Bella Ciao o Happy Days?

9 Novembre 2015 di Indiscreto

La nascita di Sinistra Italiana si presta a molte considerazioni politiche, fra le quali la più centrata ci sembra quella di uno che ne sta fuori come Civati (“Una riorganizzazione di SEL”), ma dal  punto di vista antropologico l’interesse non può che essere rivolto alla divisione tracciata da Fassina fra l’Italia di Happy Days, nella sua testa rappresentata da Renzi (e non solo per il giubbotto alla Fonzie sfoggiato dalla De Filippi), e l’altra Italia. Quella, siamo noi a parlare e non Fassina, rappresentata da chi fuori dal Quirino cantava ‘Bella Ciao’. Non è banalmente una questione novecentesca, cioè la sinistra contro il centrismo come volto mascherato della maggioranza silenziosa di destra, ma un approccio globale all’esistenza che è trasversale alle vecchie e anche alle nuove sigle politiche. L’opposizione a qualcosa, in genere a tutto ciò che è nuovo (che sia una riforma costituzionale o una bistecchina di soia OGM), in contrapposizione all’ottimismo prepolitico che nell’immaginario occidentale è rappresentato dall’America degli anni Cinquanta (discorso già fatto per Ritorno al Futuro, ma non è che nel frattempo abbiamo ingaggiato nuovi opinionisti: del resto gratis è difficile). Non è insomma un sinistra contro centro (o destra), tanto è vero che i vecchi comunisti parlavano esattamente lo stesso linguaggio dei democristiani, ma un’idea della politica contro un’altra. In una il riformismo della propria parte è ritenuto peggio del massimalismo di quella opposta, nell’altra il riformismo è ritenuto un valore in sè. L’abbiamo messa giù pesante, quando invece è come al solito una questione di pelle e di tifo. Più chiaro di così: Bella Ciao o Happy Days?

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