Evoluzione di De Coubertin

25 Aprile 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni da Santo Domingo, seguendo Rita Indiana, scrittrice, cantante pop, per scoprire il suo parrucchiere per cani che pettina cuori ai Caraibi sapendo bene che i gatti non hanno nome, così come non lo hanno i peccatori davanti al confessore. È andata così nel piccolo giubileo del volemose bene romano, dove il presidente del Coni Malagò, l’uomo che ha fatto dell’Aniene una società davvero moderna, dove non si nuota soltanto, dove non si spende tanto per spendere e si cerca di pareggiare i bilanci, ha fatto inginocchiare fra le buche i “traditori” di Reggio Emilia, Sassari e Trento costringendoli a giurare come nel Salon Kitty: frustati sì, ma non faceva male.

Comunicato agrodolce: nessun vinto, nessun vincitore. Tutti in riga. Uomini e caporali. Baumann stia tranquillo, la Federazione italiana del basketball sa come governare le proprie truppe. Basta che poi non si vada oltre il ridicolo perché siamo ancora qui a cercare una spiegazione dopo quello che il ceko Novak ha dichiarato al Corrierone: ”La Fiba fa crescere il basket, l’Eurolega lo paga”. De Coubertin, pensaci tu che hai visto l’evoluzione dal ‘basta partecipare’ al ‘fate largo o vi spiezzo in due’ se non mi date la pillola e bei premi in gettoni d’oro che non siano stati taroccati come sembra succedere nei territori esplorati dalla Gabanelli a Report. Questo Novak, come Baumann, adesso chiederà i piombi e la radiazione dall’albo e, quindi dagli accrediti, di Viperignu Costa che nella sua rubrica sul Carlino ha sintetizzato così la chiusura di questa puntata: ‘Felici e contanti’.

E sì. Dietro a tutte le dichiarazioni di facciata la questione è stata ed è quella della pecunia che non puzza soltanto se a maneggiarla sono loro, guai se l’idea di far diventare l’Eurolega una bellissima manifestazione, per qualità tecnica, per partecipazione di pubblico in palazzi moderni, sono altri, sono stati altri. Come diceva Porelli a Portela: basta far giocare col nostro trenino chi ci ha sempre e soltanto guadagnato, mentre i soldi li tiravamo fuori noi. E sì, caro Novak delle mie birrerie preferite, l’Uleb pagherà anche per avere il suo spettacolo che soltanto voi della Fiba garantireste per purezza come diamanti. Ma qualcuno dovrà pur estrarli… Il lavoro si fa a tre euro come per i raccoglitori di fragole nei paesi della vergogna tipo Italia? Cara e bella gente che volete premiare il risultato sportivo, sacrosanto diritto per tutti quelli che vanno in gara, alla fine sarà il miliardario Bolt a riempire lo stadio e non certo il pettinatore di cani che a Santo Domingo corre senza scarpe. Quanta purezza nella ricerca del bene, ma vendere un europeo, un campionato continentale, un mondiale, la stessa olimpiade del basket senza attori mantenuti e ben pagati da altri sarebbe davvero difficile. Lasciamo perdere. Dite pane al pane al fornaio che usa la calcina e vino al vino anche se fatto col metanolo. Tanto rumore per nulla se il tribunale europeo dovesse dare all’Uleb, aprendo la cataratta che il calcio aspetta da tempo e sapete come sono rapaci là dove, esempio italiano, l’antitrust ha dovuto intervenire perché le fette di torta non erano davvero uguali.

Siamo contenti che Petrucci abbia liberato il cielo sopra Torino che resterà scuro almeno fino al quattro maggio quando sapremo se la squadra di Forni e Vitucci si è anche salvata dalla retrocessione. Per il preolimpico serviva questo alito di vento trovato nell’abbraccio e nel perdono, in una Canossa piena di buche come quella romana. Ora ci pensi Messina e, magari, un santo qualsiasi, primo quello dei passaporti se riuscirà a farci arruolare Arcidiacono, poi quello della clinica Igea perché non c’è un azzurro “importante” davvero sano, nel fisico se il campo gli ha fatto pagare debiti pregressi, nella mente se stiamo a sentire i santi protettori di questa barca dei finti temerari.

