La lettura di Degenkolb

14 Aprile 2015 di Simone Basso

La Parigi-Roubaix chiude idealmente il primo segmento della stagione. Le tre domeniche (più una, quella della Gand-Wevelgem) dei monumenti, dalla Milano-Sanremo alla Rubè, passando per il Giro delle Fiandre, sono accomunabili per lo chassis richiesto ai corridori, al netto della versatilità, qualità imprescindibile per svettare lungo l’intero filotto. Trattasi ormai del nirvana del cosiddetto velocista resistente, una tipologia che mette assieme grandi doti di fondo, sprint (soprattutto per la Sanremo), potenza (la Ronde ne richiede tantissima) e abilità tecniche e tattiche (sul pavè, il mestiere è il verbo). John Degenkolb e Alexander Kristoff paiono la summa e l’eccellenza di queste caratteristiche. Nel ciclismo nulla si inventa: passisti velocissimi erano già i vari Van Steenbergen, Van Looy, Daems, Poblet. Il velocista resistente si nutre del ritmo, e del riparo, del plotone; spiana benissimo le salitelle (per staccarlo ci vorrebbero i wattaggi degli anni Novanta…) e ha i cinquanta all’ora nelle gambe, col rapporto, per fare la differenza nei momenti difficili. Degenkolb e Kristoff sono le punte di diamante di movimenti, quello tedesco e norvegese, in piena salute e con un futuro prossimo, osservando le categorie giovanili, ancor più brillante. I due, a Richmond, su un tracciato cittadino che sembra una piccola Ronde, saranno pure i favoriti del Mondiale americano… Se il vichingo è forzuto e aggressivo, il poliziotto della Turingia vive meglio nelle pieghe del gruppo. Impressionante l’altroieri la lettura della contesa: in una Roubaix tutta sole, polvere e vento ha atteso – scortato da un’ottima Giant-Alpecin – gli ultimi trenta chilometri. Eolo che soffiava, impetuoso, prima alle spalle e poi di tre quarti contro, ha difatti complicato i tentativi di fuga. Degenkolb si è imposto su avversari sfiniti, dominando l’epilogo con un ricongiungimento, à bloc, su Van Avermaet, che gli ha consegnato le chiavi del Velodromo. John è di Gera, la città di Otto Dix, e prosegue la tradizione degli oussie nel ciclismo e nello sport di performance germanico: stessa provenienza quindi di Olaf Ludwig e Heike Drechsler. La sua crescita agonistica è stata a dir poco esemplare, all’insegna della multidisciplinarietà: campione sia su strada che su pista, nonché cronoman di alto livello. A vederlo solitario, strapotente, nel momentum della Regina delle Classiche, ci siamo ricordati dell’argento iridato juniores, a cronometro, in quel di Aguascalientes (era il 2007). La semina, considerando il motore e la carrozzeria da mammasantissima, ha dato frutti straordinari. Ad appena ventisei anni, il nostro è classe 1989, Degenkolb vanta un palmares sontuoso: aggiungete alla raccolta della Primavera 2015, la Parigi-Tours e Amburgo nel 2013 e la Gent-Wevelgem dell’anno scorso; più, tra i molti successi, una tappa del Giro e nove della Vuelta. Significativo che l’altra doppietta Sanremo-Roubaix dell’era moderna, quella di Van Hauwaert (la primissima) risale al 1908, fu realizzata da Sean Kelly che, al Fiandre, perse da Van der Poel senior per eccesso di generosità. Altrimenti avrebbe fatto tris. Da sottolineare il fatto che John sia solo il secondo tedesco ad imporsi all’Inferno: la vernice pionieristica, 1896, fu infatti firmata da Josef Fischer. Se stavolta ci sono stati il passaggio a livello chiuso e il tgv, allora un cavallo impazzito e una mandria di vacche furono il fuori programma – pericoloso – della corsa.

Un destino, curioso quanto puntuale, lega Danilo Gallinari ai Mavs. Due anni fa, nel momento più favorevole della sua militanza Nba, punto fermo di una contender che sognava il titolo, proprio contro Dallas si frantumò il crociato anteriore del ginocchio sinistro. Qualche dì orsono, in una classica cavalcata di regular season, opposto ai Cubans ha messo a referto 47 punti in bello stile, con percentuali alla Larry Bird. Stavolta in una franchigia perdente, in ricostruzione dopo il fallimento della gestione Brian Shaw. A dodici mesi dalla fine del contratto, nel 2016 guadagnerà quasi 12 milioni di dollari, è arrivato lo snodo centrale della carriera, l’attimo fuggente da catturare.
In più di trent’anni di osservazione dell’italbasket, mai avevamo ammirato un diciannovenne con quel talento e quel potenziale. Era il Gallo della Serie A 2008, la materializzazione tecnica di una nuova razza. Bidimensionale, un tre col fisico da quattro e le mani da due, il cestista tricolore più simile a Dejan Bodiroga per istinti e gestualità. Ahilui – tra un infortunio e l’altro – ha dovuto abituarsi al suo nuovo corpo, meno reattivo e dinamico rispetto agli esordi. Non sappiamo se potrà realizzarsi quella visione del Danilo imberbe, ovvero diventare l’italiano più forte di sempre, l’idea è che Gallinari sia nella fase decisiva del percorso. Il figlio di Vittorio non soffre della malattia cestistica di molte ex promesse, e campioni, della nostra pallacanestro: quell’involuzione, una sorta di imborghesimento, che ne ha limitato gli orizzonti (Riva, Morandotti, Meneghin junior, etc.). Oggi è più completo, va in post e alterna fronte e spalle a canestro con sagacia; vede i compagni e legge l’inerzia degli incontri. Avrebbe l’intelligenza di gioco, il repertorio balistico e la classe per completare al meglio una portaerei da titolo. Fare il pezzo importante nella rotazione di una squadra da anello.
L’obiettivo, anche penalizzando l’aspetto economico della prossima firma, deve essere condividere lo Spalding con quelli del suo rango. Ora o mai più.

… Lankes: “Ecco, qui sta scritto: Herbert Lankes, anno millenovecentoquarantaquattro. E il titolo: MISTICO, BARBARICO, ANNOIATO”.

Bebra: “Indubbiamente lei ha scelto il titolo che meglio esprime lo spirito del nostro secolo”. 
(Gunther Grass)

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