Oltre la Fine, con Garbo e Luca Urbani

15 Aprile 2015 di Paolo Morati

Garbo Luca Urbani Fine

Dell’artista Garbo abbiamo scritto l’ultima volta in occasione della pubblicazione dell’ottimo album intitolato La Moda, che seguiva la trilogia dei colori. In questi giorni è uscito un suo nuovo lavoro firmato insieme a Luca Urbani, che riporta al centro dell’attenzione uno degli esponenti storici della new wave italiana, personaggio dalla coerenza squisita, questa volta assieme a un musicista che ha fatto dell’innovazione un marchio di fabbrica e con il quale lavora ormai da anni sull’etichetta Discipline. In attesa di averlo fra le mani, il disco, che si intitola Fine ed è stato finanziato attraverso Musicraiser, lo abbiamo ascoltato in anteprima streaming su Soundcloud, segno dei tempi che non possono ritornare indietro ma fortunatamente hanno ancora validi protagonisti che pensano musica oltre a produrla.

Partenza dunque con il botto, con la sequenza di due canzoni immaginifiche, poderose e dure (Ultimo viaggio e La fretta), singolarmente per ciascuna voce (“Muri che si alzano davanti… Ho brividi che scaldano le sere… I miei giorni cadono dal cielo”, “La fretta fa fare tutto superficialmente, il sesso resta solo una fantasia… È tutto troppo veloce, aspettami”) dove il messaggio che si ritroverà in tutta l’opera emerge chiaro tra decadenza e riscatto, per poi atterrare morbido sulla quiete di Novecento che ci riporta ad atmosfere più immersive (“Ma guarda com’è il mondo che cade giù, che lasci tu, non lascia ricordi e amore…”) . La cavalcata riprende e accelera con Libero, dove Urbani ci ricorda delle ritmiche basse e pulsanti che caratterizzavano i Soerba a introdurre melodie aperte, ariose, e poi di nuovo il passaggio alla voce profonda di Garbo su Mia Melancholia, bellissima (“Voglio vivere di niente, far morire la mente… Vedo luce che mi acceca, si avvicina e mi acceca…”), emozionante e profonda.

Si ritorna allo stridore piacevole dei suoni con Il Fine (“Io sono lo scopo di tutto il viaggio… Io sono solo il Fine”), ancora trascinante nell’insieme infinito cui Garbo ci ha abituati da sempre e che ha un continuum decisivo nella successiva Allinearsi (”La natura si ribella per preservarsi, prevalere su di te per avere predominio e allontanarsi”), minimalista nei suoni che entrano e si rincorrono fino allo stupore di Che meraviglia (“È un tempo che manca, in fondo sì”), bizzarra e saltellante, ripetitiva e ipnotica fino al ricamo di un sax. Prima della fine (ancora quella sequenza di lettere ricorrente, tra maschile e femminile) riporta al centro la voce di Urbani che ci spiega le cose che si possono fare prima della fine del mondo, con tranquilla rassegnazione e disincanto (“Tentare altre vie uscendo dall’ordinario”). Si torna su binari più silenziosi con Bidimensionale, una scrittura che elenca i contrari degli elementi per una vita che vive in una condizione di antinomia apparente (“Nulla di quello che penso ha profondità”). A chiudere degnamente il cerchio di un disco così lontano dagli standard mainstream è la ballata notturna Stella Nera (“Hai visto come è strano il tempo oggi sembra quasi che ci cada addosso il mondo… Vorrei essere una stella”), nel pieno stile di Garbo che con Luca Urbani va a rasserenare i pensieri per un progetto che in definitiva è il viaggio della vita oltre la morte. Anzi, oltre la Fine, verso il Fine.

Paolo Morati, in esclusiva per Indiscreto

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