Test INVALSI, insegnanti a favore dell’ignoranza

14 Maggio 2015 di Stefano Olivari

Il boicottaggio dei test INVALSI da parte degli studenti, in gran parte su ispirazione dei loro insegnanti, ha fatto notizia ma è difficile da quantificare, perché parte dell’80% che ha ‘consegnato’, secondo i dati del Ministero dell’Istruzione (che quindi asserisce che il sabotaggio abbia riguardato il 20% degli interessati), potrebbe aver compilato il test valutativo per dispetto o per scherzo, come emerge da tante testimonianze. Le statistiche di partecipazione non ci sembrano comunque il problema principale di una prova che non è un giudizio di Dio ma serve soltanto evidenziare tendenze nell’apprendimento da parte degli studenti, con le consuete distorsioni geografiche: se in certe zone l’insegnante tradizionalmente non ‘aiuta’, in altre quasi compila il test insieme ai suoi studenti.

Attualmente l’INVALSI riguarda ragazzi di seconda e quinta elementare, di terza media (l’unica situazione in cui può essere associabile a un mini-esame) e di seconda superiore. Con il non detto che se la tendenza nel punteggio risultasse al ribasso la colpa sarebbe dei loro insegnanti, che proprio per questo in parte osteggiano non solo questo test ma qualsiasi sistema di valutazione del proprio lavoro. Sorvolando sull’osceno sciopero del 5 maggio, che aveva fra l’altro anche lo scopo di rimandare il test, la principale critica al contenuto dell’INVALSI è che misurerebbe soltanto l’apprendimento di nozioni e non altre caratteristiche di una buona scuola. Ma cosa c’è di male nel valutare l’apprendimento di nozioni? È il motivo principale per cui si va a scuola, fra l’altro. Non l’unico, ma chi non studia la materia X nemmeno avrà la forma mentale per studiare la materia Y in futuro.

Il punto è secondo noi che nessun ragazzo può sentirsi minacciato dal test, che non serve a bocciarlo ma a migliorare la qualità dell’insegnamento per le generazioni che verranno molto dopo la sua. Gli studenti che hanno protestato contro il test sono quindi chiaramente stati montati e manipolati dai loro insegnanti, timorosi che qualcuno entri nel merito del loro lavoro (part time con tre mesi di ferie e nessun rischio di ‘mercato’, faremmo a cambio subito con chi se ne lamenta visto che al netto ci entrano le stesse loro cifre) al di là della bontà del test. Tutto va poi inquadrato nel referendum pro o contro Renzi che è diventata ormai ogni materia ed è proprio per questo che il fronte degli insegnanti è diviso: da una parte il ‘nemico’ INVALSI, i presidi-manager (traduzione: presidi, che fra le altre cose, possono scegliere direttamente i docenti di ruolo mentre già lo fanno con i supplenti), l’autonomia nella raccolta di finanziamenti (con il 5 per 1000 o in altri modi), dall’altra l’astuto assumificio elettorale visto che il premier ha fatto capire che le 100.000 assunzioni di precari saranno soltanto un primo passo. Da partito operaio a partito della classe intellettuale e piccolo borghese garantita, la transizione è, complice l’abolizione degli operai nel nome del mondialismo, adesso completata. Potrebbe essere la via italiana al reddito di cittadinanza, vista la quantità di lavori per persone di media intelligenza che scomparirà nei prossimi anni. Tutti statali, pagati con le tasse di non si sa chi. Peccato che da adulti i ragazzi sobillati contro un modesto test saranno valutati con ferocia e con criteri molto meno oggettivi. Possiamo anche cantare ‘Nessuno mi può giudicare’, ma soltanto se siamo ricchi di famiglia.

Share this article