Buffon e lo scopone televisivo

17 Ottobre 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni da San Diego dove aspettano con ansia il ritorno da Celle dell’amico Giorgio Reineri che tiene nel bagno la pergamena attestante la fine del suo praticantato giornalistico e l’ingresso nel professionismo. Un po’ come certo basket snobistico che non si volta indietro. Ci siamo andati per aiutare l’esperto d’arte dell’Union Tribune californiano a suggerire un posto adatto per sistemare la statua che hanno deciso di fare in gloria di Bill Walton, il grande rosso, campione NBA per Portland e Boston, super asso per UCLA. Almeno i californiano ci starebbero ad ascoltare, cosa che non avviene molto spesso da queste parti dove si gioca il grande scopone televisivo per aiutare il magnifico Piergiorgio Odifreddi a vendere più copie del ‘Dizionario della stupidità’ che la Rizzoli ha messo in vendita a 18 euro. Meno di uno psicanalista, meno di qualsiasi dirigente ingaggiato per risolvere il problema dello spariglio nel complicato gioco dei palinsesti televisivi. Vero che due cose sono infinite, l’universo e la stupidità umana, come diceva Einstein, come dimostrano certi interventi ruffiani su quello che scriviamo, o non scriviamo per Indiscreto e gli altri del nostro piccolo mondo antico, ma questo mettere una sull’altra dirette televisive sa tanto di masochismo.

Ultimo esempio? Questo fine settimana. La Rai gioca pesante: al sabato lancia la trasmissione veltroniana Dieci cose e fra i primi invitati c’è Gianluigi Buffon, portierone. Alla stessa ora, però, vedi il numero uno della Juventus impegnato in una semi papera che porta in vantaggio l’Udinese. Per la domenica solito panino rancido alle 20.45, difficile da mangiare soprattutto per chi vive a Milano perché alla stessa ora della diretta basket Milano-Varese quei perfidoni di SKY piazzano Chievo-Milan. Sarà sempre così, sempre più spesso. Ma perché stupirsi, in questo mondo è importante non avere l’aria di ciò che si è. Cosa volete aspettarvi da una Lega che non accetta critiche sulle icone del “nuovo sito”, una organizzazione dove si alza uno e vorrebbe licenziare tutti, gente che lavora da anni per le società, non soltanto gli ultimi arrivati? Cosa pensare di questi dirigenti “illuminati” a gas, accarezzati da chi non resiste se deve leccare un piede o scodinzolare per ossa già smangiucchiate, che pagano un allenatore di serie A 70 mila euro, che aumentano il mansionario del tecnico di una giovanile appena portata al titolo e come premio gli dimezzano lo stipendio?

Ogni maledetto giorno dopo un turno di campionato leggi l’elenco degli italiani che hanno fatto bene, che meriterebbero di giocare più di qualche comparsa straniera. Un canto mai libero dove abbiamo dovuto persino ascoltare chi raccontava a bambini senza memoria che in Italia, un tempo, si giocava il miglior basket del mondo. Neanche il venditore di elisir era arrivato a tanto. Certo abbiamo avuto un’età dell’oro, grandi società, eccellenti allenatori, ottimi giocatori, come la grande Jugoslavia, l’eccellente Spagna, per un certo periodo una discreta Francia e persino il Belgio, una super Unione Sovietica, una indimenticata scuola cecoslovacca, la Grecia dei grandi eroi, ma non c’è affinità con quelli che comandano, insomma fingono di farlo nel nome del basket nazionale pensando sempre alla loro bottega, in Italia, oggi. Il pesce puzza dalla testa. Dallo scopone televisivo, a questi geniali contratti per avere il meglio puntando sulla disperazione di chi era arrivato in alto e, pur di lavorare ancora, accetta uno stipendio inferiore a moltissimi giocatori, non soltanto delle squadre più importanti.

In questo basket pieno di scienziaggini, come direbbe Odifreddi, c’è una regola sicura: la legge è uguale per tutti. Basta essere raccomandati. In questo caso meglio se hai dietro un gruppo forte che evita qualsiasi critica con il capestro pubblicitario, la conoscenza che potrebbe casomai agevolare o fermare una modesta carriera. Ne abbiamo visti tanti in passato. Adesso è tutta gente che ha letto Eraclito: se non ti aspetti l’imprevisto non lo incontrerai. Tutti seduti e braccia in seconda. C’è qualche dirigentino che si è sentito dire il peggio, ma non ha fatto una piega.

