Il quarto passo di Preldzic e l’ultimo di Zagaria

21 Marzo 2015 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla spiaggia senza nome, con la sabbia nera, dove si brinda alla primavera senza vedere il sole nel giorno della grande eclissi, dove si piange e si ride, cercando di capire se nelle nuove regole dell’Eurolega esiste anche il quarto tempo per andare a canestro, tema da dibattere ora che Petrucci ha deciso, giustamente, di mandare al diavolo i legaioli borbottanti, chiudendo la parentesi del sorteggio arbitrale. In realtà il quarto tempo è già codificato, ma stiamo parlando della suddivisione di una partita e non di quanti passi puoi fare con la palla in mano. Noi ci siamo invece fermati al “contropiede” (in ogni senso) di Preldzic sul campo del Fenerbahce dove 12 mila ululanti hanno sconsigliato agli arbitri di vedere bene dove metteva i piedi l’ulano di Obradovic. Ecco se la Fiba proprio vuole si prenda gli arbitri, ma l’Eurolega deve essere lasciata bella e autonoma: se avrà bisogno dei direttori di gara competenti può sempre rivolgersi al vivaio statunitense dove gli arbitri sono già professionisti.

Tanta rabbia per un passo in più? Be’, si aggiunge al nervoso che ti prende quando vedi giocare l’Armani come nei tempi centrali della partita ad Istanbul. Cenere sul capo, occhi anche per i compagni, palla da far girare per il tiro migliore. Con quella testa, con quella difesa, avrebbe potuto davvero sfidare e batterne molte, certo non prenderne 20 dal Novgorod e 19 dai baschi di Vitoria che dopo le purghe, per l’infelice matrimonio con Marco Crespi, sembra aver ritrovato vecchio entusiasmo, pur nella crisi, entrando nel gioco per i play off insieme all’Efes dove Ivkovic spacca lavagnette, ma si trova sempre con una squadra vagotonica che ha rischiato di farsi infilzare dal Novgorod, dimostrando che Milano potrebbbe espugnare quel campo e, magari, dopo aver battuto Vitoria, ma con largo margine, se pensiamo ad un arrivo a tre con l’Efes, fare un pensiero per rendere difficile la vita del CSKA che per avere il primo posto deve togliersi dalla spalla il Fenerbahce. A proposito, se Vitoria dovesse farcela ad entrare nel playoff addio teoria che ad avanzare sono soltanto quelli con la grana.

Ad Istanbul si è visto che Obradovic fa ancora fatica a convincere gli americani del gruppo a vivere come si deve in una squadra delle sue. Per questo il grande generale non ha mai pensato alla NBA. Si troverebbe contro una esagerazione di gente con le molle. Meglio la ricca Europa e dicono che potrebbe diventare il candidato per Milano se Banchi si trovasse circondato da troppa gente che non sopporta, dentro e fuori dal campo, anche se nella corsa alla panchina più ambita del basket italiano, quella dove i soldi ci sono sempre, si parla pure del Carlo Recalcati, milanese di via Giusti, pilota della barchessa reyerina in una laguna dove l’acqua diventa alta anche quando non servirebbe, ancora incerto sul domani. A suo tempo avrebbe fatto volentieri anche il presidente federale. Adesso si fa il suo nome quando a giugno dovrebbe essere sostituito Marino che non ha più soltanto santi nel paradiso che si è inventato con la visibilità televisiva. Vedremo. Intanto Banchi fa bene a guardare verso il secondo scudetto consecutivo per Milano, il terzo in fila della sua vita professionale, e allora adesso che tutto sembra chiaro, che i pannolini sono stati cambiati, non perda di vista lo scopo finale: sa già come stanno le cose, lo sapeva anche alla fine dell’ultima stagione.

DI PALLA IN FRASCA – Siamo nel marzo delle follie NCAA, inutile dirvi che faremo il tifo per Calipari, paisà che sta facendo ruggire Kentucky, in onore del kentuchiano Burt Lancaster meraviglioso lottatore contro un cattivo, strano a dirsi il primo Matthau, con la frusta, e Bob Wright che allena Villanova dove c’è Ryan Arcidacono che in estate andò in Cina con la sperimentale azzurra diretta da Caja che di lui ha una bella opinione, quindi vuol dire che almeno difende. Sa difendere, ma non abbastanza e infatti i Wolfpack di North Carolina State hanno fatto fuori la sua squadra, lasciandolo in lacrime dopo 35’ in campo con 4 punti, 4 assist, 2 rubate, 100 rimpianti.

