Il cappotto di Pianigiani

4 Maggio 2015 di Oscar Eleni

Oscar Eleni davanti ai cancelli dell’EXPO milanese, aspettando il conte Aquari, soffiando nel didgeridoo che gli aborigeni australiani e i pastori svizzeri usano per far rendere meglio le vacche. Voglia di protesta.Il mondo è venuto a trovarci per questa esposizione universale dove il cibo è al centro del messaggio: far vivere meglio la gente della terra, senza discriminazioni. Cosa fanno all’EXPO per gli affamati? Prezzi esagerati. Come sempre. Come al solito, alla fine, diranno che gli alberghi, gli stessi che hanno quintuplicato i prezzi, non erano al completo. Niente è al completo. Lo si intuiva già prima, lo sapremo alla fine della festa che, come si sa, ha garantito caviale ai soliti noti nella buriana degli appalti col trucco.

Dalla Fiera di Rho all’ospedale spagnolo del Castello Sforzesco. Sempre soffiando nelle ance del didge per capire cosa è la pietà che Michelangelo scolpì per i Rondanini, ma soprattutto per capire come siamo fatti: una parte dei critici a favore del posto dove è stata esposta, un’altra contro. Insomma, come tutto in un Paese dove le colpe le hanno sempre gli altri. Parli tu che rompi sempre, ce l’hai con tutti? Be’, sono priviegiato. Che fatica si può fare a vedere come è organizzato male questo basket? Dalla testa ai piedi. Chiedete nei campionati minori se hanno capito qualcosa di formule che per portarti in una categoria superiore ti fanno spendere cifre che non trovi con facilità e magari non hai mai avuto. Giochiamo su terreno favorevole, come diceva Wellington, come urlava ai suoi soldati il generale Houston per vendicare Alamo inseguendo i messicani. Basta sentirli, ascoltarli, ti rendi conto che loro, chi dirige una Lega digital scorporata, se na strafottono di tutto. Orari con il pannolone. Devono sempre far contenti i commercianti. Nei palazzi ci vanno solo quelli che chiudono tardi i negozi? No. Ma per loro vale questa regola.

Poi sono anche sfortunati. Hanno piazzato a metà pomeriggio della prossima domenica l’ultima giornata e si trovano il macigno della concomitanza fra le partite di campionato e la sfida scudetto della pallavolo trentina contro Modena. Sfiga, inutile dire che il calendario basket era noto da tempo. Lo capirebbero anche i bambini che a spostarsi altrove dovrebbe essere il basket. Fare a braccio di ferro fra i canederli, in una città appena conquistata, nel feudo della grande pallavolo pluriscudettata non può giovare a nessuno. Trovate un campo vicino, magari Bolzano, dove fare propaganda. Ma, accidenti, la partita conta per sapere chi sarà al quarto posto fra le Aquile e la Dinamo Sassari che sfugge al controllo della logica e sembra la fenice, risorgendo nei momenti in cui tutti, straparlano, facendo litigare un massimo come Sacchetti e un creativo ma leggero, come Sardara, prevedono rivoluzioni con Dinamo tutte diverse.

Sarà il turno della definitiva bonifica nella classifica, quello che deciderà se al secondo posto troveremo la Venezia a pile solari, basta un cono d’ombra e la squadra diventa brutta, o Reggio Emilia che aveva convinto quasi tutti, ma poi si è fatta calpestare a Caserta, gloria ad Esposito e i suoi, ma insomma, creando anche fra questo giocatori grissino, fragranti, ma fragili, un effetto Pietà michelangiolesca: il manager Frosini, una storia, una bella storia di basket, furente, l’allenatore Menetti, uno che ha costruito un gioiello lavorando nella miniera di casa, incerto sul giudizio perché folgorato dalla perfezione dei ragazzi della nuova Reggia che con Esposito hanno fatto come le fortunate ammesse alla giostra finale. Uhm.

Turno per flagellanti, ma anche drammatico e triste per quanto vedremo a Pesaro. Due società, la Libertas che Scavolini rese immensa e la Juve che i Maggiò, con Tanjevic e Marcelleti portarono alla gloria europea, club che hanno vinto scudetti, si giocheranno l’unico posto rimasto nella prossima serie A. Un tormento.

Finale di campionato per conoscere che al tramonto estivo della stagione andrà a cercare i Golia di Banchi e dell’Emporio del Giorgio Armani che ha giurato fedeltà per sempre, passione mai sopita, sofferenza beata e divertente. Adesso capirete perché i ragazzi con i risvolti in oro e argento ogni tanto se la prendono comoda. Vogliono creare l’atmosfera per rendere epocale il momento in cui alzeranno il trofeo che era già stato assegnato prima di cominciare. Ma questi hanno perso la coppa Italia, non sono nelle otto  grandi d’Europa pur avendone i mezzi? Momenti di acidità quando si è convinti che ogni partita sia una festa, ogni notte un evento. Normale. Basta lavorarci sopra, poi gli errori si nascondono facilmente. Per evitare amnesie nella distribuzione dei pani e dei pesci hanno preso il Tabu che uscendo dallo spazio come Samantha ci ha detto di essere venuto per vincere lo scudetto, un altro ex canturino che arriva per tener desto il Ragland non sempre felice, nella nemica Mediolanum. Bene a sapersi.

