Recalcati nella Sala dei Battuti

15 Febbraio 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal colle di Giano, zona Bariviera e prosecco, fra pietre scolpite, ricordi memorabili, per andare a cercare Carletto da Milano, nella Sala dei battuti di Conegliano, il Recalcati che mai avrebbe dovuto accettare di stare in casa Brugnaro dopo la prima invasione di spogliatoio. Come il pittore milanese Francesco i dipinti del micione Charlie resteranno sui muri umidicci del basket italiano: tre scudetti in tre città diverse, il primo per due di questi club, Siena e Fortitudo, quello della stella per Varese, l’argento olimpico che premiò il generale fortunato e la nostra scuola senza memoria, qualcosa di speciale, ma non come il bronzo europeo per l’armata dei campioni scalzi portata in Svezia senza neppure la benedizione di chi ce la spediva, stampa, quindi anche, noi, compresa. Diciamo un capolavoro tipo quello del Gamba bronzo europeo a Stoccarda senza mezza squadra, da separato in casa. Diciamo che il Recalcati in sofferenza ha sempre dato più di quello che veniva accolto fra inchini, brindisi e “ti ricordi”. Lo hanno detto tutti quelli che dopo aver avuto il massimo hanno preferito separarsi, con la scusa che non era più lo stesso, colpa del successo, delle cene trionfali sapendo che lui è un morigerato a cui non piace tanto la difesa. Un po’ quello che gli è capitato con la Nazionale quando a farlo fuori nel cupo di Torino, cupo come oggi per il povero Vitucci, fu la Bulgaria, mentre la congiura contro Maifredi aveva stravolto quasi tutto, confondendo le acque.

Succede spesso di vedere nemici fra gli amici e viceversa. Guardate cosa sta accadendo adesso in Lega e nella stessa Federazione dove sta tornando in auge uno dei Bruto’s di allora. Pensate ai legaioli che cercano il tartufo dove al massimo crescono funghi matti. Tanti candidati per dirigere società che non vogliono essere comandate. Ognuno per sé, lo hanno imparato in questi anni di recessione tecnica, anche se i piazzisti del prodotto già venduto vorrebbero farci urlare come Minosse per questa classifica che stringe alla gola tantissime squadre, una bella banda di società dove il concetto base è scritto su un libro diventato film: ”Speriamo che io me la cavo”. Una sola retrocessione. Vedrete che si salveranno anche quelli che sfrontatamente se la prendono con l’allenatore avendogli dato squadrette costruite con pochi talleri. Certo una di queste pagherà tutto, pagherà caro, anche se non è detto che rifarsi il trucco in A2 sia un male. Un campionato amministrato bene, se soltanto resistessero alla chimera del mercenario straniero, dove si può essere visibili, certo non come nella serie A super televista, anche se poi è la stessa cosa: cosa porti a casa dai contratti televisivi? Ottantamila euro per società: pregasi di confrontare con le divisioni nel calcio per capire la demenza della contemporaneità televisiva.

A Milano lo hanno capito e, infatti, stanno abbracciati nella casa dell’Uleb dove Bertomeu non sarà poi così sconvolto se Petrucci ha provato a sgridarlo nell’intervista al Corrierone che ha chiuso il trittico dove si è capito chiaramente come stanno le cose. Certo che comanda il CIO, comitato olimpico internazionale dove, come si sa, non tutto profuma, da tempo. Certo che le leggi sono tutelate dalla FIBA e dalla FIP, governi eletti dalla base, anche se non sono sempre i diaconi di una chiesa emancipata e aperta al vero progresso: basti pensare ai ritardi nelle variazioni tecniche, ancora prigionieri di un tiro da tre che sembra il bersaglio in fiera, un cambia partite che non nasce davvero dal gioco, dalla fatica, dalla sofferenza di avere l’uomo giusto al posto giusto. Tutte verità da condividere, ma ci saprebbero dire il presidente federale e lo stesso Baumann cosa avrebbe di brutto e di antisportivo questa eurolega che dura da 15 anni e ha sempre avuto grandi consensi? Non è aperta a tutte le squadre campioni del vecchio continente. E allora? Ci sono strade per raggiungerla. Molto chiare. Per il resto devi offrire il meglio. Non è possibile imitare la NBA senza retrocessioni? Forse bisognerebbe ragionarci davvero: proprietà, campo di gioco, strutture. Si dovrebbe partire da questa base, tanto i palazzi nuovi te li fanno sospirare. Da quanto tempo Reggio Emilia, Brindisi, Sassari, Cremona, Cantù, Pistoia, Venezia, persino Varese chiedono una casa nuova, moderna, dove far crescere davvero una società? Non è mai successo niente e adesso siamo qui a tremare perché fra le retrocedende ci sono fior di società che hanno fatto storia, vinto scudetti, sapendo che altre con questi trofei appesi al soffitto già sono in A2, dove, per fortuna, hanno più o meno lo stesso pubblico dei giorni d’oro, a parte Roma che, a furia di ringraziare Toti, è proprio sul fondo del barile.

