L’Olimpia e i suoi nani

29 Dicembre 2015 di Oscar Eleni

Oscar Eleni scappando dall’ospedale Gaslini di Genova in compagnia dei dodici anziani ricoverati dopo un esagerato cenone di Natale. I servi sciocchi, chi è nato per servire e non capisce il piacere della grattatina nella foresta, mai nelle caverne (quelle le frequentano i padroni delle ferriere per organizzare il loro circo con nani e ballerine, confondiamo sempre le cose), si divertono a stare a servizio, come dice il capo della Mano Nera nel Padrino. La fuga ci porta verso Vienna dove siamo attesi della famosa delizia al cioccolato chiamata torta Sacher, perché gli anziani hanno ancora fame, di tutto, vogliono il dolce, ma pure le storie sull’albergo dove andavano a “curarsi” il pittore Klimt e lo scultore Rodin, molte pazienti di Freud, l’imperatrice Sissi, un musicista raffinato come Mahler. Gita premio alla faccia dei medici, anche se molti ci tengono davvero alla salute dei loro pazienti tanto per essere preparati al nuovo anno, che sarà quello della scimmia. Quindi, come dicono i giapponesi, avanti col rosso che garantisce fortuna e salute di ferro.

Se lo augura l’Olimpia Milano che compirà ottant’anni e anche quando gioca in nero un ricordo di rosso lo mette sempre nelle nuove maglie create in un posto dove non mancano la fantasia e la genialità. Certo le pedane per le sfilate non sono come un campo da basket, magari anche il sudore è diverso. Comunque sia avete visto pur con tanti infortunati, tanti allenamenti in meno, tanti problemi e figuracce europee la ricca progenie è in testa alla classifica e se lo è oggi, da cavallerizza dimessata figurarsi domani se Sanders sarà quello che temeva quando giocava a Sassari.

Lo auguriamo, personalmente, al quasi ottuagenario Dan Peterson nato il 9 gennaio 1936 ad Evanston, Illinois, nel giorno dell’ambizione, come Nixon, e ti pareva, un capricorno di sicuro successo che ha come carta dei tarocchi quella dell’eremita. Per lui saranno giorni di grandi emozioni: il 9 candeline, comperate ovviamente non da lui, da spegnere nell’albergo trentino dove parlerà ai “convocati” per la partita delle stelle contro il suo memorabile nemico Bianchini. Il giorno dopo sagra del Teroldego a canestro, nella speranza che i ragazzi del coro non credano davvero di trovare solo gente che fa oh, ah, uuh, per una palombella da schiacciare in canestro. Poi sarà celebrato alla rosea e nella sala Buzzati entreranno soltanto quelli che avranno superato il test dei ser biss del sistema, insomma gente selezionata per parlare bene di una carriera straordinaria: come allenatore ha cambiato il nostro basket; come giornalista, uomo televisivo ha saputo tradurre bene quello che ha imparato a casa sua e che da noi era ancora un mistero, anche se avevamo già conosciuto Mike Bongiorno.

Entriamo nell’anno della scimmia avendo in tasca sette degli otto nomi per la coppa Italia del 19 febbraio al Forum: quattro partite per gente golosa, pazienza se alla fine scopriremo, anche questa volta, che la formula è ormai superata. Ma chi glielo spiega a lorsignori, con tanta gente a servizio? Quelli sono ancora convinti che aver dato tutto alla sicumera pro nobis della televisione sia il naturale superamento di ciò che davvero è stato il basket, con la sua Lega rinforzata, nell’Italia che quando giocava le coppe non spariva come una macchia d’unto col via va. Già faranno fatica a comprendere il risultato della cartina di tornasole rappresentato dai record di pubblico per la serie A2 super-affollata. Il Natale col tortellino in piazza Azzarita per 5.010 spettatori paganti, il Santo Stefano del Palaverde a Treviso con 5.305 al botteghino, i 3.589 di Agrigento che erano più o meno quelli di Cantù e Torino, più di Capo d’Orlando e Reggio Emilia. Quindi non è vero che siamo in pieno rinascimento, parole del Vate, soltanto perché vediamo almeno sei, sette partite a settimana. Con tanto di Basket Room allo zenzero e latte di suocera. Nessuno farà caso alla chiusura di “Si Basket” del Matteo Gandini con la sua giovane squadra di opinionisti, più o meno liberi, su Sport Italia, una televisione che non ha mai avuto i mezzi per assecondare davvero la fame del “neobasket”, ma che avrebbe anche potuto essere aiutata e qualcosa di buono sarebbe venuto fuori.

