I cinque sensi di Expo, oltre la salamella

13 Luglio 2015 di Paolo Morati

Expo 2015

Mangiare (o meglio, mangiare e gustare) è l’ultima cosa alla quale dovrebbe pensare chi decide di andare a visitare Expo Milano 2015. “Come?” potrebbe obiettare qualcuno considerato che il tema della manifestazione è “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Ecco, appunto, nutrire non abboffare, come invece l’elevato numero di ristoranti e altri spazi culinari potrebbe far pensare chi, senza contare le proteste di commercianti milanesi circa le aperture notturne della manifestazione, può vederla come una sorta di mega sagra internazionale. Ma per quella c’è già l’annuale Fiera dell’Artigianato, o no? Expo in realtà è prima di tutto una manifestazione dove entrano in gioco tutti e cinque i sensi canonici con il gusto che è l’ultimo in scala di importanza, almeno immergendosi in alcuni dei migliori padiglioni che abbiamo potuto visitare con in primis l’idea di percepire e imparare qualcosa. E la premessa che una sola giornata non basta allo scopo, tanto che in prima battuta siamo riusciti solo a dargli una rapida occhiata, cercando però di ottenere e portare via qualcosa da ricordare per Indiscreto.

Cominciamo con il dire che le dimensioni non contano, nel senso più allargato dell’espressione. Possono esserci strutture enormi che però fanno fatica a coinvolgere (un esempio su tutti quello degli Stati Uniti: tutto un po’ freddo) ed altre che invece pur nel minimalismo delle proporzioni regalano un percorso che incuriosisce (su questo piano i vari paesi che trattano il cacao vincono a mani basse, anche per via della nostra predilezione per l’argomento). Ma vediamo in ordine le cose secondo noi che meritano inizialmente una visita e riteniamo più riuscite. In primis il Marocco, che già dalla bella architettura esterna invita in un Paese che spiega e ricrea le sue aree climatiche e come si nutre, cambiando la prospettiva già di chi abita in Italia e quindi figuriamoci di chi abita in zone ben più distanti. Altra tappa altrettanto istruttiva quella presso il sultanato dell’Oman, che ci insegna come si possono gestire le risorse idriche per consentire la vita e quindi l’agricoltura di chi vi dimora. Da soffermarsi a leggere le schede informative che accompagnano le varie sezioni, per capire come l’ingegno permetta di andare al di là di quanto la natura offre di suo e relativi ostacoli. In tal senso anche Israele ha creato un percorso giocato su un filmato per disegnare una panoramica sulla trasformazione delle terre ad esempio attraverso l’irrigazione a goccia.

Ma Expo è esperienza di sensi: ecco allora un ottimo lavoro svolto dalla Thailandia e le sue aree a tema, dal Kuwait che permette di percepire gli odori delle spezie, la bellissima terrazza della Polonia dove abbiamo visto farfalle e libellule, e il molto raccontato bosco dell’Austria con il suo microclima e il tema dell’aria portato al centro dell’attenzione. Delle cosiddette grandi potenze, già detto dei deludenti Stati Uniti, ottimo il padiglione della Francia con una lunga apertura di coltivazioni e diverse zone a spiegare il tema centrale dell’esposizione, mentre la Russia ha fatto le cose in grande proponendo tra le visioni un viaggio iconografico di memoria sovietica e una altissima terrazza con vista sull’area intera (con bar e house music evitabile, non sappiamo la sera cosa accade). Ci aspettavamo invece qualcosa in più dall’alveare del Regno Unito: buona idea ma necessita di una introduzione e spiegazione migliore. Anche noi non ci siamo poi fatti mancare la camminata sulle corde brasiliane con problemi di equilibrio (approposito di sensorialità) una volta tornati sulla terra ferma, mentre bella da provare l’esperienza silenziosa che offre la Repubblica Ceca al piano superiore a sovrastare una piccola ‘piscina’ con area di intrattenimento.

Poi ci sono padiglioni più ‘ludici’ come quello dei Paesi Bassi, i posti ristoro e i negozi dove acquistare le specialità nazionali, ma per giudicare in pieno Expo 2015 bisogna anche tenere conto che si svolgono tante manifestazioni e spettacoli a corollario che un visitatore con un solo giorno a disposizione fa comunque fatica a seguire, ed è anche comprensibile che alla fine il nutrire – tra volontari che distribuiscono mappe e altro materiale, e i nebulizzatori a rinfrescare chi sta in coda (neanche troppo lunghe a dire il vero) – diventa facilmente ‘mangiare’ (e soprattutto bere). Il successo sta quindi nel coinvolgere in modo intelligente su un tema così serio tirando il classico colpo a cerchi e botti. Ma anche nella voglia di chi decide di visitarlo senza pensare alla ‘salamella’ del caso. Qualcuno ci è riuscito meglio di altri, noi ci torneremo per parlarne ancora (mancano tra gli altri Giappone e Germania, oltre che l’Italia) e vedere (e rivedere per capire meglio).

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