Per indorare le pillole del cattivo riposo si sono già mossi i latinisti: promuovere per rimuovere. Dunque meglio Marino sindaco di Brindisi che presidente di Lega? Fissazioni legaiole che valgono come il due di picche. Dunque meglio Recalcati presidente di Lega che allenatore in serie A? Gli avevano già tirato la volata per la presidenza federale, ma fortunatamente continuò ad allenare. Certo a capo della Lega sarebbe interessante avere uno che ha visto e vinto di tutto e di più. Ma soltanto se avesse pieni poteri. Un buon stipendio e le mani libere. Se sbagliasse? Avanti un altro. Tempo fa in Lega non furono contentissimi del Bassani che poi ha fatto cose buone per l’Uleb: se ne dovette andare, diciamo che lui ha lasciato i burattini e la baracca in mano ad altri. Ora pure lui potrebbe diventare il salvatore di una Lega che sembra temere, più di ogni altra cosa, gli squadroni che ruotano intorno allla massima ricchezza avendo come massimo titolo sportivo quello di essere ben visti là dove si puote. La famosa legge petrucciana sul valore applicata come più conviene.

Certo per noi, che, aiutati da Nada, non ci sentiamo in colpa se il nostro cuore è zingaro e va dietro a ricordi che certo non si consumeranno in un intervallo di partita, questo siluro lagunare a Recalcati non sorprende. Se a Sassari si erano inventati la storia del ricambio fisiologico prima che finisse un progetto datato 2018, o anche 2017, perché le vittorie del Meo Marameo Sacchetti erano arrivate molto prima, figurarsi cosa poteva fare il sindaco Brugnaro da presidente occulto. Certo hanno abusato della sua pazienza. Tutti. Staff tecnico e giocatori. Partite vergognose, reazioni da licenziamento in tronco, squadra riconfermata quasi al completo e mai squadra. Però non è così che si congeda uno degli allenatori che hanno fatto storia. Lo poteva fare a Sassari il Sardara che viene da altri mondi e che con quel contratto a Sacchetti, fino a che la crisi non li avesse separati aveva pure indicato una strada, una bellisisma strada, non il Brugnaro che, rifacendo la Misericordia, lottando per Venezia e la storia Reyer sa di essere finito oltre la Chiesa della Salute come quel giorno in cui fingeva di non vedere l’obbrobrio in costruzione davanti alla meraviglia della città che lo aveva eletto sindaco. De Raffaele è stato leale compagno di viaggio per Recalcati. Ora gli tocca una squadra che, ad inizio stagione, riteneva costruita nel nome del sacro egoismo che ha sfasciato tutto. Ne abbiamo la prova. Recalcati sapeva leggere, fare autocritica. Ammise e credeva al suo vice. Hanno sperato, ma come tanti sergenti Lorusso in Mediterraneo si sono trovati i mostri in laguna. Giocatorini che erano convinti di essere stati derubati dal destino di una carriera dove squittiscono i fanatici della NBA.

Salutato Recalcati che avrebbe dovuto essere all H2C hotel di Milanofiori per la presentazione delle finali di coppa Italia, eccoci nella settimana dove di otto ne resterà soltanto una. Siamo alla prima prova dell verità nella stagione che piace alle gente che non si è mai pentita di aver sposato certa gente. Camminare sui carboni ardenti. Milano strafavorita anche se in ogni partita ha quasi sempre sette, otto minuti di narcolessia, come succede alle squadre tenute nella bambagia, imborghesite dallo splendore che vedono intorno, quindi disposte a soffrire soltanto un po’, mai per tutto il tempo. Insomma Repesa è davanti al muro dove Mihajlovic ha tentato di lapidare qualcono del suo Milan in rimonta. Ci sono già cascati due volte nel pentolone della coppa Italia: dovevano stravincere a Milano, due anni fa, a Desio l’anno scorso. Uscirono in pezzi e quei pezzi non furono mai rimessi a posto se alla fine, anche vincendo uno scudetto, hanno cambiato squadra e, persino, l’allenatore del ventiseiesimo titolo che, come sanno i pitagorici, arriva dopo una storia lunga dove per arrivare a 25 si è faticato tanto, ma così tanto che ora fa persino rabbia vedere certe facce sul carro di chi te la racconta per spiegare come si fa.

