Postal Market, addio all’e-commerce della provincia

27 Luglio 2015 di Stefano Olivari

Il fallimento della Postal Market, denominazione originale di un’azienda poi diventata Postalmarket, fallimento decretato dal Tribunale di Udine, sarebbe un ottimo pretesto per il solito articolo di Indiscreto (ma anche dei grandi giornali, letti prevalentemente da vecchi) che rimpiange un’Italia che non c’è più, ma sinceramente ci siamo stancati di scriverli e nemmeno poi rimpiangiamo l’Italia del passato, se non per la nostra giovane età. È significativo che sia fallito il tentativo di riconvertirsi in sito di e-commerce, perché quella di Postal Market era l’Italia dell’e-commerce quasi quarant’anni prima che il web si diffondesse. Nel 1959 Anna Bonomi Bolchini, la signora della finanza italiana (senza concorrenti, essendo stata l’unica: immobiliare, chimica e altro), non fece altro che copiare quanto negli Stati Uniti aveva successo da anni ed  il boom fu immediato nell’Italia dei mille campanili, visto che il catalogo di Postal Market dava le stesse possibilità di scelta a chi viveva in grandi città e a chi viveva in paeselli con a malapena il bar e l’ufficio postale.

Il catalogo, lo diciamo ovviamente per i più giovani, conteneva ogni tipo di articolo per la casa ma puntava soprattutto sull’abbigliamento coinvolgendo anche una serie di stilisti di medio cabotaggio che davano a chi si sentiva tagliato fuori dal circuito dei negozi la sensazione di accorciare le distanze. Insomma, molto più della vendita per corrispondenza ma un vero fenomeno sociale, che dal punto di vista finanziario entrò in crisi negli anni Novanta per non riprendersi sostanzialmente più, nemmeno con la vendita a un gruppo tedesco, per poi andare a una cordata italiana e infine essere acquisita dai francesi di La Redoute (azienda che a chi seguiva il ciclismo anni Ottanta dice qualcosa), che l’hanno traghettata fino alla morte. Non che l’e-commerce sia culturalmente molto lontano dalla vendita per corrispondenza, rapportando il tutto ai tempi, ma l’utente tipo del 2015 può scegliere fra mille siti iper-specializzati, oltre che fra quelli dei singoli produttori.

Di superculto le testimonial dei cataloghi, che erano due (Primavera-Estate e Autunno-Inverno) all’anno: da Ombretta Colli (in coppia con Gaber) ad Afef, da Sabina Ciuffini a Carol Alt, da Brigitte Nielsen a Ornella Muti, pensate a una protagonista dello spettacolo italiano (ma non solo: Brooke Shields, Cindy Crawford ed altre che potevano spingere ad un uso improprio del catalogo) dell’ultimo mezzo secolo e al 99,9% vedrete che è stata ingaggiata dalla Postal Market. Oltre a ricordare con tenerezza alcuni nostri acquisti (eravamo consulenti della nonna) e la principale concorrente italiana, cioè la Vestro, fallita a metà anni Novanta, troviamo importante osservare i cambiamenti: molti uffici postali stanno scomparendo, accorpati in uffici più grandi, in più molti centri commerciali di buon livello (si pensi soltanto agli outlet: a proposito, ancora non riusciamo a credere che sabato sera De Gregori abbia cantato a Serravalle…) sono più facilmente raggiungibili dalla provincia che dai capoluoghi. Mettiamoci anche il web, Amazon, eccetera: il passato è, appunto, passato. Ma la provincia rimane, pur trasformata e apparentemente omologata al resto del paese.

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