L’ultima profezia del professor Scoglio

16 Ottobre 2015 di Paolo Sacchi

“Venite a Marassi quest’anno eh, che vi divertirete”. Quando parlava del futuro, Franco Scoglio non pronosticava. Non aveva auspici o dubbi. Ogni suo pensiero esprimeva certezze. A chi lo ascoltava, tra il meravigliato e l’inebetito, le sue parole apparivano come il frutto di una elaborazione logica, calcolata. Quello che sarebbe avvenuto l’indomani era scontato. Non abbiamo mai capito se fosse un indovino, un genio o uno scaltro bluffeur. Forse era un combinato dei tre. E questo aspetto del Professore mandava in estasi i suoi ammiratori. Tra i quali ci inseriamo anche noi.

Meticoloso sul lavoro, profondo conoscitore del gioco del calcio sia sul piano tattico che della preparazione fisica e psicologica, passionale, affabile quanto irritante a seconda degli interlocutori, istrione in grado di stabilire legami affettivi con sconosciuti. Scoglio il top lo raggiungeva però in quei momenti in cui, in conferenza stampa o durante una chiacchierata casuale con tifosi incrociati per strada, anticipava il numero di calci d’angolo e punizioni della gara in arrivo, preavvertiva che Tizio avrebbe sicuramente sbagliato la copertura sul corner da destra – pertanto non avrebbe giocato -, indicava il numero di gol che Sempronio avrebbe segnato e su assist di chi o indicava che se il presidente gli avesse preso Caio sarebbe andato in A facendo 50 punti. Un venditore di fumo? Niente affatto: il Prof si metteva sempre in gioco, prendendosi la responsabilità di fronte ad un eventuale risultato negativo. Semplicemente dimettendosi.

“Venite a Marassi quest’anno eh, che vi divertirete”, lo disse al nostro amico Franco e a noi a chiusura di una chiacchierata informale al termine al termine di uno dei suoi primi allenamenti condotti nei panni allenatore del Genoa, Lo avevamo finalmente e volutamente incrociato nel corso del ritiro precampionato ad Acqui Terme, nell’estate 1988. In effetti in quella squadra completamente rinnovata con lui in panchina fece davvero divertire i tifosi del Genoa. Scoglio arrivava da Messina con la fama di personaggio eccentrico e un soprannome, originato dal diploma conseguito all’Isef, che era già tutto un programma. Al di là della differenza anagrafica, incuteva timore e riguardo. Non aveva mai allenato fuori dalla Sicilia, non aveva alle spalle una carriera da calciatore, né sembrava appoggiato da qualcuno. Il carisma la determinazione nella vita talvolta però permettono di superare quella sottile linea tra la mediocrità e il successo. E il Professore ci riuscì, anche perché a Genova e nel Genoa trovò il terreno più fertile e ricettivo su cui poter seminare le proprie qualità e far apprezzare gli aspetti più istrionici del proprio carattere. Seguirlo negli anni è stato tanto affascinante quanto spassoso. Accattivante accento siculo, poche parole e tante stilettate. Tra frasi ad effetto (“Domenica non possiamo perdere: ho la responsabilità della felicità delle famiglie dei nostri tifosi. Il mio è un ruolo sociale”) e spiegazioni su tattiche al tempo innovative – dal rombo al doppio-play – lo si amava o lo si detestava. E la cosa era reciproca, perché Scoglio non faceva prigionieri né si faceva catturare.

La sua carriera non fu solo rose e fiori, anzi: i successi si sono accavallatati a stagioni meno positive, ai suoi giocatori-feticcio (Signorini su tutti) si contrapponevano rapporti conflittuali con altri e con il loro entourage: memorabili i siparietti con il seguito giapponese di Kazu Miura. Il carattere non facile gli impedì di essere cercato da un grande club, nonostante l’epoca fosse favorevole ai cosiddetti profeti di provincia. Carattere che lo portava a un perenne odio-amore con i presidenti da un lato e all’empatia con i tifosi dall’altro. In particolare con quelli rossoblù, che definì “i veri padroni” del club, in una sorta di braccio di ferro con il patron di quel periodo. Dopo la gavetta in terra siciliana, previa la premessa di tornare a Lipari “se non vado in A quest’anno”, a Marassi fece il grande salto. Allenatore del Grifone in tre periodi differenti, inframmezzati da esperienze in chiaroscuro in mezza Italia e ad un exploit alla guida della Tunisia, nel 2001 fece di tutto per tornare a guidare il club che gli era entrato nel cuore. Per costruire la squadra attinse dalla nazionale tunisina ben cinque giocatori, dimettendosi a metà percorso a causa del compromesso rapporto con alcuni giocatori che aveva tentato di escludere dalla rosa. Chiuse così definitivamente la sua epopea col Genoa, prima delle ultime stagioni sul campo con Libia e Napoli. Fuori dal calcio non rimase mai: lo sport era la sua vita. Anche quando iniziò a comparire in tv come opinionista, competenza e soprattutto amore per il gioco trasparivano da ogni sua frase, calcolata o spontanea che fosse.

Scoglio se n’è andato all’improvviso giusto dieci anni fa in questi giorni, per un attacco cardiaco mentre era alla televisione, ospite di una trasmissione sportiva genovese di cui era opinionista. Anni prima disse: “Morirò parlando del Genoa”. Neppure quella volta sbagliò la profezia.

Share this article