Ranocchia non è da Inter

27 Aprile 2015 di Stefano Olivari

Il giorno dopo Inter-Roma al nostro solito bar è una domenica come tante altre. Sono le cinque del pomeriggio, tutti hanno appena seguito il derby di Torino su Sky e adesso stanno facendo apprezzamenti sulla D’Amico mentre Zhou sta preparando alcuni spritz. Max sta intanto rifinendo uno sciatto articolo per SuperMegaInter.com. Vincenzo nella sua nuova veste di imprenditore web non sta scrivendo più un cazzo, se non editoriali del tipo ‘Yaya Touré la ciliegina sulla torta del Mancio’. Non ci sono gli impiegati della TuboPlast, per i quali da qualche giorno si parla di contratti di solidarietà (veramente ne ha parlato l’amministratore delegato Tosoni a un convegno sul costo del lavoro organizzato a Cernobbio, concluso poi con un megapranzo all’Imperialino di Moltrasio messo in nota spese alla TuboPlast), ma soprattutto non ci sono Mariella e la sua catenina sulla caviglia sinistra. Onorata con seghe molto soddisfacenti sia da Max che dai maghrebini, la segretaria di Tosoni ricomparirà forse domani e il web-giornalista è già arrapato al solo pensiero di origliare le sue conversazioni con le colleghe.

È domenica e in pochi hanno trovato il coraggio di pranzare nel più squallido locale di via Novara. Ha tradito anche il Walter, pur essendo da solo, che ha preferito il bar all’interno del Simply: anch’esso gestito da cinesi, guardando all’età media degli avventori il quasi sessantenne Walter si è sentito un ragazzino. Comunque quelle pennette roventi consumate in fretta e da solo davanti alla tintoria (cinese) e al negozio Arcaplanet sono state il giusto festeggiamento per la vittoria sulla Roma, che Walter ha vissuto a San Siro forte del suo abbonamento al terzo anello (così racconta, anche se quest’anno l’Inter non ha messo in vendita abbonamenti per il terzo anello: probabile che entri grazie a una maschera che conosce). Vincenzo ha rimproverato Max perché non scrive i pezzi in modo da venire bene indicizzato da Google, il 50% di un’azienda che investe in start-up gli ha dato alla testa: indossa una felpa Milano uguale a quella di Salvini, solo che è di Isernia, in più parla soltanto di impression invece che di rom. Intanto ha ridotto lo stipendio di Max a 100 euro al mese, uguale al suo. Max con un po’ di rabbia ha finito il pezzo sull’agente di Andreolli, lusingato per i complimenti di Guardiola ma che non intende andare al Bayern senza avere garanzie tattiche.

Sabato ci sono state le celebrazioni del 25 aprile e al bar prima di Inter-Roma si è parlato di politica, ma giusto perché Inter e soprattutto Milan stanno facendo cagare. Budrieri ha ricordato che suo padre lo portò a vedere i cadaveri di Mussolini e della Petacci in piazzale Loreto, nonostante sia nato nel settembre del 1945: qualcuno forse sa la data di nascita dell’Ambrogio, sicuramente nessuno quella della morte di Mussolini o almeno, anche con un margine di due anni, della fine della guerra. Paolo-Wang ascolta ma non interviene, suo padre (O suo nonno? O il suo bisnonno?) gli ha detto che i giapponesi sono delle merde ma in fondo per lui Giappone vuol dire maki e uramaki. Carlos nonostante la rabbia per la sconfitta del Milan, che gli è costata 250 euro (il solito slavo gli aveva spiegato che l’Udinese si era venduta tutto, c’era dentro anche il massaggiatore), si è detto d’accordo con Mattarella sulla necessità di una memoria condivisa. Hector lo ha ascoltato pensando alla cazzata fatta con l’Under 3,5 del Maribor (che ha vinto 6 a 1) e poi gli ha chiesto se l’Ecuador avesse partecipato alla Seconda Guerra Mondiale. Carlos è andato quindi con l’iPhone 6 su Wikipedia, ma non aveva più credito: Ariana si è rifiutata di consegnargli gli ultimi 30 euro rimasti in casa e si è chiusa in camera a vedere la registrazione di Amici.