Come è bello sapere che Aradori potrebbe chiudere il campionato in Italia dopo Istanbul e Madrid. A proposito, visto che il tesseramento si chiude il 15 non è che i migliori fra le società non ammesse ai play off diventeranno oggetto di desiderio. Roma, la stessa Pistoia che difficilmente, salvo un regalo di Milano, si qualificherà, Varese, Cremona, Capo d’Orlando, persino l’Avellino che sarebbe da mettere in salamoia per puninizione collettiva, una squadra forte diventata ricotta, anche dopo la cura Frates, potrebbero dare nuove forze a chi ancora non sa come affrontare la mischia finale. Certo qualcuno avrebbe preso davvero Artest se Cantù fosse rimasta fuori, ma gli altri? Vedremo.

Intanto uno quasi felice c’è già ed è il commissasrio tecnico Pianigiani. Ha fatto cappotto nei desideri. I suoi assi della NBA sono già in vacanza dal 3 maggio. Due mesi prima del raduno del 21 luglio. Se dovesse fermarsi anche Aradori sarebbe un quintetto al sole. Niente male. Almeno se tutti manterranno le promesse. In ogni intervista pro domo loro, gli sponsor temono i grandi rifiuti e vendono molto se c’è l’azzurro di mezzo, affermano di non vedere l’ora. Certo nella NBA non tengono nessuno al guinzaglio, anche prima di una finale, ma certo dovendo pagare tanto e costruire terranno conto anche di certe scelte. Auguriamoci che nessuno consideri l’attività delle Nazionali nefasta per chi gioca in un sistema dove da mesi si discute sul calendario esagerato, con troppi viaggi e partite. Staremo a vedere. Siamo contenti che il cittì possa stare all’ombra, con il suo cappottino termico che tiene lontano il calore di critiche sempre dolcissime, osservatore attento dalla sala regia federale, con tutti i monitor accesi, lontani dai campi dove i nostri brut bloc sputazzano, insultano. Abbiamo visto il finale di Clippers-San Antonio. Secondo voi nello sport italiano, il calcio ovviamente, ma anche il basket, persino la pallavolo che ha legittimato il falco, ma ci litiga sopra, come la vedreste un’uscita del Duncan appena infilzato da Paul abbracciato al suo giustiziere? Qui sarebbero polemiche da ricorso al CONI, quelli che ci hanno fatto aspettare oltre un mese una sentenza su un problema amministrativo punito con la penalizzazione.

Lasciamo perdere e andiamo davanti alla Pietà per i miseri che non chiedono mai perdono perché siamo alle pagelle di quasi fine corso.

10 A RECALCATI che non è arrivato alla vittoria 526 del record fra gli allenatori perché in tempi di crisi, se prometti di pagare da bere a tutti in caso di successo, devi fare attenzione. Meglio fare verifiche sulla natura di chi ti sta intorno e a Sassari la sua Venezia ha mostrato di essere nave da crociera, bella da vedere, ma molto incrostata quando intorno danzano i delfini.

9 A Renato VILLALTA e Massimo CROVETTI per aver riportato la Virtus alla festa delle otto migliori società italiane. Non era facile, non sarà facilissimo costruire qualcosa che possa almeno avvicinarsi alle squadre della Virtus di Porelli o Cazzola, ma intanto un passo importante è stato fatto. Lasciando che sui giornali ci vada la squadra, rinnovata, prima e riconfermata poi, non la società. Ora è chiaro che un successo imprevisto scateni l’inividia. Prepariamoci a tutto, beghe leegali, nella città dove tenere in piedi una fondazione Porelli, ricreare la vera Fortitudo trova sempre ostacoli nella “perplessità dei critici a prescindere”.

8 Al Piero BUCCHI che toccando la riva delle 600 partite dirette in serie A può dire di aver fatto una carriera come la sognava, anche se qualcosa gli manca, intanto si è tenuto alla larga dal mare mosso dove gli scorpioni di Banchi aspettano di capire se alla prima smazzata avranno Bologna o Cantù e, nella seconda, Sassari o Trento. Ha fatto bene, ma gli è mancata fortuna. Con Simmons sarebbe stato più in alto.

7 A SIENA, esiste ancora, se guardate nelle prime tre del classifica ci trovate quai tutta la Mens Sana, e LIVORNO, ancora in piedi nonostante tutto, perché nelle prossime settimane costringeranno ancora il basket ad occuparsi delle loro squadre di basket, speriamo soltanto sul campo.