La rivale vera di Milano? Diciamo Avellino e non soltanto per l’ottava vittoria consecutiva in campionato, ma perché ha fatto squadra e la società, con Alberani alla costruzione della nuova casa, sembra quella dei giorni in cui Boniciolli sbalordì l’italietta sospettosa portando il trofeo nell’Irpinia che dimenticò persino i lupi di Sibilia. Sembra potercela fare perché a Reggio Emilia, come l’anno scorso, devono fare sempre i conti con la sfortuna. Diciamo che andando contro l’esercito arruolato un tempo dal professor Guerrieri, che giurava di conoscere il risultato appena incontrava quello da lui considerato uno iettatore, sapendo che Menetti, da fedelissimo di Lombardi, è legato a questa massoneria del colore viola, noi pensiamo che siano invece gli dei ad essere gelosi. Fateci caso. Interviste, copertine. Appena c’è la ribalta questi nuovi idoli cadono. In ogni sport direbbero Ranieri a Leicester, Parisse nel rugby, magari anche la Brignone nello sci dopo Wierer. Insomma se passa Avellino può tenere fino in fondo perché ci sembra più solida di Trento, ammesso che la squadra di Buscaglia, un po’ imborghesita, difesa sempre molle, ce la faccia a battere quei leoni di Pistoia che Vincenzo Esposito porta all’attacco anche quando perde pezzi, ma sono loro i Fury del torneo.

Dall’altra parte difficile credere che Milano, anche se incompleta, insomma senza Gentile, possa sbagliare adesso che Batista garantisce ai tiratori che non resteranno soli con la manina al vento in caso di errore. Emporio e la sua ricchezza di organico. Dicono sia meno forte dell’anno scorso e di due anni fa. Non ne saremmo sicuri, di certo gli avversari davanti sembrano meno carrozzati, ma non sapevamo ancora del risvglio di Avellino riaffidato alle mani del marchese Green. Chi contro Milano nell’altra semifinale? Be’, Calvani è convinto che tutto sia cambiato nella casa protetta da due coppe Italia ed uno scudetto. Sarà Cremona a dircelo, ammesso che recuperi il dìoscuro Luca Vitali, e non si ubriachi con il primo posto in classifica mai visto prima nella storia di casa Vanoli, una nobil casa. Buona visione ai forzati del Forum, 4 partite venerdì, cominciando a mezzogiorno, con prostata urlante sapendo che per raggiungere i bagni si dovrà trottare, con tribune più o meno piene. Hanno tenuto per la seconda parte, pomeriggio e sera, le partite che dovrebbero spostare qualche viandante in più nel giorno feriale.

Pagelle per sentirsi ospiti desiderati fra il falso gotico e il finto rinascimento del nostro basket.

10 A MESSINA per aver preso con ironia la farsa della partita fra le sue stelline del mondo contro gli americani della nuova generazione. Se avrà questo buon umore ne avremo giovamento anche in una Nazionale dove, se lo ricordi, non tutti, hanno il senso dell’umorismo e sanno cosa sia l’autocritica.

9 A Ciccio Guido BORGHI per la telefonata a Sandro Gamba, presidente della commissione che valuta i candidati alla Casa della gloria del nostro basket, per la scelta del’IGNIS che suo padre portò alla gloria, allo scudetto ,alle coppe, aiutato dai Bulgheroni, da Tedeschi, da Gualco. In questa commissione hanno messo anche noi suscitando nervosismo e quel pizzico d’invidia che ci fa sorridere perché fotografa mediocrità acclarate, come si nota da certe fibrillazioni scomposte, ma la scelta dei promossi di questa edizione è del gruppo precedente, dove Gamba era sempre il presidente, ma dove c’erano, coordinati dallo splendido Blasetti, anche Peterson, Bianchini, Cino Marchese, Mabel Bocchi e Tony Cappellari. A loro il merito di aver scelto Tanjevic, Bisson, Bianca Rossi e Achille Canna che ovviamente condividiamo.

