1992 e un Di Pietro da dimenticare

15 Maggio 2015 di Fabrizio Provera

Abbiamo aspettato che si placassero le critiche alla recitazione di Tea Falco e Miriam Leone, ma adesso è giunto il tempo – per noi autonominati cazzeggiatori colti – di spendere almeno qualche parola su 1992, la serie ideata da Stefano Accorsi che Sky ha prodotto e trasmesso di recente. Concordiamo anzitutto con Mariarosa Mancuso del Foglio: le serie italiane sono diventate adulte con Romanzo Criminale e Gomorra, quindi la pay-tv di Murdoch ha indubbiamente il merito di aver svecchiato e fatto crescere il genere dopo il duopolio Rai-Mediaset (a proposito, una produzione che ci è piaciuta ma di cui s’è parlato poco è quella su Giovanni Borghi, mister Ignis). Sul valore recitativo, e complessivamente artistico, condividiamo più d’una delle critiche mosse a 1992: ritmo a volte lento, personaggi caricaturali in certi casi, qualche rimozione memoriale (che fine hanno fatto Tiziana Parenti e Primo Greganti? Nel bersaglio sembrano esserci soprattutto il Partito Socialista e Bettino Craxi…).

Ma ci sono diversi passaggi che sono rimasti impressi e che, a nostro modesto avviso, rendono la serie riuscita al di là dei difetti tecnici da molti notati (fra questi alcune ricostruzioni d’epoca, che ci hanno ricordato gli Apache con l’orologio di certi spaghetti western). Il primo è quello dell’interrogatorio di Renato Amorese, oscuro travet che all’epoca, 49enne, faceva il segretario del Psi di Lodi e non era tutelato dall’immunità non essendo deputato. Amorese si toglierà la vita dopo essere finito tra le forche caudine dello ‘sbirro’ Di Pietro (ci spiace, ma sul tema ci siamo formati sui libri di Filippo Facci, quindi siamo piuttosto prevenuti), e nella serie, interrogato dal poliziotto Luca Pastore, si lascia andare a una triste analisi: ‘Fiat iustitia et pereat mundus, sia fatta giustizia e crepi pure il mondo. Lo disse Kant, sa? State agendo così, ci trattate come bersagli, non come uomini. Antonio Di Pietro è una persona di umili origini, che si sta scagliando con violenza contro potenti e ricchi industriali, e contro noi politici. Ma la giustizia è un’altra cosa..”.

Trattandosi di vicenda ancor più delicata, sarebbe stato edificante dedicare qualche minuto della serie a Sergio Moroni, padre di Chiara, all’epoca deputato bresciano del PSI che si uccise con un colpo di fucile in bocca: non abbiamo visto Antonio Di Pietro andare da Enzo Biagi, come avvenne, e parlare di soldi in una cassetta di sicurezza (soldi che non c’erano). Ma ci sta, siccome il brodo di coltura è quello del collateralismo cultural-godereccio-amicale tra i socialisti e Silvio Berlusconi, grande rivale di Murdoch, qualche frecciatina è contemplata. Se non dal galateo, dalla prassi.

Molto affascinante, e per alcuni versi anche fedele all’originale, è la figura di Marcello Dell’Utri. Due sono i dialoghi con Accorsi-Leonardo Notte da mandare a memoria: quello sulla Repubblica delle Banane di guatemalteca memoria, riferito alla vicenda della United Fruit Company (do you know Chiquita?), con di mezzo ovviamente la CIA, ma soprattutto quello verso il finale, sui tetti di un grande palazzo, quando il vero regista dell’espansionismo berlusconiano assieme a Fedele Confalonieri fa un duro cazziatone a Notte: ‘Lei era comunista, da giovane… E in cosa credeva? Nella liberazione dell’individuo? Nell’affermazione e nel primato del desiderio? Si svegli Notte, queste cose le abbiamo realizzate noi, Berlusconi ed io. Voi siete solo degli sconfitti”. Game, set, match.

E Leo Notte? Figura affascinante, assimilabile alla decine e decine di top manager e giornalisti di punta targati Mediaset e provenienti dalle fila delle sinistra extraparlamentare: Paolo Liguori, Toni Capuozzo, Nini Briglia. Eh già, altro che terrore dei comunisti.. Il magnanimo Silvio Berlusconi, a molti dei suoi nemici, ha dato una seconda vita. Facendoli prima passare, in molti casi, dall’anticamera di decompressione del PSI. Ma, come diceva Gramsci, le casematte del potere culturale erano tutte saldamente occupate dal nemico…

Fabrizio Provera, in esclusiva per Indiscreto

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