Le milf orobiche hanno dedicato il loro sabato pomeriggio milanese alla manifestazione in centro, dimostrando che il PD bergamasco ha il senso della storia. Come una zecca il perseguitato algerino di piazzale Siena si è attaccato a Maria Antonietta, facendo considerazioni di geopolitica che ha cercato di rendere credibili rinunciando alla maglia di Ogbonna in favore di una vecchia giacca marrone di velluto, strappata eroicamente a una vecchia rom nei pressi del raccoglitore giallo della Caritas in via Gulli: è in Italia da un anno ma ha già capito tutto. Però non ha capito che quella intelligente del gruppo, in tutto tranne che in campo sentimentale, è la Deborah: abbonata a Limes, trova ormai insopportabilmente pop, soprattutto come scelta dei temi, Internazionale. Alla decima volta in cui ha sentito nominare la parola ‘Costituzione’ Cate ha detto proprio a Deborah che vuole farsi il nono tatuaggio, simile a un tribale visto sulla schiena di quel maestro di sci di Foppolo, molto carino e poi rivelatosi molto frocio (non a caso Cate con le amiche lo chiama Zartolin). L’algerino intanto non mollava e dopo la sfilata ha invitato le milf, ma sperando che accettasse solo Maria Antonietta, a prendere un panzerotto da Luini. Nessuna ha accettato e così dopo un giro per i negozi si è presa la metropolitana, scendendo a Bande Nere e guadagnando il proprio tavolo in un Calafuria con meno clienti del solito causa partita. Dopo la partita sono arrivate le ragazze e a sorpresa si è materializzato anche Matteo, esaltato per l’imminente inizio dell’Expo, che senza essere invitato si è seduto al tavolo di Samantha e Ylenia. La serata, allietata come sempre da surimi e capretto, si è poi conclusa senza sesso per tutti i presenti fatta eccezione per la Deborah che al ritorno a casa ha trovato il marito stranamente infoiato: lei aveva voglia di leggere Cioran, lui l’ha sbattuta nella tavernetta di fianco al tapis roulant della Technogym preso a rate.

Il Roberto è reduce, come tanti altri, da un pranzo in famiglia con moglie, figlio quindicenne fisso su WhatsApp e suoceri. Alle 8 è andato a correre alla montagnetta e alle 10 ha fatto la conoscenza della nuova macchina del Gianni, una Maserati cobrandizzata Louis Vuitton. Poche considerazioni sulle caratteristiche tecniche e poi il battesimo del putan-tour, che visto il livello della macchina si è spostato dalla zona Goiaba alla più centrale via Monterosa, zona Fiera. Il Gianni non ha tirato sul prezzo e ha offerto anche al Roberto, che alle undici e trenta ha potuto così presentarsi in famiglia con in mano la bottiglia di Vermentino comprata da Simone, all’angolo fra via Pisanello e via Forze Armate. Luca il bestemmiatore si è fatto anticipare dal Gianni il primo stipendio, per andare al Jazz Café il venerdì sera. Al sesto gin tonic è entrato in sintonia con alcuni avventori abituali che, parole loro, alle 21 stavano aspettando delle fighe. Di cui però ancora alle 23 non c’era notizia. Così Erminio, l’Antropiovra e Andrea hanno raccontato a Luca storie di locali che lui si rivenderà a Cornaredo: non è che siano samaritani, da uomini di mondo hanno intuito la possibilità di sconti per lavori alle loro Smart (quella di Andrea fintamente aziendale, lui scarica) sempre con gibollo da parcheggio alla cazzo di cane.

Intanto Nabil è diventato in pratica culo e camicia con il Lele, nei rari momenti in cui non è a Trenno a spacciare. La zia è stata sepolta a Bruzzano e il Lele, unico parente vivente entro il sesto grado, si sente ricco e sogna la rottamazione del Ducato. Nabil gli chiede se ci sono fratelli viventi, un marito, figli, Lele con sicurezza risponde di no: sua zia, sorella di sua madre e con un altro fratello anche lui morto, era totalmente sola: viveva in via Ricciarelli, davanti a quella che una volta era la discoteca Le Cinema, e al mondo oltre a un gatto persiano grigio e bianco aveva solo il Lele che la andava a trovare a Natale e a Pasqua. Già, il gatto. Quella merda del Lele non aveva voluto tenerlo e lo aveva scaricato a Samantha, che ne aveva già cinque. A Nabil dice di essere preoccupato per le pretese che può avere la cognata della zia, peraltro senza figli. Mentre con sicurezza divide le dosi di coca mettendole in foglietti di alluminio, Nabil gli spiega che per l’articolo 467 del codice civile soltanto i discendenti legittimi e naturali possono subentrare agli ascendenti in tutti i casi in cui questi non possono accettare l’eredità. “Quindi la casa è mia? E speriamo anche in quattro soldi, oltre ai gioielli che ho già preso…”, chiede il Lele con un sorrisone. Nabil ci pensa un attimo e lo gela: “Se però ha fatto testamento e tu non sei nel testamento per te sono cazzi”. Hossam annuisce un po’ distratto, la semifinale di Champions League gli fa mettere in prospettiva tutto il resto, anche che sua figlia di 15 anni voglia andare al concerto di Biagio Antonacci, martedì al Forum. Non è una brava musulmana, Hadiya, ma quando su padre glielo fa notare non è credibile. Come del resto tutti gli spacciatori nordafricani che indossano la maglia di Padoin.

