Homeland, il terrorismo islamico che rassicura

25 Agosto 2016 di Indiscreto

Nei giorni scorsi leggendo delle previste tre nuove stagioni di Homeland, che quindi arriverà alla numero otto, ci è venuto in mente che su Indiscreto mai avevamo parlato di questa interessantissima serie che al contrario di altre non ha perso troppi colpi andando avanti. Lo diciamo da affezionati suoi spettatori, pur notando alcuni clamorosi vuoti di sceneggiatura nella quarta e quinta stagione (su tutti il modo in cui Peter Quinn entra in contatto con un gruppo terroristico che sta preparando un attentato alla stazione di Berlino) e la mancanza di un vero grande coprotagonista da quando alla fine della terza stagione è morto Nicholas Brody (L’attore, Damian Lewis, lo stiamo apprezzando anche in Billions), il tormentato marine convertito all’Islam e stritolato da forme di lealtà incompatibili fra loro.

L’ambientazione è del genere ‘americana in trasferta’ ma l’idea originaria è israeliana e si vede, anche per la grande attenzione agli aspetti tecnici e tecnologici dello spionaggio (uso e abuso dei droni, fra le altre cose) più che alle sparatorie western con buoni e cattivi. La protagonista rimasta in vita è Carrie Mathison, agente della CIA bipolare e soprattutto manipolatrice, che è difficile da amare perché più o meno consapevolmente usa chiunque pretendendo anche di essere dalla parte della ragione. Personaggio bello e complesso almeno al pari di Saul Berenson, dirigente della CIA legatissimo a Carrie ma che al contrario di lei ha una visione di fondo della situazione: per Carrie (ma anche per Quinn) la missione è un valore in sé, per Saul (ebreo americano) anche a costo di compiere porcherie deve avere un senso ultimo.

La trama è sempre avvincente e piena di agganci con la realtà: nell’assalto all’ambasciata americana di Islamabad è difficile non trovare analogie con Bengasi e i suoi segreti. Punto a favore di Homeland è che la Casa Bianca si vede pochissimo, così come presunte centrali del terrorismo: proprio l’assenza di complottismo rende bene l’irresponsabilità e l’incontrollabilità di molte forze in campo. Forse è anche un favore a Obama e ai suoi orrori in politica estera, visto che tutti gli altri protagonisti internazionali sono chiamati con nome e cognome, da Putin ad Assad passando per la Merkel.

Punto a sfavore è che viene proposta al pubblico una visione semplicistica quanto, secondo noi, fuorviante del terrorismo: nella sostanza si crea la divisione manichea fra musulmani normali (che in vari episodi sono protagonisti di atti di generosità e umanità) e musulmani terroristi, sottolineando che ad essere pericolosi sono i secondi (a volte Carrie si lancia in disquisizioni sul senso delle ‘Parole del Profeta’). Pericolosi per le nostre vite in senso stretto, forse (se il kamikaze si trova sul nostro treno per noi è finita), ma non certo dal punto di vista culturale: considerare normale la convivenza con forme di sharia per così dire pacifiche ci ammazza più di mille bombe o di diecimila sgozzatori che per i media che contano hanno sempre problemi psichici (Ma allora perché non gridano ‘Forza Padoin!’ o ‘Le Bron James non fa passi!’?).

L’Islam da combattere, senza nemmeno bisogno di troppe armi, è questo. Con tutte le nostre forze, senza credere al mito della cosiddetta intelligence che poi è come dire ‘Ammazzateli, ma non vogliamo saperlo’. Almeno fino a quando a casa nostra saremo in maggioranza. La tendenza delle nascite nel 2016 annuncia però un risultato peggiore di quello del 2015, che già era il peggiore in oltre 150 anni di unità d’Italia. Quali sono le vere bombe? Homeland ci rassicura, mostrandoci i musulmani cattivi e suggerendo che in realtà sono soltanto cattivi musulmani.

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