ZAGARIA IL CORRIDORE – Si è spento a 86 anni Giovanni Zagaria il grande cistode di un tempo adesso sconsacrato, sventrato come il Palalido. Lo amavano tutti i frequentatori di quello che per noi è e sarà per sempre il Pala Rubini. Urlava spesso, burbero benefico, ma guai toccargli i giocatori, disturbare il tempio. Al suo funerale un trio vecchia Olimpia, Faina, Arrigoni, Cappellari, e due Prigioniere del Sogno. Meneghin era andato a trovarlo nella settimana in cui è suonato il gong. Su questo personaggio il tam tam dei siti ha fatto scrivere cose bellissime a Giorgio Papetti, talento forse non del tutto espresso sul campo nelle due Milano, ma medico di qualità, e Daniel Peterson che con Zagaria ha potuto mettere in pratica il primo suggerimento del suo vecchio allenatore al liceo.

Il Papetti si è inventato pure il museo del basket milanese: qualcuno gli darà una mano? La federazione è informata che esiste una iniziativa del genere? Sapendo che in queste cose lavora uno in gamba come Blasetti pensiamo che ci sarà una possibilità sinergica per trovare una sede alla casa della gloria e dare vita anche al museo nazionale del basket. Zagaria, un romano di borgata burbero ma buono si è fatto rispettare da tutti. Anche se aveva sempre una sigaretta in bocca era un atleta vero, si allenava tuti i giorni per battere il record della 24 ore di corsa. Purtroppo per un guaio muscolare dopo tanti anni di allenamento ha fallito la prova. Aveva organizzato il test contro il tempo con i pochi mezzi trovati da amici che erano pure sponsor e dovevano tenerlo sveglio correndogli a fianco, dandogli caffè, zucchero acqua….

Ecco invece come Peterson trovò Zagaria: “La notizia mi colpisce, molto. Quando ero un giovane allenatore, negli USA, un coach al mio liceo, Danny Blaze, mi dava questo consiglio per il successo: Fare amicizia con il custode della palestra. L’ho fatto ovunque. Duque al Gimnasio Nataniel in Cile; Andalò al Palazzo di piazza Azzarita di Bologna; Zagaria al Palalido. Una figura storica del basket milanese. Mi dispiace davvero”.

PRIMA DELLA BUFERA – Lunedì a Roma, nel giorno di san Turibio, nella sala d’onore del CONI ci sarà la cerimonia di ammissione alla Casa della Gloria per chi ha dato davvero tanto al basket. Riflettori lacrime ed applausi per Antonio Bulgheroni detto Toto (una vita per il basket) che sarà premiato dal presidente del Coni Malagò ospitante e ospite di Petrucci il predecessore al palazzo Acca; Diego Pini, il balivo della Valtellina, terra dove il basket ha conosciuto splendori e nuova vita, ricordato nella cerimonia da Boscia Tanjevic, mille titoli, un oro europeo per l’Italia che è la sua seconda casa dopo la natia Sarajevo, un allenatore che sapeva sussurrare al mondo, alla vita, alla cultura, alla storia e che era davvero fratello in armi del dirigente di Sondrio al punto che i due stavano per fondare il primo partito dove comunisti e fascisti potessero almeno abbracciarsi nel lavorare insieme per una gioventù senza pregiudizi e capace di capire che la fatica non è soltanto il sudore. Ma ci saranno altri ammessi alla Casa, purtroppo senza fondamenta da quando è abortito il progetto di spostare la Federazione in una caserma dismessa: Mara Fullin (categoria atlete) che riceverà l’investitura dall’ex compagna di Nazionale e consigliere federale Sandra Palombarini; Marino Zanatta (atleti) pronto all’ennesimo abbraccio con Dino Meneghin,il suo compagno di mille battaglie in Nazionale e a Varese, ex, a noi non piace considerarlo ex, presidente federale; Fabrizio Della Fiori (atleti) che troverà ad accoglierlo Carlo Recalcati, compagno nello splendore della vera Cantù degli Allievi, allenatore di Azzurra per l’argento olimpico. Fra i premiati nella categoria allenatori Alberto Bucci, il dottor stranamore degli scudetti Virtus, della coppa Italia con Verona, della finale più rocambolesca per lo scudetto con la Livorno battuta all’instant replay dalla Milano del Cappellari, che fa parte della commissione d’ammissione(espiazione o soltanto giusto riconoscimento?), mille idee, mille invenzioni, tantissimi amici, qualche dissidente, soprattutto dopo il caso Forlì. Par dargli la toga e la corona arriverà da Madrid, prima della tempesta di Champions contro l’Atletico, nella bufera del clasico contro il Barcellona, Carlo Ancelotti uno dei tanti allenatori di calcio che hanno apprezzato moltissimo le lezioni tecniche degli uomini di basket, Gamba fra i primi, che chiarivano meglio a tutti i tempi e i modi per far bloccare e liberare i saltatori su punizioni e calci d’angolo.

Oscar Eleni, in esclusiva per Indiscreto

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