6 Alla VECCHIA IGNIS che la prossima settimana si troverà a Varese per riabbracciare Bob Morse, per rivivere un momento che le squadre di oggi, più ricche, ma non più belle, fanno fatica a capire. Un brindisi per chi c’è ancora, una preghiera colletiva per chi, come Gualco, non c’è più.

5 A Davide BONORA perché siamo invidiosi del suo modo di guardare il mondo dopo il grande sport. Lo siamo dei Montecchi, di chi ha scelto mete sudamericane, mondi diversi, ma del Pandoro soprattutto perché andrà ad insegnare basket sulla nave da crociera allestita dal Corsport, il nostro ultimo approdo professionale prima del vassallaggio nelle collaborazioni dove, per far capire che lavori sotto fuoco amico, con orari demenziali e programmazioni da masochisti, hai bisogno del codice Mercury, quello che decrittano soltanto gli autistici.

4 Ad Attilio CAJA che, giustamente, non ha bisogno di sollecitare rinnovi a Varese, il suo lavoro è facile da vedere e valutare, ma proprio per questo ti mette di fronte a scelte difficili sull’apprendistato professionale. Pozzecco agitò tantissimo le acque. Lo fa ancora adesso. Brezza benefica se in GazzaTV chiamano ancora lui. Artiglio ha messo invece al primo posto il silenzio della taiga dove si suda per tagliare alberi tecnici che servono come diga. Ci costringe a litigare. Ma lui sa come vanno le cose, lo ha scoperto ovunque è andato a salvare naufraghi ch , una volta portati a riva, gli hanno detto di averlo sentito mentre li insultava trascinandoli senza salavagente, incazzato vero con rane dalla bocca larga davanti a padroni ed agenti schizzinosi.

3 Al nostro carissimo MORETTI che abbiamo votato dopo Buscaglia e prima di Esposito perché gli è mancata la presa sul manubrio al momento della volata. Forse si è accorto tardi che non tutti avevano voglia di rinunciare alle vacanze. Tanto poi a Pistoia, anche se fai benissimo, o non ti possono confermare perché vuoi troppo, o non ti vogliono tenere perché hanno altri “progetti”, magari lasciando soltanto l’allenatore sulla graticola.

2 Al CORTESE di Avellino che dopo l’arrivo di Frates ha visto davvero pochi minuti sul campo. Questo è uno dei tanti talenti italiani inespressi, di lui si è sempre detto un gran bene. Lui, purtroppo, ci ha pure creduto, ma la realtà è che nessun allenatore fa i dispetti ai talenti, tutti vorrebbero vincere e certi ragazzi che pensano soltanto a tirare, mai a difendere, possono diventare un problema e poi si avviliscono.

1 Al dispettoso CAPPELLARI che anche quest’anno anticipa il primo scudetto per una squadra di Milano con gli hockeysti in line della Quanta del cavalier Quintavalle. Ora che il suo basket, a cui continua a voler fin tropppo bene dopo i tanti calci presi da leone con piede ammaccato sul bordo del sentiero, gli chiede di lasciare strada libera a Perri per la presidenza regionale del CONI, ora che gli dicono che sarà un bene anche per lo sport, si goda almeno questo successo. Di trofei da accarezzare ne ha tanti, di amici magari meno, ma di ricordi abbastanza per poter guardare negli occhi tutti quelli che oggi scoprono la famosa acqua calda organizzativa nel rinnovamento.

0 Al carissimo Gaetano GEBBIA che decidendo di scrivere un libro su Vittorio TRACUZZI, il nostro Modigliani ultimo dei romantici, ci ha ricordato che nelle raccolte di vecchie riviste sul basket (molto antiche, accidenti) avevamo scritto abbastanza sul grande siciliano che ha fatto storia nel nostro basket ed è giustamente nella casa della gloria. Il passato, accidenti, ma la rabbia è doppia sapendo che quelle storie scritte allora, senza vincoli, forse neppure pagate, ora non possono essere riprodotte perché i nuovi proprietari di SUPER e dei GIGANTI non autorizzerebbero. Chi sa di legge dice che non potrebbero. Chi sa come sono certi polli non si stupisce. Comunque sia abbiamo riscritto, scavando in una memoria che non è più limpida. Doppia fatica. Caro Gebbia buona fortuna al libro, basta che non faccia la fine di quello su un famoso giocatore non soltanto di Caserta: mai ricevuto anche se avevamo scritto un capitolo, forse mai uscito se poi nella commedia degli equivoci fra gente senza il senso dell’ironia venne fuori di essere enne enne nel loro nuovo e piccolo mondo.

Oscar Eleni, in esclusiva per Indiscreto

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