Gli Umani, visti da un alieno

20 Aprile 2015 di Paolo Morati

Gli Umani - Matt Haig

Ci sono libri che potrebbero far cambiare prospettiva sull’esistenza. Uno di questi è Gli Umani, romanzo scritto da Matt Haig ed edito in Italia da Einaudi. Il tema è quello di una forma aliena che fa visita alla Terra con intenti bellicosi e racconta in prima persona quanto osserva, prima in modo particolarmente critico e sarcastico e poi iniziando a capire qualcosa in più di quelle bizzarre (e orrende ai suo occhi) forme di vita che la popolano. Fino a non poterne più fare a meno.

La cosa interessante de Gli Umani, soprattutto nella parte iniziale prima della ‘conversione’ al genere, sono alcune considerazioni che il vonnadoriano (questa la razza dell’alieno) assumente le sembianze del matematico Andrew Martin genio dei numeri primi, fa su persone, animali e cose, abitudini e modelli a cominciare da quella spirale di infelicità definita capitalismo, passando per la costrizione di leggere libri a fini di erudizione, i matti o considerati tali, la venerazione per i test, la violenza, i legami affettivi e l’amore con questi ultimi temi che sono poi quelli che alla fine hanno reso più scontata la seconda parte del libro.

Tante però le considerazioni brillanti, a cominciare da quella sulle mucche definite uno sportello unico per la fornitura di cibo, liquido nutriente, concime e calzature firmate. Oppure sui capelli e i loro significati sociali, o sugli adolescenti definiti come “una speciale sottocategoria sociale le cui principali caratteristiche sono la minore resistenza alla gravità, un linguaggio composto in gran parte da grugniti, la mancanza di cognizione spaziale, un’attività masturbatoria di notevole intensità e un’insaziabile fame di cereali”. O ancora il fatto che c’è solo una cosa peggiore di essere odiati da un cane: essere amati da un cane, il quale appartiene a quella che l’alieno chiama la specie più bisognosa dell’universo. Per poi finire a solidarizzarvi. E sentenziare, dopo aver assistito a una partita di calcio, che “agli umani non piace vincere, o meglio gli piace vincere per dieci secondi, ma se poi continuano va a finire che gli tocca pensare ad altre cose, tipo la vita o la morte”.  Generalizzazioni di un essere che arriva da un mondo dove la paura è stata risolta poiché è stato risolto il problema della morte, e dove non ci sono incubi? Probabile, ma con diversi spunti sollecitanti una riflessione.

Certamente in Gli Umani si ritrovano elementi di Terminator (lo sbarco nudo sulla Terra), Star Trek (l’incomprensione alla signor Spock riguardo agli atteggiamenti umani) e il sarcasmo di una sit-com straordinaria e divertente come Third Rock From The Sun (da guardare per chi non l’avesse mai vista) o della più ‘antica’ Mork & Mindy. Però ci sono anche considerazioni profonde sull’unicità di ciascun uomo. Unicità frutto della casualità della riproduzione ma anche di quelli che sono gli aspetti e le condizioni in cui ciascuno si trova poi a crescere, perché alla fine il DNA può contare fino a un certo punto. La storia nella seconda parte si allunga e arriva a un finale un po’ scontato e da film, che sarebbe potuto arrivare qualche decina di pagine prima. Nonostante questo, il libro di Matt Haig resta un romanzo consigliato, portando in primo piano invenzioni come la poesia e la musica capaci secondo noi di risolvere i problemi relazionali più della scienza. Anzi, nonostante questa.

Paolo Morati, in esclusiva per Indiscreto

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