Santo Domingo per il rum, la musica e questo parrucchiere che pettinando i cani rende meno dolenti le nostre orecchie tirate a ripetizione dai piazzisti televisivi che ci vorrebbero convincere che tutto è bello come all’isola dei famosi quando le donne lottano nel fango, protettori del sacro regno dell’incerto dove, ohibò, si lotta (fino alla fine?) per un primo posto, per una posizione decente nei play off, per non retrocedere. Succede adesso che loro hanno le immagini o accadeva anche prima? Cara gente stiamo raccogliendo testimonianze sulla frase più abusata per far cadere nella rete il telespettatore, per guadagnarsi un tifoso in più: soltanto il nostro sport propone finali come questo. Certo che niente è scritto perché, fortunatamente per chi ci ha perso la ragione, la salute, spendendo tutta la passione che aveva, lo sport resta un mistero agonistico che manda in tilt chi pensa di sapere tutto già prima. Lo diceva Brera, lo confermano i sanpietrini che hanno negato più di tre volte che l’Italia avrebbe vinto il mondiale calcistico in Spagna o a Berlino, l’oro del basket a Nantes e Parigi, che le madri del Belpaese potessero darci campioni come Rosolino, Fioravanti, Lamberti, la Pellegrini o Paltrinieri, tanto per citare qualcuno, sapendo che Mennea, Sara Simeoni e Berruti, la Di Centa la Belmondo, Baldini, Bordin, per non dire di Coppi o Bartali sono nati sotto cavoli che neppure sapevamo di aver coltivato. Cara gente apprezziamo il vostro interessato affetto per il prodotto. Ci mancherebbe. Ma provate ad essere equilibrati: chi sa non ha bisogno dell’imbonitore, chi non è della parrocchia magari ci casca, ma poi fa qualche paragone e allora capisce che lo stanno prendendo in giro. Insomma, non cadiamo dagli stessi peri di quelli del calcio che hanno guardato stupiti, fra un maritozzo per Totti e una carota per Brocchi, la “sfida” internazionale fra Inter e Udinese dove in campo non c’era un giocatore italiano.

Succede nel basket di serie A quasi sempre al momento in cui l’arbitro alza la palla a due. Poi qualcosa cambia, in bene, se la Virtus Bologna trova alla prima prova della verità, purtroppo non l’ultima, la spinta di tre italiani come Mazzola, Fontecchio, era ora, Vitali II, ma nella sostanza, come denunciano i conteggi GIBA, il minutaggio azzurro è spesso da minutaglia. Certo non è colpa dell’ULEB se Milano ha preferito non rinnovare con Melli, se ha speso tanto per arrivare a 16 tesserati, non riuscendo a spingersi oltre il milione di euro per Gigi Datome. Non è un peccato da far scontare a Bertomeu il fatto che Bargnani preferisca allenarsi a secco piuttosto che sporcarsi il vestitino nelle partite di una eurolega dove, lo assicuriamo, non sarebbe davvero facile mattatore.

Diciamo che la prossima eurolega, quella a cui parteciperà Milano, legata all’ULEB da un decennale, legata al progetto al punto che alla televisione di San Marino il presidente dell’Emporio ha detto chiaro di non voler fare nessun passo indietro anche se, nella prossima scomunica dovesse trovarsi la squadra di re Giorgio che non è tipo da sfilate nei sottoscala che piacevano alla vecchia Fiba e che potrebbero tornare di moda nella prima inutile e populistica fase dell’ipocrisia a canestro. Cara gente. Al Preolimpico, ai campionati FIBA, mondiali o continentali ci va la stella ben pagata dodici mesi dalle società. Non sarete convinti che sia stato lo spirito santo, in passato, a dare vita a squadroni come quelli di Treviso, Siena, Bologna EFFE e Vu Nera, alla Pesaro tricolore, alla Roma campione d’Europa, alla Milano dei 26 scudetti e delle tre eurocoppe? Guardate dove stanno oggi società gloriose che pure hanno vinto scudetti. Voi pensate che a Caserta siano coinvolti per il secondo anno consecutivo in una battaglia per non retrocedere soltanto perché hanno sbagliato a programmare, scegliere? Non raccontateci le solite balle. Sappiamo bene dove sta la virtù. Certo lo riconosce anche un cieco il lavoro sublime fatto da Moretti, Esposito, Buscaglia, ma alla base ci deve essere una società che garantisce stipendi perché altrimenti ci si troverebbe tutti come la povera Napoli che da anni deve rinunciare ai campionati ai quali si iscrive pur avendo qualche coppa da presentare agli increduli. Certo che tifiamo tutti Leicester, Crotone, Trapani, la Sampdoria di Boskov, ma alla fine anche celebrando il Cagliari di Scopigno, il Verona di Bagnoli, la Fiorentina, le nostre finaliste dell’anno scorso a Sassari e Reggio Emilia, il Casalmaggiore dell’eurovolley femminile, quando ci sediamo a valutare il mondo intorno a noi partiamo sempre da chi ha i mezzi e poi pensiamo se abbia anche le qualità per andare nell’arena.

