Cantori del masobasket

23 Maggio 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal labirinto della Masone di Fontanellato, zona di Parma bell’arma, per ricordarvi che ci siamo, anche se sui play off vale la regola che si parlerà a bocce ferme per semifinali dove i peccati stagionali si scontano due volte se hai qualche combinazione sfortunata e astri contrari. E si può già dire che la fortuna non è dalla parte di Reggio Emilia, dopo l’incidente a Veremeenko. Meglio sedersi all’Accademia degli intrusi chiudendo l’audio su questo bagnoschiuma degli aggettivi che trasforma giocate logiche e normali in prodezze, prendendo per il naso chi ancora è convinto che se vuoi guadagnarti qualcosa devi soffrirlo, non trovarlo su una tavola apparecchiata. Pareri, punti di vista. Certo capiamo bene perché il masobasket di oggi si dia un gran da fare per avere un canale televisivo sempre aperto. Come ce lo raccontano sembra proprio che non manchi nulla. Meglio che non ci sia niente di scritto: le parole volano, quelle su carta spesso restano, sarà per questo che si fa di tutto per ostacolare una critica anche se oggi chiamarla così fa quasi sorridere considerando che quasi tutti hanno un motivo per non disturbare chi ti toglie il saluto anche se fai notare che non è proprio adatto al ruolo, al mestiere. Palazzetti da tempo delle pallonesse? Non è colpa del basket, ma della micragna nei vari comuni. Vero. Ma pretendere che il poco esistente sia anche decente, questo spetta alle società. Valle a capire. Insomma sono tutte protese a cercare chi fa canestro da metà campo per intervalli che più rozzi non si potevano ideare: urla da fiera del bestiame, tutto appiccicaticcio e scopiazzato.

Dicevamo di masobasket che ama interpretare la parte del figlio “presuntuoso” nella famosa barzelletta dove una madre lo prende a schiaffi e quando le chiedono perché se la prenda tanto con quel bamboccione spiega benissimo: è un presuntuoso, vuole fare aria come suo padre, ma se la fa sempre addosso. Ora spiegateci il motivo di queste scelte scellerate andando a sbattere con il grande calcio (grande come seguito, non certo come qualità in Italia)? La Lega dirà che ora comanda soltanto la Federazione, la stessa Lega non può più dare la colpa al Marino dimesso che fece sposare in nozze morganatiche SKY e RAI. Il sabato di Juventus-Milan, finale di coppa Italia, perché tenere in cartellone, alla stessa ora, a Desio perdipiù, una delicatissima sfida fra Milano e Venezia? Se non è masochismo questo. Fate attenzione, cari uscocchi a spicchi, perché come suggeriva da tempo il viperignu del Carlino, anche gli abbonati stanno prendendo le distanze. Uno ha scritto che non accetta la presa in giro di una campagna che ti invita a sostenere la società, pagare in anticipo, e poi questa beneamata se ne fotte se tu hai preso l’abbonamento per vedere le partite alla domenica, alla stessa ora, non quando fa comodo al Pulcinella che stabilisce il palinsesto televisivo. Come valuteremo le cifre di ascolto per Juve-Milan e Reyer-Emporio? Vi daranno ancora di meno davanti alla manifesta differenza di gusto del pubblico a casa?

Le cose peggioreranno ancora adesso che SKY si sta prendendo tutto e quindi potrà far giocare all’ora di pranzo, a quella dell’aperitivo, a notte fonda per trainare i nottambuli verso la NBA? Speriamo di no. Non veniteci a dire che il successo si misura sui maxischermi allestiti nelle città dove, avendo spelonche spacciate per palasport, devono perlomeno far credere che si interessano alle passioni locali. Il maxischermo che conta è quello di Toronto: esaurito dentro la grande Arena, tantissima gente nelle piazze principali. Certo servirebbe una Lega tripallica, una Federazione che si senta garantita da chi governerà le società sempre più sole nel mare dittatoriale della FIBA che pensa di aver vinto il braccio di burro, ma non sa ancora cosa potrebbe accadere se i tribunali daranno ragione all’ULEB.