8 Al BOATRIGHT che si è guadagnato una casa sul mare di Capo d’Orlando con la prodezza che ha mandato in crisi Varese. Certo se imbrocchi il giocatore giusto qualcosa cambia. Noi pensiamo che lo avrebbero fatto anche con Griccioli, senza nulla toigliere a questo Di Carlo che sembra avere padri nobili nella sua scuola cestistica, come si capisce dalle dediche dopo vittorie importanti.

7 Ad Esteban BATISTA nuovo totem al centro del padiglione Armani perché ha reagito bene all’impatto con il nuovo ambiente, bello quello di Pistoia così distante dalla Cina appena lasciata, i nostri arbitri che gli hanno ricordato come si dovrebbe usare il perno, una squadra dall’umore instabile che un po’ ascolta l’orco Gelsomino e un po’ la sua pancia capace di riempirisi troppo in fretta. Serviva un centro di gravità permanente alla Milano già strafavorita.

6 A Pino SACRIPANTI che sembra tornato in prima posizione per dirigere la under venti di Azzurra. Se lo merita per i risultati del passato, ma, soprattutto, per non aver detto a voce alta quello che pensava davvero dopo l’edizione disastro in casa nostra, per la disperazione di tutti, partendo dagli organizzatori. Ora Avellino gli chiede il massimo. Un Pino alla grande, sfuggito, per fortuna, alla Cantù che non sembra in progresso anche se prende un giocatore nuovo a settimana.

5 A TREVISO e BRESCIA, che hanno chiuso ai supplementari la bella sfida di A2 dove il mago Pillastrini ha prevalso sui lombardi del credente Diana, per averci fatto venire il rimorso di essere stati attirati da pessima serie A piuttosto che andare dietro a questa A2 dove sembra che anche Siena si stia riprendendo, nella speranza che arrivi gente capace di dare alla società una solidità necessaria per questo gruppo da premiare già oggi per come cerca di tenere insieme quello che un time out di troppo ha sfasciato.

4 Alla VARESE brontolona che se la prende con tutti sapendo bene che se vai a fare la spesa con pochi soldi rischi anche di portare a casa giocatori scaduti o, magari, soltanto confusi. Certo è triste dover festeggiare la migliore partita di un italiano, Ferrero, quando lo stesso giocatore esce dal campo scuotendo la testa domandandosi se chi è arrivato per salvare Varese ha capito davvero.

3 Ad Allan RAY che ha tutto il diritto di essere in ritardo dopo i guai fisici, ma certo se il salvatore delle baracca lasciata andare alla deriva senza di lui, quando serviva un innesto non previsto da chi certo merita di apparire, ammesso che possa coprire certi difetti di organico,perché se il tiratore fa 0 su 4 da 3 c’è da preoccuparsi per il futuro Virtus, di una squadra che è l’unica a non avber mai vinto in trasferta. Sarà un caso?.

2 Al KAUKENAS furibondo visto a Pesaro perché prendendosela soprattutto con se stesso, come sanno fare i grandi campioni come lui, una storia grandissima di giocatore in Italia e in Nazionale, ha mandato in confusione molti del super asilo di Menetti. Lo capiamo, ma a Reggio Emilia serve la sua saggezza, non soltanto il suo furore. Soprattutto adesso.

1 All’ORECCHINO d’ORDINANZA che gli arbitri sembrano tollerare se protetto con un cerotto. Ora diteci voi perché gente che è già sotto i riflettori, negli sport professionistici, deve cercare di farsi notare con oggetti che saranno anche utili all’equilibrio, alla mente, che saranno pure eleganti, ma sembrano esagerati. Insomma dal tatuaggio all’orecchino ci sentiamo di riconoscere persone che amano la vetrina e lo sport te la concede soltanto se prima ha pulito i pavimenti.

0 A BRUGNARO per aver mandato via Recalcati, a quelli che per addolcire la pillola al vecchio condottiero, fanno sapere che potrebbe davvero essere il nuovo presidente di Lega o, magari, se mancasse l’alleanza prevista fra Roma e Lombardia, l’unico avversario per la rielezione di Petrucci che non dovrebbe avere rivali, ma sapete come vanno le cose da noi. Metti che a Torino….

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