Intrigati dalle combinazioni che potrebbero portare allo scontro Milano-Sassari già nei quarti di finale al meglio delle cinque partite, quelli che per la favorita del Repesa temporeggiatore si inizieranno sul campo di Desio fra ali di farfalle, con la metà dei posti a disposizione, nella speranza che non si trovino altri buchi sul parquet. Accettiamo le prese in giro di chi non crede che Milano sia davvero davanti agli altri perché anche senza Cinciarini, certo sarebbe un omaggio alla completezza dell’informazione sapere cosa gli sta capitando più che le triple triple di tizio e caio, e Alessandro Gentile, ha rischiato soltanto un po’ di perdere il primo posto che al suo generale nato vicino al santuario della Madonna di Medjugorje interessava relativamente (“le squadre forti vincono anche in trasferta”), ma che alla società e alla presidenza sono considerati premi carissimi se davanti agli auguri reiterati si sono sprecati con il famoso “crepi il lupo” che ha sta scatenando le proteste degli animalisti contro questa gente dello sport che pur di vincere sacrificherebbe animali in estinzione e, come seconda scelta, magari andrebbe alla ricerca dell’elisir che ha ingannato tanti bari del sistema su istigazione dei dottor Mabuse che ancora predicano facile vittoria e facile guadagno. Cari fibaioli, se fosse come dite voi perché tante sacche di sangue nascoste, truccate, depurate?

Tornando al tabellone dei playoff, dovremo aspettare fino al 4 maggio per spiegare tante cose, dispiaciuti che Bucchi abbia dovuto chiudere il suo rapporto con Brindisi dopo cinque anni se la soddisfazione di partecipare alla seconda parte della commedia, quella dove, finalmente, le nostre belle gioie televisive potranno gustarsi “vere partite da play off” ( la frase sarà ripetuta almeno cento volte) quelle dove potrebbe non esserci già domani al primo confronto. Eh sì, teniamo alta la pulp tensione.

Pagelle aspettando con ansia di essere perdonati, insieme al parrucchiere che pettina i cani ai Caraibi, dai Maturi Baskettari che il 6 e 7 maggio saranno prima all’isola del Torcello e poi alla meravigliosa scuola grande della Misericordia veneziana per contarsi, contarsela un po’ su, fare tavolate come quella che immaginiamo gioiosa di domenica sera a Pesaro quando Elio Giuliani, afono per aver tagliato l’erba e non la lingua dei supercritici della palla di Pomodoro, ha mangiato la pizza della salvezza per la Pesaro che mugugna, ma ama sempre alla follia il suo basket, con chi ha scritto un po’ di storia nella società ai tempi di Valter Scavolini: a capotavola il farmer Puglisi, alla batteria il pittore Sacco, voce quasi solista l’evangelista Bianchini un po’ più sollevato dopo la partita che la sua tigre Marina Locchi ha cercato di vincere contro i chirurghi del cuore ammonendoli che dovevano far bene anche se la voce giusta da usare sarebbe stata quella di suo padre doppiatore di James Bond quando 007 era lui, Sean Connery.

10 A Ricky PAOLINI e Ario COSTA perché resistendo a tutto e tutti hanno portato in salvo il brigantino pesarese. Lo hanno fatto senza chiedere sconti, accettando tutto, anche le malvagità. Hanno meritato una tavolata come quelle dello scudetto e speriamo davvero che Austin Daye torni su quel mare, come suo padre, anche se la richiesta che fa oggi sembra difficile da esaudire: vorrebbe una squadra vincente. Servono tanti quattrini e in Italia, quella dell’eguaglianza disuguale, siamo sicuri, qualcuno metterà qualche euro in più vantandosi, poi, di aver visto lontano, gli stessi che sogghignavano su questa scommessa pesarese.

9 Al CORRIERE della SERA e al suo caposervizio dello sport per aver dato voce alle tre parti in causa nella vicenda che ha coinvolto, sfortunatamente, anche la candidatura olimpica di Roma per il 2024. Bastava leggere certe dichiarazioni per capire, capirsi, senza girare intorno a concetti, tipo giustizia, di cui molti non conoscono neppure il significato.

