Ti ricordi Bologna?

5 Maggio 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal ponte del diavolo nell’isola veneziana del Torcello, a Nord di Burano, fra i 17 abitanti rimasti all’anagrafe, in mezzo ai Maturi baskettari dove non è arrivato, per bronchite provocata da una zingarata pesarese con Bianchini, il Cino Marchese che ci teneva davvero a questa festa: prima in Laguna e poi alla Misericordia restituita alla gloria dai lavori della Reyer del sindaco. Trovarsi per dire “Ti ricordi” è uno dei tormenti. Rubini, ad esempio, non tornava mai volentieri nella sua amatissima Trieste, proprio per la paura di dover incontrare chi iniziava la conversazione, dopo baci e abbracci, con il terribile “Te se ricordi”. Anche al Torcello andrà così.

Ma certo saremo in tanti, su questa isola del fieno devastata in passato dalle pestilenze veneziane, a cominciare un discorso con la frase che al momento rende atroce il finale del campionato: ti ricordi quando Bologna impazziva per il suo derby, quando il Madison di piazza Azzarita era splendore, quando si sono inventati il palazzo a Casalecchio perché ci volevano più posti per soddisfare la richiesta, la passione? Adesso sono tutte e due in seconda serie, anche se in casa Fortitudo vorrebbero rendere ancora più amaro, negando un derby in A2, il crollo delle Vu Nere padrone del sistema cestistico prima dell’avvento di Giorgio Seragnoli e del suo sogno finito nella depressione e fra rovinose competizioni che hanno prosciugato casse e speranze. Il loro sogno impossibile, considerando le forze in campo nella seconda serie, sarebbe una promozione per i corsari di Matteo Boniciolli. Bologna pecca così. Troppe aspettative e poi…

A parte queste scaramucce diciamo che alla corte che guarda sulle paludi della Rosa, in mezzo al raduno dei pallosi disertato da chi diventa brillante per interposta persona, servendo il caffè e la tisana, quasi tutti sembravamo elefanti, scuotendo la testa, un po’ come facevano i tifosi dell’Atletico Madrid prima che arrivasse la rivoluzione e la finale di Champions con il Cholo Simeone. Prima che vadano in mare aperto le corazzate di questo arsenale cestistico dove tutto si confonde (una bugia, come le ciliegie, tira l’altra) adesso alla FIBA giurano, spergiurano, di non aver mai minacciato chi aveva deciso di seguire la via della seta e del denaro andando nelle manifestazioni ben organizzate dell’ULEB. L’unione delle leghe europee inventata a suo tempo da grandi dirigenti come lo spagnolo Portela, come il duca di Mantova, principe della Dotta, l’avvocatone Gianluigi Porelli che adesso starà litigando con Rubini, Allievi, il Bogos, i grandi nella storia del nostro basket, che sicuramente lo stanno prendendo in giro per la prima retrocessione sul campo, in 87 anni, della Virtus che lui ereditò in fiamme, fra i debiti, fino a farla diventare la meravigliosa creatura che convinse Cazzola a comprarsela con il buono cassa del Motor Show per farla splendere ancora meglio affidandola a Ettore Messina. Ci siamo rimasti male un po’ tutti. Ma sarebbe stata la stessa cosa se a cadere, come l’anno scorso, fosse stata Caserta, perché ci siamo tutti affezionati a quello che si erano inventati Maggiò, Sarti e Tanjevic in terra di lavoro, completato col titolo da Marcelletti, alla società che ora vive il tempo delle scelte difficili perché soldi non ce ne sono tanti.

Certo siamo tutti ipocriti dicendo che fa male al cuore la retrocessione della Virtus, ma che male ci hanno fatto quelli di Torino? Ecco il punto. Uno pensa di essere nel giusto e non vede che la rimonta di Vitucci in mezzo a guai creati da altri, prima, dopo e durante, è stata da grande condottiero e ci ha tenuto in serie A l’unica città che avrebbe addirittura tre palazzi per la serie A, una meraviglia se pensiamo alla povera e ricchissima Milano che il suo play off lo dovrà iniziare sul campo di Desio perché l’arena affittata, abbellita, nei limiti del possibile fra gente impossibile, ad Assago, il Forum dei miasmi, era già affittato da un concerto e dalle repliche del trio più amato, quello di Aldo Giovanni e Giacomo.