Ci avevano tormentato perché, presentando il campionato sul Giornale, sembrava logico dire che la stagione italiana sarebbe servita all’Emporio Armani per preparare il più difficile cimento nell’eurolega che è la “grande bellezza” del basket in questo Continente, pazienza se la FIBA rosica e chi le ha dato ascolto, ubbidiente per il bene superiore della Roma olimpica, che non avremo per cecità e quel pizzico di vigliaccheria utile come l’angostura nelle bevande da “ore felici”. Chi ha sentito di dover ascoltare la voce del padrone mondiale adesso magari si pente un po’. Dunque il campionato: terza giornata una sola squadra al comando, ha la maglia dell’Emporio Armani, meno bella di quella che usa per l’eurolega. Abbiamo anche letto che Reggio Emilia, fermata nella sua ricerca di sviluppo, di mondi nuovi, ha fatto male a rinunciare all’elemosina FIBA risentita per il veto alla partecipazione nella seconda competizione dell’ULEB. Questa è bella davvero. A Varese dove qualcosa hanno vinto, dove hanno visto grande basket davvero, gli abbonati per la presunta Champions fibaiola sono 786. Certo colpa della Varese come squadra che, magari, non affascina, ma…

A proposito di Reggio Emilia, finalista due volte per lo scudetto: al Pala Dozza di Bologna ha vissuto bene, ma la fretta di farla tornare al pala Bigi, che nessun restauro renderà meno bigio, con quel soffitto basso, farà giocare la squadra in mezzo a muratori e calcinacci.

A proposito di terra dei fuochi cestistica, eccoci di nuovo nel deserto dei tartari che hanno deciso di fare l’arbitro. In questo momento di grande confusione dove, magari, la relazione che andava bene per gli arbitri di calcio sembra non vestire bene quello dei colleghi del basket affidati ad un commissario che viene dall’altro pallone, si scopre che, sempre per certe regole FIBA mai condivise, ad esempio dalla NBA americana che ti lascia in campo fino a quando superi i test tecnici e fisici, non importa l’età, i nostri migliori devono starsene fuori. Lamonica all’inizio dell’anno, ma l’Uleb se ne impippa e gli fa dirigere la partita inaugurale, Paternicò dopo la sfida Milano-Varese perché ha accettato di arbitrare anche nella seconda coppa in casa Bertomeu-Van den Spiegel. Chi va a vedere basket anche senza vestali, fuoco, urli, grandi scenari, cioè gli appassionati delle minors, racconta di arbitrini che vengono arruolati a prescindere. Basi tecniche modeste, ego smisurato, educazione sportiva zero o giù di lì. Insomma per coprire la grande attività di base, quella che in Lombardia rende lunghe le notti del Mattioli e del suo comitato, si arruolano tutti, con risultati che portano alla depressione, all’abbandono. Anche qui c’è un bel salto fra la demagogia dei nuovi sacerdoti che vogliono il giocatore italiano in campo sul grande schermo e poi non si occupano di verificare cosa succede in periferia. Caro Petrucci, per il tavolo del rinnovamento ci sono argomenti più importanti della Nazionale, anche se è bello che torni Messina a guidarla.

Mentre registriamo la nebbia in val Padana per il caso Icardi-ultras dell’Inter dobbiamo segnalare con una certa preoccupazione che nelle piccole tribune del basket stanno crescendo le frange convinte di poter condizionare dirigenti, allenatori, persino giocatori. Attenti a questi cinghiali che troviamo sulle strisce pedonali del basket. Pagelle da San Diego, leggendo Odifreddi.

10 A Brian SACCHETTI che ha spalmato unguenti profumati lenitivi sulla pelle del papà Romeo allenatore battuto a Brindisi da Reggio Emilia che con lui ha conti apertissimi. Per Sassari ha fatto il lavoro dei grandi tessitori: 9 assist, 8 rimbalzi, + 25 di valutazione.

9 A Jasmin REPESA che, giustamente, non si accontenta mai perché conosce i suoi polli da gran premio in casa Armani, quelli che giocano, quelli che guardano, per aver scoperto quello che forse sfuggiva a Pianigiani e Messina: Dada Pascolo è il polipo per risolvere tanti problemi, ha fede, è umile, sa vedere, sa scegliere, magari, se è in asfissia, non vede il tiratore goloso che mostra le mani “benedette” e si lamenta, ma finge di non avere sentito, tira su quei calzettoni inguardabili, snoda un pezzo del suo corpo e va all’assalto. Non gioca sempre bene, non tira sempre bene. Ma in una squadra lo vorresti sempre.