A proposito di Lega. Nell’ipocrisia, insomma per non avere fra i piedi Toto Bulgheroni, anche se non tutti erano così impreparati da mettersi al vento con la domanda ‘Toto chi?’, sono stati scelti tre candidati che potrebbero essere i direttori generali con la presidenza di Bianchi, il liquidatore di Siena. Niente da dire su chi viene dalla Ferrari, su chi lavora per Benetton, sul Cecco Vescovi che è stato tutto nel grande basket. Resta però una domanda: Bulgheroni dava così fastidio? Ora, però, vedremo come riusciranno a schivarlo se al rientro nel consorzio di Varese dovesse essere lui a rappresentare la società per le riunioni di una Lega sempre a pantaloni calati per le bastonate federali.

Capitolo Nazionale. Ettore Messina in occhiali scuri sta già guardando tutto e tutti. Ha scelto una rosa fin troppo allargata, esagerata fra i registi, diciamo che ha fatto il bene della comunità dando l’impressione che ci sia davvero tanto talento in giro. Non è vero. Magari anche l’Italia potesse lasciare a casa uno come Buva che la Croazia non ha messo nella lista per il preolimpico di Torino. Magari Petrovic cambierà idea perché se davvero ne ha di molto più forti nel ruolo allora c’è da spaventarsi. A proposito, avrete visto cosa produce un progetto serio come quello della pallavolo con le giovani, con ragazze della nuova generazione multietnica. Nella qualificazione olimpica sono entrate da protagoniste ragazze che possono giocare nel campionato, organizzate in un vero Club Italia come il basket non oserebbe mai fare, anche perché non esistono agenti che lascerebbero al minimo di stipendio ragazzotti che in A2 prendono anche più che nella massima serie.

Istanti che diventano ore. Giustissimo affidarsi alla tecnologia per aiutare gli arbitri nei momenti decisivi. Sbagliato illudersi che la consultazione all’istante possa davvero essere accettata se nella passerella dal campo al monitor, nella faticosa scelta della verità, si perdono minuti, dando a chi è in debito di ossigeno il tempo per rivedere tutto più chiaro. Un tempo i brasiliani, cominciando da Ubiratan, gli scafatissimi slavi, i nostri marpioni si slacciavano le scarpe, stramazzavano e quando li consideravano perduti eccoli di nuovo in piedi. Davanti a quel monitor, come accade nel rugby, dovrebbe starci un altro arbitro, speriamo faccia così anche il calcio perché altrimenti giocheranno partite di tre ore. Basterebbe il buon senso. Sembra che non ce ne sia, magari per non sentirsi dire dal collega che oltre alla rimessa dubbia dovrebbero fare attenzione più alla palla accompagnata in palleggio che ai famosi terzi tempi bailati che sono soltanto trappole o vie d’uscita per salvare la capra dei padroni di casa e i cavoli di chi dirige. C’è anche molta presenza in area di tre secondi, ma qui capisci subito dove tira il vento arbitrale: se colpiscono a senso unico con vaccatine regolamentari allora sai già come andrà a finire. Certo che i giocatori devono pensare alle loro di vaccatine, ma ci servirebbe equità competitiva, considerando che soltanto sul campo può esistere perché fuori una volta su mille puoi consolarti dicendo che anche i ricchi piangono.

A proposito di arbitri, notiamo che nei referti segnalano molto spesso l’uso improprio di fischietti e questo comporta anche multe salate. Ora bisognerebbe passare alla fase due: espulsione da parte dei vicini in tribuna dei fessi col trillo. Nelle ultime dirette, da Desio, 3.000 euro di multa per Milano, hanno inquadrato il fringuello (nota ai telecronisti che non hanno condannato la bestiolina), c’è un fermo immagine. Bussare alla casa di un tipo del genere per farsi ridare i soldi della multa come faceva Porelli, mandando i muscolari al servizio dei fratelloni, forse sembra esagerato, ma impedirne l’ingresso dove ti fanno lasciare accendini, ma non il fischietto nascosto nella mutanda, sarebbe il minimo.

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