La Juventus da non buttare e il limite degli Agnelli

31 Agosto 2015 di Stefano Olivari

La Juventus sempre affamata, che ha saputo rimanere forte pur rifondandosi, di cui si parlava dopo la Supercoppa, è dopo due partite di campionato diventata una squadra da buttare o, peggio ancora, da sistemare con pezze da ultimo giorno di mercato o colpi di gennaio. Al netto dell’attualità giornalistica, che è stupido demonizzare (si scrive di calcio per oggi, al massimo domani, non certo per i posteri), l’unica osservazione per così dire definitiva che si può fare è che dei suoi cinque giocatori trainanti degli anni scorsi uno, Vidal, è stato giustamente ceduto al massimo del suo valore di mercato (c’era il rischio che fra una rissa e una macchina sfasciata di ritrovarsi con poco in mano), mentre Pirlo e Tevez sono stati lasciati partire con motivazioni discutibili, perché era ovvio che non avessero un futuro ma di sicuro avevano un presente. E Pogba al PSG della situazione, a dirla tutta, è saltato per varie ragioni ma soprattutto perché Deschamps e Raiola hanno ritenuto più utile per il francese un altro anno alla Juventus. In attesa di tirare una riga sul calciomercato si può però già dire che anche così com’è, cioè indebolita rispetto al triennio di Conte e al primo anno di Allegri, la Juventus pur avendo perso molto in ottica Champions rimane con la Roma la squadra più attrezzata per lo scudetto. E lo ha paradossalmente dimostrato proprio all’Olimpico, in una partita mal preparata e piena di provocazioni semi-tattiche alla Mancini (la difesa a tre, mai amata da Allegri e proposta per la prima mezz’ora di gioco, tenendo poi in panchina una certezza come Barzagli e un emergente come Rugani, oltre ad Alex Sandro, ma anche la riproposizione di Padoin alla Pirlo) che i giallorossi hanno dominato, ma hanno rischiato di pareggiare contro una squadra rimasta in dieci. Continua sul Guerin Sportivo.

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