8 A BUSCAGLIA, Trento, e DELL’AGNELLO, Caserta dove far tornare i conti sembra sempre difficile, perché pensavamo che il primo avrebbe avuto vita dura a ricostruire, mentre sul secondo eravamo convinti che la maledizione dell’ultima luna gli avrebbe negato quello che merita, cioè di essere considerato un eccellente generale. Ora non smentiteci subito, anche se non è facile ricostruire, pur avendo dietro una bella società, inventare sapendo di non avere dietro il cemento economico.

7 A Sandro DE POL per il suo esordio come spalla tecnica nel mondo Rai dove per misteriose ragioni hanno tolto a MICHELINI la diretta dopo il bel lavoro fatto a Rio. Certo deve ancora capire il nuovo mondo, quelli con cui fa le telecronache, magari rivedendo certi interventi sul banale già visto, ma il tono e l’ironia sono quelli giusti.

6 A Gigi LAMONICA che ha dimostrato alla FIBA come sia stato ingiusto escluderlo dalle Olimpiadi per ripicca mascherata da regole inventate da chi non sa cosa sia la dura vita sul campo. Cari arbitri italiani ribellatevi e fatevi anche qualche esame di coscienza dopo tante baruffe: non è sempre il nuovo che migliora.

5 Al mago BARGNANI che dopo una bella partita con Vitoria, successo in volata sull’Efes in Baskonia, si è risentito con chi criticava certi sui atteggiamenti, soprattutto in difesa: “Dove gioca chi dice questo? Io ho alle spalle 10 anni da professionista…”. Banale saltellare su una notte da 26 punti, 10 su 14 al tiro, direbbe Petrucci, direbbero alcuni suoi allenatori. Magari lo stesso Messina, ma questo lo scopriremo quando ci sarà la prima convocazione azzurra. Manca tanto, troppo tempo e chi spera di avere tutti gli Azzurri, anche i teneroni, stia in campana. Vuoi mettere una estate a Formentera.

4 A DE RAFFAELE e alla sua Venezia caduta in casa nel giorno del REYER day, abbinata uomini-donne di serie A, una cosa che si vedeva al Palalido ai tempi dell’All’Onestà e della Standa di Alessandri. Un testa coda imprevisto? No, valutando certi atteggiamenti, da Viggiano in su.

3 Agli AMERICANI di VARESE che con la loro superbia sono andati a sbattere contro la difesa neppure tanto accurata dell’Emporio Armani. A Moretti suggeriamo di non trascurare che serve la fame di un Avramovic, la testa di un Cavaliero, il coraggio del Campani che ci ha sorpreso, per costruire qualcosa che Masnago potrebbe capire davvero.

2 Al CORO che davanti allo strapotere dell’EMPORIO reagisce alla stessa maniera dei giorni in cui era Siena a comandare. Si diceva, ed era vero, che il basket aveva perso motivi per interessare la gente, perché non è importante come si gioca, ma ci si diverte soltanto se esiste equilibrio, come ci ha raccontato la finale Sassari-Reggio Emilia. Ora non è detto che Milano resista al doppio impegno senza pagare mai una piccola tassa, ma se la differenza tecnica e di bilancio è così enorme normale che accada. Come risolvere il problema? Ah saperlo. Ci vorrebbero in pista una Roma, una Treviso, una Bologna come ai tempi dove il denaro non stava da una parte sola.

1 Ad Amedeo DELLA VALLE per la crudeltà mostrata, 26 punti, partitazo, cercando una vendetta sul Romeo SACCHETTI che a Brindisi ha ricominciato il suo viaggio nel mondo dove il suo basket è di chi lo gioca. Certo fra infortuni e piccoli contrattempi dovrà fare attenzione, ma il suo presidente Marino ha già detto che la salvezza gli basterebbe, per quest’anno.

0 Ai PALINSESTI televisivi che insistono nel far scontrare il peschereccio del basket con le corazzate calcistiche. Alla Lega sorda e muta che accetta tutto per i quattro spiccioli della televisione, ai dirigenti legaioli che si fanno condizionare dalla regola del mercato boario: chi urla di più la vacca è sua.

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