Tornando al campionato che eccita chi insiste a volerlo vendere, pur avendolo già comperato, manca un nome per le finali di Assago. Cremona potrebbe davvero fare un dispettuccio alla Brindisi del presidente di Lega se dovesse vincere al pala Pentassuglia mentre Cantù, nella bufera di Varese, pochi soldi e pochissime idee, andrebbe in alto mettendo a ncora una volta a terra il povero Moretti. Da non trascurare Avellino, che potrebbe pure arrivare a 14 punti rimettendo in castigo la Reyer che contro Trento ha perlomeno ritrovato il suo popolo, capeggiato dal sindaco, magari soltanto metà della squadra, ma è bastata per far capire a Trento che nel delicato momento di passaggio da rivelazione a protagonista del campionato ci sarebbe bisogno di una revisione. Non puoi fare il salto di qualità se dai così poco valore al possesso di palla, alla difesa, se si sfugge ad un sistema di gioco che aveva dato anche 14 punti di vantaggio, per andare dietro alle soddisfazioni personali. Da statistica.

La malattia resta questa nel nostro basket dove le squadre cambiano tanto spesso: come diceva quell’allenatore di baseball, nel film “L’arte di vincere”: gioco, faccio giocare, in modo da potermi presentare con qualcosa in mano al prossimo colloquio di lavoro. Ci tengono tutti e spesso si tradiscono fingendo di non preoccuparsi del meno tot nel famoso plus minus, perché la prima cosa che chiedono al loro agente è se la statistica “ stabbuona”: pazienza se i compagni, in spogliatoio vorrebbero strangolarti.

Vedremo domenica, per lunedì hanno lasciato Pesaro-Torino alla televisione, una delicata partita salvezza, ma perlomeno i giornali avranno tempo di mostrare questo tabellone della coppa Italia nella speranza che queli di RCS non si trovino sulla strada gli stessi che nel mondo rosa vorrebbero chiudere la televisione, rivedere tanti contratti, mettendo oltre il muro dell’EXPO molto precariato. Se quelli andranno a fare i conti in tasca, passando dal botteghino potrebbero avere qualche brutta sorpresa, anche se, a parte Brindisi, ammesso che ci sia, Sassari, Pistoia, le altre sono tutte in zona Assago. Figurarsi se dovesse entrare nelle otto Cantù, come ultima qualificata, mettendosi sulla strada di Milano o Reggio Emilia.

Sono le due capolista alla fine del 2015. È davanti Reggio per il confronto diretto vinto nella sua mini arena. Milano potrebbe scavalcarla battendo Sassari e se Bologna smettesse di essere una povera orfanella, come capita nei quarti tempi di troppe trasferte, chissà se la denuncia, chiarissima, del vecchio Civola, farà almeno dubitare i signorotti del Consorzio che non hanno bisogno dei Villalta, ma certo di qualche lezione approfondita su quello che era davvero la Virtus, anche quelli che ne erano tifosi, ma non sapevano leggerne il vangelo e le regole. La Virtus contro Reggio Emilia. Bella sfida ora che Menetti sembra quasi a posto, anche se gli manca sempre Polonara al momento sostituito da uno strano gemello tornato dall’Europeo con le stimmate, come se avesse passato troppe notti sentendo il dottor Hubbard nella stanza accanto, quella dello staff tecnico. Per l’impazienza dei compagni di avventura, zingarata, insomma per i fuggiaschi dal Gaslini, non dalle caverne, meglio passare alle pagelle.

10 A Valerio BIANCHINI che dovrebbe essere ospite fisso in RAI, magari pure da SKY. Come quando si è inventato Vate del basket, lui ha sempre qualcosa da dire. Sa trasformare i pani e io pesci del sistema. Per matrimonio ha lasciato gli oratori entrando in un mondo di teatranti, nel cinema, sognando librerie sempre aperte. Affascina. Anche adesso che ci sente meno e, magari, storpia qualche nome.