Insomma nei nostri “Ti ricordi” soltanto rimpianto, ma il campo castiga chi sbaglia per presunzione e Bologna lo è stata davvero. L’analisi lucida, non spietata perché fatta mettendo dietro al banco degli accusati tutti quelli che lo hanno meritato, l’abbiamo letta sulla Repubblica, purtroppo soltanto pagine di Bologna, da Walter Fuochi. Il presente fa già schifo, ma è il futuro che allarma sul serio a meno che gli americani che girano intorno al calcio e al basket italiano non arrivino per dare davvero una spinta diversa ai progetti della Fondazione dove ci tenevano ad essere visibili e adesso una squadraccia messa insieme male li ha serviti: più alla ribalta di così, direbbero i sudditi del Duca nero mentre prendono a pomodorate quelli che adesso sono alla berlina. Stracci che volano, allenatori che pagano, giocatori che scappano, casse dove non sembrano esserci tanti soldi e difficili da riempire soprattutto adesso che tutto appare depresso e persino lo splendido settore giovanile non sembra offrire più di qualche talento incompiuto anche se il finale di Simone Fontecchio, ripulito da tutte le baggianate sul facile applauso che ti prendi dopo un tiro da tre, fa pensare che la stoffa è buona, la scuola è stata di qualità e basterebbe poco per avere un vero giocatore di quella struttura, nato da lombi nobili. Inutile cercare nel passato, pentirsi per aver mandato via chi meritava di restare più di quelli saliti su una barca che faceva già acqua.

Lo sport è sublime come a Leicester, ma quella è Inghilterra, crudele come in questo epilogo del campionato che ci porta nei play off. Nessuna previsione su questa regata d’altura. La corazzata, lo sanno tutti, è quella di Repesa che ha una Milano da titolo ora che recupererà anche Gentile dopo i 45 giorni in bacino di carenaggio per Cinciarini. Certo l’Emporio è stato sempre favorito negli ultimi anni senza Siena intorno, ma non sempre ha raccolto, lasciando a terra persino le briciole delle supercoppe locali. Reggio Emilia ha il diritto di pensare in grande perché il suo fortino, piccolo piccolo, la dovrebbe garantire. Avellino ha i rostri di prua, una società dove la gente fa quello che sa e deve fare, lo spirito di Sacripanti, la forza della passione anche per gli eterni scontenti che in passato tormentavano allenatori che hanno fatto storia. Sassari è strana, ma ha ritrovato il sentiero che ne fa squadra imprevedibile, ma sempre forte, ora che Akognon conosce meglio chi corre al suo fianco. Sulla Cremona splendida e splendente la fatica e la mancanza del pilota Vitali. Venezia da guardare con sospetto perché i due innesti e l’esperienza di chi è già passato nel tormento dei play off potrebbe farla diventare più di una gondola minata. Restano Trento e Pistoia e a loro daremmo già il premio come rivelazioni dell’anno, come meraviglie in un bosco dove grufolano in tanti senza sapere quello che stanno dicendo e mangiando, dove la verità viene nascosta dietro allo stagno della rane dalla bocca larga, canterine soltanto a pagamento.

Pagelle dal ponte del Diavolo, senza parapetto, una sensazione diversa dalle risalite per scalinate ben protette.

10 Per ESPOSITO e DELL’AGNELLO reali compagnon nel periodo aureo di Caserta e ora impegnati a far vedere che quel mondo non ha portato soltanto successi sportivi, ma creato gente con il granito dove deve stare. Capolavoro di Sandrokan con una squadra fatta a pezzi da troppi infortuni. Straordinaria la stagione di Enzo o viaggiatore con Pistoia.

9 A BUSCAGLIA e MORETTI perché ci hanno aperto gli occhi su un mondo dove puoi anche non avere la ricchezza, ma se hai idee, se hai qualcosa di speciale la gente lo capisce subito. A Varese volevano mangiarsi Paolino, alla fine hanno scoperto che quello faceva le nozze anche con certi fichi secchi comprati da chi non sa davvero di cosa stiamo parlando. Diverso il discorso per Trento perché questa è la società che resisterà quando i mecenati se ne andranno per sempre, anche ora che l‘hanno costretta a stare nel branco, rinunciando magari ai soldi veri dell’Uleb.

8 A PANCOTTO per aver portato Cremona oltre il muro, per aver completato un lavoro dove serviva la sapienza dei vecchi liutai. Forse ci stupirà ancora, ma certo gli servirebbe che tutti fossero in salute partendo da Cusin.

