Il testamento italiano di De Boer

25 Ottobre 2016 di Indiscreto

Si può esonerare un allenatore contro il parere dell’azionista di maggioranza della società? A noi una cosa del genere sembra impossibile, ma è proprio ciò che starebbe per avvenire all’Inter, dove tutti dicono che l’avventura di Frank De Boer sia finita e dove nessuno sembra però avere l’autorità, non diciamo l’autorevolezza, per prendere una decisione. Bolingbroke sulla rampa di lancio, Thohir preoccupato solo della sua plusvalenza (ma questo dall’ottobre 2013) e in difficoltà in altri settori, Zanetti senza il minimo spessore al di fuori della fascia destra (non è che una giacca ti trasformi in dirigente), Ausilio in pochi mesi passato dal piccolo cabotaggio alla gestione dei soldi veri con risultati discutibili, Moratti che si sta fregando le mani pregustando una quarta età da intervistato sotto la Saras ma senza più rimetterci soldi.

Un amico ci ha segnalato ieri sera l’allenatore olandese a cena al ristorante Stravagario, zona Isola a Milano, in compagnia delle figlie: cortesia anche con i troppi che gli hanno chiesto ‘Adesso cosa succede?’ (è lui il primo a non saperlo), tranquillità davanti al suo risotto con ossobuco e alla amabile conversazione delle ragazze. Un altro amico di Indiscreto (ma soprattutto di De Boer) fra le cose avvenute ieri ce ne ha segnalata una anche più interessante delle portate scelte da De Boer, e cioè un discorsetto riguardante ciò che lui pensa vada fatto per l’Inter che, va ricordato, si è trovato costruita da altri e in pratica non allenata. Una posizione che lui ha esposto ai pochi dirigenti riconoscibili (tre di quelli prima citati, mentre non sappiamo se abbia incontrato anche Steven Zhang che comunque è a Milano e parla inglese come De Boer) e di sicuro a quello che gli comunicherà l’eventuale esonero. In breve: De Boer è straconvinto che tutto debba partire da una italianizzazione fortissima della squadra, quasi una rivoluzione, in particolare per ciò che riguarda la difesa: secondo lui persone che non si parlano, al di là di quelle venti parole di calcio, non possono muoversi insieme e non possono insieme costruire niente. Fra l’altro negli anni scorsi aveva subìto controvoglia (onestamente lo ignoravamo) questa deriva esterofila all’Ajax, che in ogni caso mantiene anche in questa stagione una forte identità olandese.

Una tesi così banale da essere eversiva, nel calcio fatto dagli agenti (fra i quali il Joorabchian che ha timbrato il suo arrivo in nerazzurro, oltre ad essere stato il regista delle operazioni Joao Mario e Gabigol), dalle multiproprietà, dalle operazioni estero su estero, da persone che parlano mille lingue diverse e da giornalisti che esaltano il multiculturalismo delle figurine. Poco fa ad Appiano Gentile l’allenatore ha ripetuto le solite cose da conferenza stampa (la condizione fisica è buona, la dirigenza è con me, i giocatori mi seguono, eccetera) ma in privato è nei giorni scorsi stato molto più duro e preciso. Joorabchian lo ha convinto che lo Zhang vero lo esonererà soltanto nel caso continui a perdere, e perdere male, e al di là del fatalismo di facciata De Boer pensa di avere ancora un futuro all’Inter. Di certo se in qualche modo dovesse riuscire ad arrivare a gennaio, ipotesi adesso come adesso quasi temeraria, si vedrebbe un’Inter molto diversa. In ogni caso il presentabile Leonardo, che sarebbe un ulteriore passo verso la rimorattizzazione, o uno dei vari bolliti di cui abbiamo tutti scritto dovrebbero farsi le domande che si è fatto De Boer e non certo perché sabato ha fatto gol Locatelli. È fin troppo chiaro che un minuto dopo l’esonero De Boer diventerà da Inter, anzi forse lo è già diventato.

Share this article