Curry contro James, la finale definitiva

2 Giugno 2016 di Stefano Olivari

Finalmente cominciano, nella notte italiana (alle 3 diretta su Sky Sport 2) fra giovedì e venerdì, le NBA Finals che tutti si aspettavano ma che si sono materializzate in maniera ben diversa per le due squadre in campo: drammatica per i Golden State Warriors campioni in carica, sopravvissuti all’infortunio di Curry al primo turno con i Rockets e poi anche alla straordinaria carica dei Thunder nella finale di conference, più tranquilla (con brividi soltanto contro i Raptors) per i Cavs autogestiti di LeBron James, Irving e Love, dove Tyronn Lue è in panchina giusto per salvare la forma dopo il discutibile esonero di Blatt. Inutile ricordare le caratteristiche di squadre che tutti gli appassionati hanno visto giocare decine di volte, sempre interessante ricordare le dimensioni del fenomeno NBA nel mondo, con appassionati in molti casi diversi da quelli che tifano per le squadre locali. Finals trasmesse in diretta in 215 fra nazioni e territori, con telecronache in 49 lingue ascoltabili su tutti i mezzi possibili. Assalto dei media internazionali ma soltanto 280 gli accreditati: abbiamo sperimentato di persona e con gioia che la NBA è molto selettiva, in tribuna stampa vanno soltanto i giornalisti (sembra una banalità, ma in Italia non funziona così ed è per questo che a fianco dei pochi che lavorano si vedono figuri con sciarpe ultras, insieme ad altri che esultano o imprecano). Fa impressione che 9 giocatori sui 24 a referto siano considerati ‘International players’, cioè i nostri ‘stranieri’, ma va detto che quasi molti hanno giocato a livello di college in America (Irving, Kaun, Dellavedova, Tristan Thompson, Bogut, Ezeli) e che in ogni caso Irving ha il passaporto australiano soltanto per caso. Continua sul Guerin Sportivo.

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