7 A MENETTI arrivato alle 100 vittorie in serie A perché sembra reagire di più se lo tratti male, insomma se lo valuti meno dei suoi avversari. Reggio Emilia ci piace tantissimo, vedremo con questo innesto fra esterni dove non manca certo la presunzione offensiva, tanto per nascondere la pochezza difensiva.

6 A DE RAFFAELE e PASQUINI
chiamati a fare i capitani della nave quando si sarebbero accontentati di essere fedeli aiutanti di bordo, il nostromo che tutto sa e rammenda. A Venezia forse serviva qualcosa di nuovo per scuotere veterani che si erano abituati troppo allo stile di Micione Charlie. Saggezza e armonia: parole che nascondevano la pigrizia di qualcuno. A Sassari non potevano scaricare davvero tutto su Sacchetti, non potevano cavarsela mettendo nella brace un Calvani che era davvero l’opposto del Mohicano. Con il manager promosso allenatore hanno aperto una strada all’inglese, dove nel calcio il manager è tutto e ha uno staff numeroso al suo servizio, come potrebbe spiegare Ranieri.

5 A Pino SACRIPANTI perché la sua Avellino sta diventando “na cosa grande”, perché si veste ancora da pastore per anime candide, va a premiare le squadre giovanili, sorride quasi a tutti quando invece dovrebbe diventare davvero un lupo irpino, magari con lo stesso stile delle volpi di Leicester, ma pure con la stessa fame. Certo che meriterebbe un dieci, ma forse, conoscendone l’anima brianzola uscirà più stimolato dal voto basso.

4 A CANTÙ tanto per stare nella zona di Pino perché la stagione è stata davvero confusa e ora sarebbe importante che tutto tornasse ad essere come lo amavano nel Cantuki. Certo onore a chi mette i danè, avanti con i progetti del magnate che vuole rifare il Pianella, ma attenti a non sprecare quella che è la storia. Lo hanno fatto anche altrove. Ci vuole poco a distruggere, ma poi scopri che non è così facile ritrovare la strada della vecchia chiesa e si rischia di sprecare denaro, oltre a perdere fedeli. Certo che le nuove generazioni non sono nostalgiche, non sanno, non hanno visto, ma senza i racconti dei vecchi pallosi puoi perdere la tua anima.

3 A PESARO se il neo consigliere federale Ario Costa (8 a prescindere per l’uomo, il giocatore, il dirigente) dovesse davvero dare il benservito a Paolini dopo quello che ha fatto per salvare una squadra costruita con poco e dove i re magi hanno portato alla capanna astronave la meraviglia di Austin Daye. Pensarci bene e se dovesse essere divorzio che sia fatto con lo stile del Giuliani che da trent’anni cura amorevolmente l’ufficio stampa della Vuelle: nelle vittorie sublime, nelle sconfitte arrabbiato, ma come lord Brummel davanti al re spocchioso.

2 Al famoso CANALE BASKET federale di cui ci hanno parlato per molto tempo, poi affittato da SKY, perché le finali under 20 di Cantù, con 4.000 persone in tribuna per la sfida decisiva vinta da chi era padrone di casa contro la Reyer che poi ha dato un premio speciale i suoi fioi, meritava una vetrina più ampia. Così come il trofeo delle Regioni dedicato a Rubini, anche se nei comunicati non si menzionava mai l’uomo a cui era intitolato il trofeo.

1 Al MERCATO APERTO che fa venire il mal di testa. Una regola balorda, certo utile se hai infortunati gravi, ma una bella scusa e un aiuto immeritato se hai sbagliato a scegliere e, soprattutto, ad allenare perché sentire ancora tecnici che chiedono l’aiutino dopo mesi di lavoro fa venire il nervoso.

0 Alle VOCI che non tormentano soltanto i santi ma anche quelli che si sentono un po’ presi in giro dopo la bufera ULEB-FIBA. Ricorderete il catastrofismo nazionale: ci toglieranno il PREOLIMPICO, chi non accetta le regole è fuori dal campionato, se fate arrabbiare Baumann quello non ci fa neppure partecipare al ballottaggi per i GIOCHI 2024 che vorrebbe organizzare Roma. Tutto falso. Lo hanno detto quelli della FIBA alla commissione europea che indagava sulle pressioni da monopolio. Bugie con gambe corte per uno sport da giganti. Infatti gli stessi giornali che parlavano di vendette hanno ridotto la noticina alle quasi brevi.

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