9 A Luca VITALI il perfido perché appena ci si pavoneggia in una birreria dicendo che tipi come lui, dei Cyrano ispirati, come Teodosic, un genio che nella sregolatezza fa cose immense e catastrofiche, li lasciamo volentieri a chi crede nel sublime più che nel concreto, ecco che la strana e benedetta coppia fa due partitone come quella che ha permesso a Brescia di fermare Reggio e al CSKA di seppellire Vitoria.

8 A VENEZIA per aver salvato una partita che Caserta sembrava aver preso in mano. Non eravamo sicuri che De Raffaele si sarebbe rialzato, anche perché se Ress e Viggiano fanno sempre così poco, se i veterani non aiutano è difficile remare in qualsiasi laguna. Bravo lui e al rogo i soliti noti che vorrebbero una testa di allenatore da tagliare alla settimana per non far credere a quelli del calcio che sono sempre loro i peggiori come cultura sportiva.

7 Alla MACCHI che il Velluzzi in rosa ci ha presentato sotto la giusta luce, una veterana con passione intatta, per come si sta preparando a lasciare l’eredità alla matamoros Cecilia Zandalesini di Broni che, fortunatamente, davanti a tanti inchini resta fedele all’idea che il grande giocatore migliora in palestra, non ascoltando le sirene e gli orchi del sistema.

6 A CAPO d’ORLANDO come squadra, come società, come posto dove vivere, perché come hanno raccontato i viaggiatori rimasti in città per giocare, per andare a pescare, si può dire che dove la passione è anche competenza allora non importa quanto è grande il borgo, ma soltanto quanto è lontano l’orizzonte della mediocrità.

5 A FLACCADORI perché ci eravamo illusi che un talento come il suo sarebbe maturato in tutte le fasi del gioco. Trento ha vinto a Pesaro nella giornata speciale di Craft, ma si era fatta rimontare quando il bel giovane tiratore era infilzato dal Ceron che poi sarebbe diventato alla fine mucca di Bosnia. Non esiste la gloria del cannoniere se poi in difesa sei un colabrodo.

4 A Simone FONTECCHIO
se darà ascolto a quelli che gli ripetono dal primo giorno di aver sbagliato scelta accettando di imparare davvero a vivere il grande basket in una società importante rischiando spesso di stare a sedere o addirittura fuori. Sapendo da che lombi è nato, un grande ostacolista, una grande giocatrice, non avevamo dubbi, ma certo se ti martellano gli invidiosi puoi anche cedere. Per fortuna arrivano partite come quella contro Pistoia.

3 A Gigi DATOME non tanto per il periodo oscuro che sta passando, vittima preferita di Obradovic quando deve prendersela con una squadra che al momento risponde meno bene del previsto, anche se fortissima e non perché ha più soldi caro Repesa, ma per aver nascosto quello che sua zia Daniela Toti ha svelato in bel libro sulla famiglia che ha origini venete a Venegazzù, esperienze nel vecchio impero africano, storie legate alla Sardegna, una multietnicità che spiega bene la sensibilità di questo giocatore che ha smarrito la cosa più importante: soffre invece di cercare la gioia.

2 A Danilo GALLINARI, che dovrebbe passare in qualche santuario per farsi chiarire come deve comportarsi con la divinità e il talento, perché appena Messina si augura di avere una squadra sana e al completo lui torna a farsi male. Ora nessuno è indispensabile, ma lui serve alla causa e ai Petrucci sognanti.

1 A proposito di PETRUCCI che certo non meritava i fischi di Pesaro, dove è andato ad omaggiare Scavolini, nella speranza che è anche del vero mondo basket di risvegliare nel vecchio leone la passione come fa Alceo con i suoi piatti in riva al mare, ci dispiacerebbe scoprire che per avere il più largo consenso, ma chissenestrafottte se qualcuno vota contro, quella è gente che bocciò persino Porelli e ha ostacolato Rubini in ogni modo, lascerà passare le nefandezze dei ras locali, raccoglitori di voti, gente da gomme e pennini in tasca che si veste da agnello avendo l’animo del lupo. Da tanto tempo.

0 A CANTU’ e VARESE, intese come società di basket, perché farà male a tutti vederle duellare sul precipizio della retrocessione sabato prossimo in un derby del male oscuro. Mettendoci anche Pesaro adagiata sullo stesso letto di spine pensate a quanti scudetti e coppe sono incatenati in fondo alla classifica di un basket italiano che, come dice Datome, è davvero pizza con mandolino, cieco, sordo, ma purtroppo non muto, neppure quando basterebbe sedersi a guardare.

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