9 A RECALCATI e DE RAFFAELE perché nessuno meglio di loro impersona la famosa coppia del poliziotto buono e quello cattivo. I giocatori della Reyer sono fortunati. Il presidente sindaco tifa soltanto, la società regge e non segue l’onda servile del “siamo costretti a cacciare”, per cui hanno sopportato un girone di andata men che mediocre. Ora, però, serve qualcosa di serio, guai lasciar rientrare chi merita di stare seduto.

8 Al CALVANI che sembra aver trovato sintonia con la SASSARI che gli è stata donata: quindi da non guardare bene, anche in bocca, come si farebbe coi cavalli. Ha fatto da mediatore fra due sistemi. Intelligente. Bravo. Lo era anche a Roma.

7 SAHIN e LAMONICA sembrano davvero i migliori arbitri del movimento, anche se ci sono giovani interessanti da valutare. Siamo contenti per Prandi se la navigazione andrà avanti tranquilla, ma conoscendo il settore e l’ambiente dubitiamo che l’anno della scimmia sarà come quello appena finito.

6 Al VITUCCI che è tornato cavallo di una scopa con quella sua aria da Potter di Laguna che conosce i suoi fioi. Certo è doloroso sapere che ai giocatori piaci più del maestro precedente. È successo anche lui. La gente mormora, il paese è piccolo. Meglio comunque vincere anche quando non giochi bene e trovi sulla strada i resti di una squadra che ti aveva messo sotto.

5 Ai COMUNICATI di esonero dove appare sempre la parola ‘inevitabile’, insieme agli auguri per il licenziato. Intanto sarà meglio che oltre agli auguri arrivino sempre gli stipendi a fine mese, poi sarebbe inevitabile tacere se perdi tante partite avendo una rosa ridotta e poi decimata da infortuni come Griccioli a Capo d’Orlando, sbagliatissima come quella della Varese dove chi ha in mano il piccolo portafoglio sembra una falena sopresa dal neon della notte di una classifica coerente con quanto investito. Puntare sul tecnico, sul manager è banale: certo per Arrigoni brutto momento, si è visto a Bologna come hanno fatto la squadra dopo di lui.

4 A BRINDISI perché adesso che sembra al completo rende meno di quando era in emergenza e aveva Cournooh e Zerini al centro del sistema. Succede, ci vuole tempo per assestarsi, ma la cosa peggiore è aspettare il salvatore della patria. Nello sport è pericoloso e letale.

3 A Luca VITALI perché ci fa sempre passare per strangolapreti del vivaio nazionale quando insistiamo a dire che non abbiamo regia per Azzurra. In verità lui non c’era a Berlino e Lilla, mentre giocava il Cianciarini che sembra non riuscire a venir fuori dal lato oscuro della vita professionale in una squadra che non è famiglia. Certo se ispira così CUSIN allora c’è vita sul pianeta del basket italico.

2 A CLAUDIO SILVESTRI perché se ne va in pensione, proprio lui che dovrebbe restare a vita per accompagnare ogni squadra nazionale nei viaggi duri del prossimo futuro. Caro Petrucci mandi al diavolo i burocrati, ad Azzurra uno come Silvestri serve forse anche più che ad una federazione.

1 A Stefano VALENTI responsabile dell’area comunicazione della Lega Nazionale Pallacanestro perché fa davvero sembrare abissale la differenza con altri di tipi di comunicazione nella massima serie. A parte Bologna e il giornale della Reggiana, per il resto distacco e pregiudizio, sicumera e poca disponibilità. Temendo più il padrone di tutto il resto. Fosse capitato un po’ di tempo fa non se la sarebbero mai cavata.

0 A Micah DOWNS per aver fatto passare per brontoloni vittimisti tutti quelli che sbertucciano la nuova generazione di stranieri del nostro campionato. Certo è impressionante il partitone fatto per Caserta e Tigre Dell’Agnello nella vittoria importanate e quasi salvifica contro Brindisi. La verità è che qualche volta si trova la perla, ma spesso si prende il colera. Meglio così, pure sapendo che appena le luci si accendono senti arrivare nel borgo il menestrello che offre il doppio, anche soltanto per cambiare agente.

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