8 A DE RAFFAELE per aver portato la dogaressa di Brugnaro, la gloriosa Reyer, ai play off nella domenica dove mancava un uomo chiave come Owens, nel girone di ritorno affrontato nella tempesta dove Carlo Recalcati ha nuotato controcorrente. Fra i molti e abili tecnici di scuola livornese sembra l’unico a sorridere quest’anno.

7 A Vincenzo ESPOSITO perché questo carpiato per riprendere e battere Sassari, ritrovare un posto nei play off che a tre minuti dalla fine sembrava perduto, vale più di ogni altra impresa nella sua stagione che è da considerare già stupenda perché c’è stato persino chi lo ha contestato.

6 Ai MATURI BASKETTARI perché hanno difeso il loro progetto, il loro annuale raduno senza ascoltare le voci dei borbottanti cronici. Non cambiamo giudizio sulla data, ma a Cino MARCHESE e Paolo MAGNONI, oltre che al gruppo coordinato da Marco Lunardi alla Ghirada, diciamo bravi già adesso. Questa voglia di resistere, resistere davvero davanti alla spocchiosa incompetenza dei padroncini di oggi, li rende già superiori, diversi e quindi amabili.

5 Al REAL MADRID detentore dell’Eurolega per aver lasciato la festa prima del ballo finale. Certo trovarsi Obradovic davanti è sempre problematico, così come possono dire le due greche affondate che hanno scaricato tutto sugli allenatori battuti e ci addolora che il primo a pagare sia stato Sasha Djordjevic che in Diamantidis-Totti non ha avuto la spalla sperata.

4 A CANTÚ perché se c’è una società che ha fallito davvero in questa stagione è quella che non ha mai avuto la Vita Snella a dispetto della sponsorizzazione. Due progetti diversi. Con la fede, con i soldini. Tutti e due affondati e dispiace aver perso una come la Cremascoli e aver visto alle corde uno come Corbani.

3 Alla BOLOGNA della prima fila per la sfida senza ritorno contro Torino. Lo stesso entusiasmo serviva molto prima, così come serve tantissimo l’americano che risolva tutto oggi, e non è facile capire perché questa Virtus si è inguaiata se il suo uomo perno è stato il Pittman marinaio dalle troppe dichiarazioni che facevano sensazione, almeno fino a quando toccava davvero a lui salvare una grande società. Non parliamo degli altri stranieri, a parte il Collins che ne ha viste tante e sa come si soffre e si sta al mondo. Purtroppo per la Virtus non è ancora finita, anche se Dell’Agnello con Caserta e lo stesso amareggiatissimo Vitucci tradito da Torino e la coppia Mancinelli-Dyson la notte del quattro potrebbero ancora sorridere.

2 A BRINDISI che non sembra battere ciglio dopo il divorzio da Bucchi che ha lavorato per 5 anni nel regno che fu di Elio Pentassuglia. Se è vero che sono state le disgrazie a far uscire dalle otto una squadra così costosa, allora perché non andare avanti? Proli ancora oggi dice che il suo errore più grande a Milano è stato cacciare Bucchi. Da tempo, però, Marino e il numero uno di Armani non la pensano allo stesso modo.

1 Alla ROMA di Toti che dall’autoretrocessione è passata allo spareggio per non andare in serie B. Speriamo che Artiglio Caja trovi la rabbia per chiudere in bellezza questa strana parentesi della sua carriera, cominciata con il divorzio insensato da Varese dove soltanto Moretti poteva salvare chi non meritava di essere riportato a riva.

0 Alla MILANO da bere e beona che neppure si vergogna se la sua squadra di basket, l’Olimpia 26 scudetti, è costretta a giocare i quarti di play off a Desio. Era già crudele l’esilio di Assago dove soltanto Armani poteva resistere al brutto del Forum, mettendoci anche tanto per migliorarlo, spendendo una cifra per spostare tutto il lavoro di base così lontano dopo il tradimento del Palalido. Ora questo schiaffo ad un pubblico che anche contro Cremona è stato nettamente superiore a tutti gli altri, persino a quello dello spareggio di Bologna dove, come per certe manifestazioni, a qualcuno sembrava ci fossero 9.000 persone mentre in biglietteria ci hanno detto che erano 7.725. Tanti, ma meno del Forum.

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