Sanremo 1986, la generazione di Eros e l’inno di Scialpi

2 Febbraio 2016 di Paolo Morati

Sanremo 1986

Manca una settimana al Festival di Sanremo (anzi, della Canzone Italiana) numero 66 e come da tradizione parliamo prima del passato. Quella del 1986 fu un’edizione importante, un po’ come tutte quelle anni Ottanta, per vari motivi a cominciare dall’esclusione del playback con ritorno della voce dal vivo su base registrata (per l’orchestra bisognerà aspettare il 1990). A vincere grazie ai voti tramite schedina del Totip, su un palco rigorosamente in stile discoteca, la futura star internazionale Eros Ramazzotti con Adesso tu. Bella canzone, generazionale il giusto (“E ci si trova sempre più soli a questa età non sai… non sai”), coinvolgente tanto da diventare un classico. Secondo posto per un Renzo Arbore al culmine del successo televisivo con Quelli della notte (l’anno prima), che tira fuori un divertissement garbato, pieno di doppi sensi (un clarinetto che sping… si butta un po’ giù… tra una chitarrina… per fare qualche swing), con inevitabile ovazione del pubblico. Terza Marcella Bella, con Senza un briciolo di testa, canzone notturna di stile, non facile al primo ascolto e da interpretare.

Detto del notevole podio (incredibilmente soltanto quarto Toto Cutugno con Azzurra Malinconia), il Sanremo del 1986 presenta diverse canzoni che per varie ragioni hanno fatto storia. Si parte da Lei verrà di Mango, brano moderno, dall’arrangiamento tosto ed elettronico per un artista atipico, unico ed estremamente originale nel panorama italiano non solamente dal punto di vista vocale. Quindi Rien ne va plus di Enrico Ruggeri, premio della critica per una sopraffina pagina di letteratura musicale (“l’amore occupa i capillari molto lento mediando la ragione con un nuovo sentimento”) come il cantautore milanese è più volte stato capace di scrivere, e la ritmata Canzone Triste di Zucchero (penultimo, che regala anche Fatti miei a Fiordaliso), ancora con il cappellino in testa e poco prima del grande balzo nei favori del pubblico italiano (e non solo). E poi Brividi di Rossana Casale, Via Margutta di Luca Barbarossa, Uno sull’altro di Marco Armani, Amore Stella di Rettore… difficile metterle in ordine di graduatoria, per la grande abbondanza.

Notevole attenzione anche ai look in quella stagione – con i Righeira di Innamoratissimo ancora nel loro periodo di grande successo – e vincitrice su questo fronte una splendente Anna Oxa che intonando senza apparente fatica È tutto un attimo indossa con nonchalance una mise nera con cappuccio. Artista completa la Oxa, lo stesso si può dire di Loredana Bertè che sorprende tutti con il criticatissimo ed originale pancione, rockeggiando sulle note di Re scritta dai fratelli Mango.

Il titolo di inno del 1986 è però senz’altro da assegnare a No east no west di Scialpi, coreografico con il giusto eccesso, testo evocativo, e una intro che varrebbe migliaia se non milioni di suonerie odierne;  doverosa citazione anche per Verso il 2000 di Flavia Fortunato, emozionante il giusto nella sua storia generazionale. Canzone da rivalutare la sua, così come nella memoria entra di diritto Vai di Nino d’Angelo, allora ancora con il suo caschetto biondo e facente i pienoni al botteghino. Sempre sul pezzo gli Stadio con Canzoni alla radio mentre piuttosto malinconica la Canzone Italiana di Sergio Endrigo, eccellente autore e cantante che andrebbe ricordato più spesso.

Tra i giovani trionfa Lena Biolcati con Grande grande amore, nella stessa edizione dell’esordio di Aleandro Baldi (E la nave va, secondo davanti a E le rondini sfioravano il grano di Giampiero Artegiani, qui da noi intervistato) e Paola Turci (L’uomo di ieri, firmata Mario Castelnuovo anche lui di recente a colloquio con Indiscreto). Tra tutti, per noi, c’è però un brano realmente incompreso: Futuro di Orietta Berti. Tema pacifista, presentato in sobrio abito da sera sullo stesso palco dove si esibisce il modernissimo Sting con Russians. A parti invertite l’accoglienza sarebbe stata diversa?

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