A proposito di Juventus, i fratelli di Franco sono andati per qualche giorno a Torino ospiti di un cugino e per l’occasione si sono procurati (non si sa come, di certo non li hanno pagati) i biglietti per Toro-Juve. Il sardo di Andria è tornato al bar ed è sempre più silenzioso: ha indubbiamente una seconda vita, ma nessuno al mondo è interessato nemmeno alla prima. Il figlio dell’Ernesto (lo chiamano Chicco) è diventato ormai culo e camicia con il Vito, fra imprenditori di razza ci si annusa subito: fra l’altro il Vito lo ha messo in contatto con i suoi amici della società di start-up (stanno studiando una app che consigli l’abbinamento di colori giusto, per chi ha dubbi su come vestirsi) e Vincenzo saputo della cosa vorrebbe investire (o meglio, rubare altri soldi al padre dentista a Isernia) anche in questo settore, magari coinvolgendo Pier Luca.

Tutti pronti per il punto del Walter, che si sta trascinando verso il finale di stagione contento per avere sostituito uno dei suoi peruviani in nero grazie all’intervento di un vecchio amico della curva: gli ha dovuto dare 200 euro in contanti, ma le recupererà presto grazie ad un nuovo peruviano molto tatuato e dipendente (o giù di lì) DHL. “Mancini si conferma un allenatore tatticamente normale, con giocatori normali o anche meno, ma che pensa da allenatore di grande squadra. Ha provato a vincere, poteva perdere, ma ha vinto. Sembra sia riuscito a scuotere Hernanes, un miracolo, adesso però deve pensare al futuro: in questa ottica rinunciare a Shaqiri e tenere Kovacic come alternativa non ha molto senso, anche se è evidente che con l’assetto attuale si gioca meglio. Per una volta lasciamo stare la difesa, anche se proprio in una delle sue serate più tranquille e positive Ranocchia ha fatto la cazzata. Gli manca sempre qualcosa per il salto di qualità”.

Budrieri non apre la Gazzetta sul bancone della Sammontana, nemmeno le emozioni del derby di Torino gli hanno fatto dimenticare la famiglia. Mercoledì scorso, mentre cercava un rifugio sicuro per ciò che ha di più caro al mondo (una pompa da bicicletta ragalatagli nel 1975 da Marino Basso, del cui fan club lui era presidente), aprendo il cassetto più in basso dell’armadio, quello dove la moglie tiene le vestaglie di panno, ha scoperto una serie di lettere indirizzate all’Erminia che a occhio devono essere vecchie di decenni. Non le ha lette non per rispetto della privacy ma perché aveva paura di essere scoperto, si ripromette di farlo mercoledì, quando l’Erminia andrà a trovare una cugina a Garbagnate. Per quella ha data ha anche programmato un nuovo tentativo di masturbazione, annusando la ciabatta persa dalla zingara durante il furto al Simply. Il suo rapporto con D.J. John è sempre caratterizzato da alti e bassi: le feste a Pantigliate e Inzago sono andate male, nel senso che non lo hanno pagato o almeno così lui fa credere, in più si è rotto del sufismo e ha ripreso a scopare con Marilena. Ha ripreso in salotto, dopo che Budrieri e l’Erminia sono andati a letto alla fine della terza puntata di ‘Una grande famiglia’, ma al di là delle urla belluine, sue ma anche di Marilena, e delle cose che si sono detti (che figura con la signora Minghetti, al terzo piano, una persona così perbene) il vero problema è che dopo avere fatto i suoi comodi D.J. John si è pulito il cazzo sulle tende di lino che l’Erminia aveva avuto in regalo da sua nonna. Linus non ha ancora risposto alla proposta di talent per rapper ultraquarantenni, D.J. John sta pensando che essendo i genitori di Linus originari di Canosa allora il direttore di Radio Deejay ce l’abbia per partito preso con i tarantini. Tutti discorsi che non appassionano Budrieri, che del resto non ama più tanto nemmeno il calcio. Lui che ha visto giocare Catellani e Garlini non può mettersi a discutere con gente che pensa che l’Inter sia nata ieri: “Caro Walter, voi me la menate da anni con questo Ranocchia che ha bisogno di fiducia e che magari in una difesa a tre, tipo Conte, farebbe meno figure. Ma la verità è più semplice: Ranocchia non è da Inter”.

(10 – continua dopo Udinese-Inter).

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