Me lo do io il Brasile, folgorati sulla via di San Paolo

14 Gennaio 2016 di Andrea Ferrari

A come Açaí, frutto dal sapore difficilmente descrivibile (ricorda vagamente l’amarena), ottimo come sorbetto e persino nel mojito. Provatelo.

B come bunda ovvero il culo. Quello delle brasiliane non è un mito da cartolina, come credevamo prima di toccare con mano (in senso metaforico), ma la nuda e cruda realtà: agli amanti del genere verranno torcicollo e mal di testa.

C come Caraiva. 50 chilometri di strada sterrata per arrivare in questa bella località nello stato di Bahia, frequentata da brasiliani, pochissimi stranieri e ancora meno italiani. Non c’è asfalto e si gira ancora col carretto tirato dai cavalli, internet lento via radio e telefono che prende in pochi punti.

D come dossi. Se la qualità delle strade e della segnaletica indica la civiltà di una nazione, be’, allora qui siamo nel terzo mondo. In particolare i dossi scoloriti e mal segnalati, in strade spesso “sgarruppate”, sono delle trappole.

E come entusiasmo. Pur tra i tanti problemi, l’impressione è che qui vedano comunque il bicchiere mezzo pieno, al contrario che in Italia si pensa che il futuro sarà o potrebbe essere migliore del passato. Vale anche per classi sociali sul cui futuro non scommetteremmo.

F come fisico. Sarà che col caldo ci si veste poco, ma l’attenzione al corpo è altissima e senza grandi distinzioni di età. Quasi in ogni via c’è una palestra.

G come gentilezza. Dal bar più umile alle stazioni di servizio in mezzo alla foresta, il personale con cui si ha a che fare è sempre stato sorridente e disponibile senza bisogno di indicazioni ‘corporate’. Qui siamo in pieno primo mondo.

H come “ho fame”. La cucina italiana sarà anche la migliore del mondo e avremo tutte le eccellenze DOP, DOC, eccetera, possibili, ma il livello di cibo-servizio che poi si trova in molti posti è peggiore anche di quello riscontrato in Brasile (dove tutti coloro che lavorano in cucina hanno la retina nei capelli, ad esempio).

I come instagramer-influencer. Nonostante le foto uber cool, Gabriela Pugliesi (https://www.instagram.com/gabrielapugliesi/?hl=pt-br) ospite della nostra stessa Pousada a Caraiva, vista di primissima mattina (e prima di sapere chi fosse) ci è sembrata quasi una punkabbestia…

L come lime o limao. Fa le veci del nostro limone (che in Brasile è invece chiamato limao siciliano), viene messo un po’ dappertutto e ne esce sempre dignitosamente.

M come Museo de futebol. Allo stadio Pacaembu di San Paolo, l’ingresso costa un prezzo quasi simbolico, merita ed è molto affascinante la parte dedicata alle tifoserie con proiezioni tra la terra e il cemento che si trova sotto i gradoni dello stadio.

N come nomi delle vie. Nelle nostre città abbiamo ancora le targhe di marmo con le scritte scolorite su cui di notte non si legge un beneamato cazzo (scusate il francesismo), qui lo stile è più moderno (ohibò, diranno i tradizionalisti alle vongole) e i cartelli vengono posti più vicini a chi li deve leggere…

O come Oscar Niemeyer. Se v’interessa l’architettura, il Brasile (soprattutto San Paolo, ça va sans dire) è pane per i vostri denti. Ad esempio, nel parco di Ibirapuera della capitale paulista ci sono, oltre agli skater, svariate opere del grande architetto brasiliano. Fateci un salto.

P come pelati. Altra cosa che abbiamo notato è che di uomini pelati ce ne sono pochissimi, sarà l’approccio positivo alla vita, saran le proprietà straordinarie della frutta tropicale. Ci piacerebbe parlarne con il professor Scapagnini, se fosse ancora vivo.

Q come “quando esce un veicolo da un edificio…”. C’è sempre una specie di semaforo che lo segnala ai pedoni, cosa che abbiamo visto anche negli Stati Uniti. Anche qui l’Italia esce sconfitta.

R come rock. Al di là del folklore dei vari samba, forrò ecc. i brasiliani hanno una passione sfrenata per il rock e hanno anche buoni gusti. Non è un caso che abbian inventato “Rock in Rio”… Thumbs up!

S come San Paolo. Ci sembra la perfetta metafora del Brasile, in bilico tra l’essere una New York latina e una megalopoli del terzo mondo: troppo grande per trarne un giudizio definitivo, difficile anche per chi ci vive. Ma secondo noi merita di essere vista e scoperta.

T come trenino. La canzone clou di Capodanno che fonde vari pezzi brasiliani tipo Zazueira, Taj Mahal ecc. non esiste, nel senso che qui non la conosce nessuno. È un’invenzione tutta italiana e dobbiamo esserne fieri.

U come Uber. Tutto il mondo è paese e anche a San Paolo abbiam visto i taxisti mentre eran intenti a protestare a suon di petardi e blocchi stradali contro l’app (che abbiamo provato). Che dire… tariffe e servizio molto migliori rispetto ai taxi (ci hanno regalato anche l’acqua).

V come Vitoria. La capitale dello stato di Espirito Santo non è certo una meta turistica, quindi da bravi antropologi ci è sembrato il posto giusto per tastare il polso al “paese reale” brasileiro, il lungomare la fa sembrare una piccola Rio.

Z come zero alcool. Qui non c’è alcuna soglia, se bevi non guidi, stop. Ci sembra un’esagerazione, anche perché al contempo la manutenzione di strade e “autostrade” è imbarazzante, con tanto di camion cappottati che abbiamo visto in presa diretta.

Andrea Ferrari, da San Paolo, in esclusiva per Indiscreto

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