Banca Etruria, un’obbligazione per amico

30 Novembre 2015 di Stefano Olivari

Soltanto i lettori di pochi giornali hanno nei giorni scorsi saputo del modo in cui il Governo ha salvato dal fallimento quattro banche di discrete dimensioni: Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Banca Marche, Carife e CariChieti. Un decreto che ufficialmente fa pagare il conto del salvataggio a parte del sistema bancario e ufficiosamente alla loro clientela, visto che per accollarsi questa grana le grandi banche di sicuro avranno qualcosa in contropartita. Sintetizzando al massimo: il provvedimento di Renzi salva direttamente i correntisti, per la parte non protetta dal fondo interbancario di garanzia (quindi quella oltre i centomila euro) e i detentori di obbligazioni ordinarie. Quindi questo salvataggio, l’ultimo nella storia d’Italia prima che da gennaio diventi operativo il ‘bail in’ europeo, è stato accollato alle banche che partecipano al cosiddetto fondo di risoluzione (Intesa, Unicredit, Ubi e Popolare) da 1,7 miliardi? A loro, ma non solo. Partecipano al salvataggio, del tutto involontariamente, anche i detentori di obbligazioni subordinate…

È il caso di Banca Etruria, l’istituto di cui è stato vicepresidente il padre di Maria Elena Boschi, banca che simpaticamente ha comunicato ad alcuni suoi affezionati (…) clienti, nemmeno a tutti, che i loro risparmi erano da considerarsi azzerati. Parliamo di 35mila risparmiatori toscani, in pratica una città… Anche se, stando alle notizie attuali, non è detta l’ultima parola perché non tutte le passività delle quattro banche originarie sono state cedute alla loro versione risanata, o bridge bank che dir si voglia…  Ne abbiamo parlato al telefono con Letizia Giorgianni, giornalista di Montepulciano che insieme alla madre si era vista consigliare dal consulente finanziario della banca, 8 anni fa, un’obbligazione con scadenza 30 ottobre 2016 a un tasso, dice, del 7%: “Abbiamo saputo che i nostri risparmi erano finiti nel nulla non perché ce lo abbiano detto, ma soltanto perché ci siamo poste noi il problema. Soltanto dopo ripetute richieste ci hanno spiegato di non far conto sui nostri 100.000 euro, 75 di mia madre e 25 miei. E pensare che all’inizio alle nostre domande ci dicevano di stare tranquilli e che il bond sarebbe stato rimborsato nel 2016”.

Così non è stato, come confermato dalla nota della Banca d’Italia, ed alla fine il direttore della filiale ha comunicato che sì, effettivamente, i soldi non c’erano più ma che comunque non dipendeva da Banca Etruria bensì dal provvedimento del Governo. Giorgianni ci ha dato il codice Isin del bond, It0004119407: oltre a verificarne la storia abbiamo chiesto un po’ in giro a chi per mestiere piazza roba del genere. Bignami: le obbligazioni subordinate non sono assimilabili, se non per assonanza, a quelle vere e proprie (le senior, in ‘banchese’), perché comportano un rischio per la cedola e anche per il capitale se l’emittente fallisce o entra in una procedura di liquidazione. In altre parole: sono uno strumento a rischio molto superiore rispetto a un bond corporate normale, da non proporre a chi non ha una cultura finanziaria adeguata (cioè quasi tutti noi). Fra l’altro non è nemmeno chiaro a quanto ammonti la spazzatura di queste quattro banche in circolazione: ufficialmente 275 milioni di euro, stando al valore nominale, ma abbiamo sentito anche cifre superiori.

La cosa che poi viene quasi sempre taciuta al cliente (per lo meno a noi lo è sempre stata, in una modesta vita da non risparmiatori), è che questi bond hanno un mercato secondario modesto e quindi è difficilissimo liberarsene prima della scadenza se non smenandoci percentuali clamorose, anche con emittenti sani. Conclusione: uno scippo in piena regola, nel probabile rispetto delle leggi. Bisogna però vedere, caso per caso, il modo in cui questo investimento è stato proposto alla clientela. Nessun dubbio che le banche siano tutelate da qualche clausola microscopica del contratto o dalla semplice natura del prodotto (Tier 1, Tier 2, eccetera), ma la differenza la fa l’intermediario. Il fattore umano, insomma, che in provincia conta molto di più che in città (poi ti fregano anche in città, ma almeno senza fingere amicizia o chiederti come sta la signora). Un onesto bancario che ha elencato pro e contro dell’operazione a clienti avidi o un consapevole spacciatore di spazzatura a clienti poco addentro alla materia? Non si può generalizzare, ma gli incontri con esponenti della seconda categoria sono stati più numerosi.

E visto che non vogliamo generalizzare analizziamo l’obbligazione incriminata, una delle tante in pancia alle quattro banche. È una Lower Tier 2, quindi il tipo di bond subordinato più comune (magari ne avranno anche i lettori di Indiscreto…), che spesso viene proposto come se fosse un’alternativa al bond senior. Tasso step up (cioè a salire all’avvicinarsi della scadenza): per ognuno dei primi cinque anni aveva una cedola lorda del 3,75% e successivamente del 4,25% fino a scadenza. Il 7% citato quindi sarà stato dovuto a un errore di comunicazione o di comprensione delle parti, fatta salva la buona fede (come si diceva degli arbitri prima di Calciopoli). In caso di insolvenza un’obbligazione di questo genere può essere rimborsata solo dopo che sono stati soddisfatti tutti gli altri crediti non ugualmente subordinati. Traduzione? Non è sicuro che tutti i centomila euro siano andati in fumo, perché alla versione rottamata delle banche qualche soldo del fondo di risoluzione dovrebbe spettare (ancora non è chiaro in che proporzione), ma è molto probabile. Non fingiamo però che sia una questione tecnica, perché siamo di fronte all’ennesimo contratto fra due parti in possesso di informazioni di qualità molto differente. La morale? Quella della nonna: se uno ti propone un buon affare, chiediti perché prima non l’ha fatto lui.

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