Before the flood, il Di Caprio sostenibile

5 Novembre 2016 di Paolo Morati

Before the flood

“Ho visto una città come Pechino soffocata dall’inquinamento, antiche foreste boreali in Canada completamente distrutte e foreste pluviali in Indonesia ridotte in cenere, in India ho visto raccolti sommersi da un’inondazione e in America il livello del mare innalzarsi fino a invadere le strade di Miami. In Groenlandia e in Artide gli antichi ghiacciai stanno rapidamente scomparendo, ben prima rispetto alle previsioni scientifiche”. Con queste poche parole Leonardo Di Caprio, attore e ambasciatore dell’ONU contro i cambiamenti climatici, riassumeva di fronte a una platea di potenti quanto verrà poi mostrato nel suo documentario Before the flood, frutto di un viaggio condotto in lungo e in largo per il globo per documentare quanto sta accadendo al nostro pianeta. Un viaggio che parte e si conclude mostrando il prima, il mezzo e il dopo de Il Giardino delle delizie di Hieronymus Bosch, noto trittico appeso nella sua camera di bambino illustrando i comportamenti umani fino alle più devastanti conseguenze.

Visibile gratuitamente sul canale YouTube del National Geographic fino al 6 novembre e diretto da Fisher Stevens, Before the flood, in italiano presentato anche con il pre titolo Punto di non ritorno, vuole dunque lanciare l’allarme sul riscaldamento globale e lo fa con toni e fotografia (splendida, di Antonio Rossi) che non lasciano nulla all’immaginazione denunciando quanto sta avvenendo mentre noi stiamo a dibattere del nostro vicino quotidiano, e mettendo nel mirino quelle lobby individuate dal suo autore come interessate a non cambiare lo status quo ma anche rivelando quanto in questo momento è stato messo in campo anche in luoghi insospettabili per cercare di invertire le tendenze distruttive affidandosi a fonti alternative. Il documentario ha l’aspetto di un vero e proprio lungometraggio destinato alle sale cinematografiche, talmente ben fatto che talvolta sembra di assistere a un film catastrofico (impressionanti le immagini delle cave canadesi per la produzione di sabbie bituminose o lo sterminio delle foreste a favore delle coltivazioni di olio di palma), mentre Di Caprio si trova a inseguire quella che lui stesso definisce un’ossessione: l’interesse per l’ambiente.

Before the floodEcco che in Before the flood emerge la sua visione, tra un incontro con Barack Obama e Papa Francesco, i volti di John Kerry e Al Gore, ma anche con personaggi meno noti all’Occidente, e che raccontano realtà a noi lontane. “È facile venire a dire ai paesi poveri che dovrebbero passare al solare oppure perché dovete commettere i nostri stessi errori. È un ritornello ripetuto dagli ingegneri americani e ogni volta penso, se fosse facile come dite voi l’avreste già fatto ma non è così. Quindi predicate bene e razzolate male… I vostri consumi eccessivi finiranno per distruggere il pianeta. Sono convinta che la questione dello stile di vita e dei consumi debba essere messa al centro del dibattito sul clima”, dice ad esempio Sunita Narain, del Centro per la scienza e l’ambiente di Dehli, elencando dati che accusano in primo luogo gli Stati Uniti di un disastro futuro, dalle costruzioni sempre più esigenti.

A tutto questo si allaccia anche quanto dichiara l’economista Greg Mankiw: “Far emergere un sentimento di responsabilità sociale è estremamente difficile perché le persone hanno i loro problemi e non vogliono pensare ai cambiamenti climatici ogni singola volta che compiono una scelta. Non possono sentirsi responsabili ogni volta che avviano il motore della loro auto. Con la carbon tax indurremo la gente a fare la cosa giusta…”. Il riferimento è all’ecotassa per i comportamenti non virtuosi in termini di emissioni nocive, ostacolata in alcuni Paesi e introdotta in altri, seppure con diversi approcci. Ma è la prima parte della dichiarazione di Mankiw che ci interessa di più, perché alla fine è anche quella attorno alla quale ruota tutto il problema. Chi nel suo piccolo, in una società fondata sul consumismo che necessita di sempre più energia per poterlo supportare, è disposto a rinunciare a che cosa per il bene comune? Al di là della situazione economica attuale che volenti o nolenti sta imponendo abitudini diverse, è una domanda che non riguarda solo il riscaldamento globale, con la barriera corallina in disfacimento, isole sommerse in Oceania, o la Groenlandia che si scioglie come un ghiacciolo al sole d’agosto… E mentre è appena entrato in vigore l’accordo parigino sul clima Cop21 con il superamento della soglia delle 55 ratifiche su 195 firmatari, ci viene da pensare che la strada da percorrere sia comunque ancora lunga ma debba essere nel contempo necessariamente breve. “Noi rappresentiamo l’ultima speranza della Terra. È nostro dovere proteggerla, o per noi e per tutte le forme di vita che amiamo, è la fine”, conclude in tal senso Di Caprio. Prima dell’inondazione.

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