Legge Boschi o vecchio Senato?

12 Gennaio 2016 di Indiscreto

In anticipo di una decina di mesi sulla probabile data del referendum il nostro Di qua o di là si occupa di quella riforma costituzionale che per intenderci chiamiamo Legge Boschi. Dopo l’approvazione alla Camera necessita di altre due votazioni, una al Senato e l’altra ancora alla Camera, prima di diventare definitiva, prima del referendum, prima di entrare in vigore (nel 2020 se tutto va bene, o male,). Punto fondamentale della riforma è il cambiamento quantitativo e qualitativo del Senato, per superare l’attuale bicameralismo perfetto. I senatori da 315 eletti, più quelli a vita, diventerebbero 100 (minimo due per regione): 74 espressione dei consigli regionali, 21 dei sindaci e 5 di nomina del Presidente della Repubblica. Non è ancora chiara, anche se basterà una legge ordinaria per stabilirla, la modalità di nomina dei consiglieri-senatori e sindaci-senatori: di base dovrebbero farlo gli elettori, ma si parla anche della possibilità che a scegliere siano le assemblee regionali. Per il Senato oltre composizione cambierà anche ruolo nell’iter legislativo, che sarà moltissimo ridotto, ma l’effetto più importante sarà sulla stabilità del Governo, a cui per stare in piedi basterà la fiducia della Camera. In più vengono ufficialmente aboliti Cnel e province, mentre è modificata la procedura di nomina dei giudici della Corte Costituzionale. Introdotto (con 800.000 firme richieste) il referendum propositivo. Ci sarebbero tanti altri aspetti da analizzare, alcuni anche pieni di contraddizioni (al punto che noi al bar non abbiamo capito se la parte sul Titolo V sia federalista e antifederalista), ma la sintesi della riforma è questa. La domanda è quindi semplicissima: siamo d’accordo con la legge Boschi o preferivamo il vecchio assetto del Senato e degli altri punti toccati dalla riforma?

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