Colazione da Tiffany, l’apparenza della libertà

25 Settembre 2016 di Paolo Morati

Colazione da Tiffany

L’uomo Indiscreto è poco romantico, dedito al calcio, egocentrico permaloso che ama le masturbazioni cerebrali? Per noi un luogo comune che bisogna assolutamente sfatare invitandolo stasera a sintonizzarsi alle 21.10 su La 5, canale dichiaratamente a target femminile, lasciando perdere Fiorentina-Milan. L’occasione è Colazione da Tiffany, leggendaria commedia diretta da Blake Edwards nel 1961, con una Audrey Hepburn il tutto il suo magnificente splendore, e un George Peppard ancora ignaro del futuro da membro dell’A-Team.

La storia, ispirata al romanzo omonimo di Truman Capote, è quella dell’incontro tra Holly Golightly, donna folle e incomprensibile, disordinata e reattiva, con tanti cortigiani, nonché un’amicizia con il mafioso Sally Tomato, e Paul Varjak, scrittore fallito e mantenuto da una donna alla quale fa da ‘accompagnatore’. Tra divertenti equivoci, sorprendenti rivelazioni, e incontrollabili scatti di nervi è un film entrato nella storia per tanti motivi: dalla giornata delle cose mai fatte con i due protagonisti che varcano la soglia della famosa gioielleria del titolo, alle splendide mise della Hepburn solo da lei indossabili con tale nonchalance, passando per la canzone Moonriver di Henry Mancini e Johnny Mercer, e all’esilarante personaggio del signor Yunioshi interpretato da Mickey Rooney.

Il vero fulcro, attorno al quale ruota la morale di questa favola, è però il ‘gatto’ privo di nome, simbolo di chi non vuole (o non è capace di) appartenere a nessuno, come appunto Holly. E che si ritrova in mezzo ai disastri della sua coinquilina fino alla conclusione bagnata di pioggia, spesso accompagnata dalle lacrime di commozione degli spettatori (solo spettatrici?). Il suo nome nella realtà era Orangey, un felino rosso con sette film interpretati in una quindicina d’anni di gloriosa carriera cinematografica. Senza la sua presenza, silenziosa e indifferente, il messaggio di Colazione da Tiffany, comprese le occasioni perse per orgoglio e paura con solitudini celate da mondane compagnie, non sarebbe stato certo stato lo stesso.

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