Mancini non ha più voglia

2 Agosto 2016 di Stefano Olivari

L’unica cosa che forse non è stata ancora scritta (ma forse è stata scritta, è che leggiamo poco) su Roberto Mancini e l’Inter, in questa assurda estate dei tre presidenti (uno reale e ancora in fase di studio, uno in uscita che tenta di massimizzare la sua già enorme plusvalenza, uno consigliere di quello reale e ormai nemico di quello in uscita), è che l’allenatore nerazzurro non ha purtroppo più voglia di… allenare. Un problema non da poco, anche perché chi ha seguito i suoi allenamenti negli ultimi mesi della scorsa stagione e nelle prime settimane di questa ha notato una bollitura, come intensità e capacità di trasmettere concetti, che i giocatori hanno invece avvertito all’ennesima potenza. Al punto che nessuno degli elementi passati per le mani di Mancini in tempi recenti può dirsi migliorato tatticamente o tecnicamente: non Murillo, non Icardi, non Kondogbia, non Perisic, non Brozovic, soltanto per citare chi ha più mercato. Chi era forte lo è rimasto e con le stesse caratteristiche, chi aveva lacune le ha mantenute. Insomma, la mano di Mancini non c’è più e non è soltanto questione di risultati. Lo stesso arrivo di Angelo Gregucci, manciniano osservante ma allenatore ambizioso e non un vice a vita alla Tassotti, è stato un segnale in questa direzione. Chi sperava di non vedere più Sylvinho è rimasto comunque deluso, visto che l’Inter lo condividerà con la nazionale brasiliana dove sarà assistente di Tite. Mancini, che ha avuto anche problemi suoi e che a 52 anni non è certo un ragazzo, si sente ormai più direttore sportivo e selezionatore che allenatore, ma per sua sfortuna gli allenatori che a Cialtronia pigramente definiamo ‘alla Ferguson’ non ci sono ormai nemmeno in Premier League. Sarebbe psicologicamente adatto a una nazionale, ma non gliene hanno offerta nessuna decente: mai realmente in corsa per l’Italia, mai sentito per la Russia e nemmeno per l’Inghilterra, dove hanno cercato di peggiorare rispetto a Hodgson e con Allardyce quasi ci sono riusciti. Tornando all’Inter, i vertici passati, presenti e soprattutto futuri, con figure lontane nello spazio e nella filosofia, sono in buona parte un’invenzione giornalistica da Mancini ispirata. Più ‘penultimatum’ che ultimatum, patetici tentativi di forzare la mano dimenticando che tutta la dirigenza, da Gardini ad Ausilio a Bolingbroke, ha scadenza giugno 2017 e non per questo ha smesso di lavorare con 11 mesi di anticipo (in un caso, però, se avesse smesso sarebbe stato un bene). Previsione-scommessa? Con Candreva e con la Juve che ha tolto Higuain e Pjanic a Napoli e Roma, questa Inter in mano ad un allenatore mentalmente centrato sarebbe da qualificazione alla Champions League. Se qualcuno facesse riflettere Mancini su questo, anche una guida da minimo sindacale potrebbe funzionare. Se no, se anche il Miranda della situazione dovesse sentire che non è il caso di impegnarsi per uno con la testa da un’altra parte, non si arriva a novembre.

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