Tutta colpa della Kostner

17 Gennaio 2015 di Oscar Eleni

Oscar Eleni sulle barricate dello sceriffo al parco Solari dove i cantieri della metropolitana milanese rovineranno la piccola oasi dove se accarezzi un cane non ti ammazzano come quel povero rumeno che si era intenerito per un dogo argentino, il cane feroce usato da Jo Nesbo in “Io confesso” , per farci sapere che mafia capitale esiste in tutto il mondo, partendo dalla sua Norvegia. Certo qui da noi è diverso. Girano bulli e bulle, ci si accanisce contro Carolina Kostner e si ospitano in trasmissione gaglioffi veri, gente che ha venduto e comperato partite, alcuni sono già in campo. Per lei niente ghiaccio. Invidia, gelosia, roba minima confusa per giornalismo che non guarda “in faccia a nessuno”, salvo poi fare hip hip urrah nella sala d’attesa, seguendo il coro presidenziale dal Nord al Sud, pensate il credito dei lucratori di centimetri che poi si chiamano fuori perché erano “candidi” come la neve che ha fatto cadere il palazzone di San Siro 30 anni fa. Qui siamo nella stessa fase. La Kostner non la ricostruiremo più. Avanti con le ruspe.

Storia di fine settimana legata all’eurobasket che ci sta rovinando il fegato e ci scusino a Brindisi se ancora non ci entusiasmiamo per il loro cammino vittorioso. Rimandiamo alla puntata di lunedì anche le riflessioni sul bel lavoro di Marco Crespi e dei suoi sarmati nell’ultima stagione di Siena, ringraziando Francesca Paoli della Grafica Pistolesi che ci ha mandato il libro di Paperoga, un meraviglioso viaggio nella testa di un allenatore molto intellettuale, come dice con affetto il suo mentore Tanjevic nella postfazione, ammettendo che ci siamo impuntati come asini di Buridiano alla prefazione del Flavio Tranquillo dai mille talenti, dalla passione smisurata, perché ci ha irritato quello snobismo del ganassa che ci fa sapere di aver guardato soltanto distrattamente il campionato italiano dove il suo “grande amico” Crespi stava facendo un capolavoro che tramanderà alla storia sportiva di questo gioco in Italia anche il nome di una seconda arrivata.

Comunque sia stiamo sul pezzo, per nulla distratti dalla sagra di Verona dove il Gigante voleva trascinarci in una zingarata, ringraziando l’Emporio Armani per averci dato una tisana andalusa che ha in parte lenito i dolori provocati in settimana da Cantù. Soltanto uno buono come Sacripanti ha potuto assolvere la sua squadra sciagurata, egoista, disarmonica. Brava la Cremascoli a difendere il nostro Don Bosco, ma con certi giocatori la carota non può più andare bene. Su Dalmonte e Roma niente da dire. Hanno già fatto molto più di quello che dovevano se al centro c’è il vuoto, se nella testa di qualcuno non scatta mai la voglia di autocritica e se avremmo mandato in spogliatoio Trish chiedendogli di tornare sulla terra, non ci saremmo fermati all’occhiataccia per D’Ercole, così come non avremmo trovato una scusa per giustificare Stefano Gentile lanciato a testa bassa per buttare via la palla che poteva dare il successo in una Salonicco irriconoscibile dove un tempo volavano le dracme e, adesso, invece, non senti neppure una mosca perché dallo squadrone sono passati alla squadretta. Sulla vittoria di Sassari non commentiamo perché sembra sempre di avere un conto aperto con gli sbarazzini di Meo Sacchetti: ciapa e tira, sei avanti, ciapa e tira, ti hanno ripreso, ciapa e tira. Lui è uscito soddisfatto per aver trovato la vittoria in una gara stravinta tre volte e per tre volte rimessa nelle mani del “nemico” lasciando che Sosa nuotasse nel miele acido di scelte balorde.

Veniamo all’Andalusia, al palasport Carpena dove in un angolo sedeva il Sergio Scariolo che deve avere tanti impegni se ha fatto sapere di non essere disponibile ad una nuova proposta della federazione spagnola per sostituire Orenga. Saggezza dell’Iscariolo che ci piace di più, quello che ancora sa essere ironico e conosce certi polli iberici. A Malaga abbiamo visto l’Emporio Armani come dovrebbe essere sempre: umiltà e dedizione difensiva, palla che corre, gioco che non resta in attesa del miracolo. Ci hanno messo qualcosa di speciale nella serata in cui Moss aveva la testa ancora ai suoi problemi americani, dove Samardo Samuels le ha prese soltanto, dove a rimbalzo la sofferenza era totale. Vincere contro la capolista spagnola, è prima come lo è stata la Reyer da noi, un sogno del mattino che verso la sera dei play off rimetterà tutto a posto perché anche un Barcellona in crisi e un Real Madrid confuso non ci sembrano inferiori alla squadra dell’ex guardia carceraria Plaza, uno che ci piace perché sembra andare sempre al cuore del problema e nei minuti di sospensione non si nasconde se deve dire ai giocatori che è stanco delle loro tonterias. Contro Milano ne hanno fatte davvero tante. Non come quelle del Fenerbahce ad Istanbul quando Orfeo Spanoulis ha suonato la sua cetra nel risveglio finale.

Meglio per Luca Banchi e per l’Emporio che adesso può vedere le ruote di chi sta davanti. Magari CSKA e Olympiakos sono già troppo vicine alla vetta, ma il resto del gruppo è tutto da pesare e misurare, peccato ci sia il meno 20 col Novgorod, ma i russi potrebbero aver cantato solo una volta al Forum. Da verificare. Intanto serve il Forum esaurito (si gioca prima di cena, alle 19.45 ohibò, allora sono tutte balle quelle degli orari per favorire chi lavora fuori dal palazzo, non certo dentro) per la sfida contro Obradovic che ad Istanbul sembra predicare nel vuoto, ammesso che le sue prediche siano efficaci come un tempo. Vero che il Fener ha battuto Milano due volte nella prima fase, ma la difesa di Milano potrebbe far venire fuori il malessere di una squadra che ha molte qualità, ma non un gioco convincente. Forse non è più possibile in questa fase dove la calamita è sempre la NBA, quella che Tranquillo non guarda distrattamente, pochi ricordano perché San Antonio ha vinto, molti sbavano dietro agli uomini che amano giocare da soli, sfidando il mondo col tatuaggio e col tiro più azzardato.

Oggi rivediamo luce per Milano soltanto perché ha segnato 11 tiri da 3 sui 26 tentati? Anche. Ma prima ci sono stati segnali diversi mentre Gentile portava la tempesta nella difesa anemica dei cagnolini andalusi, gente che scuote la testa, tipo Suarez, ma non muove le gambe. Se fate caso, però, non sono stati tiri da 3 per mancanza di soluzioni o per egosimo. No, c’erano rotazioni che aprivano il gioco e davano spazio per colpire bene. Chiedete al Kleiza che si riprese dalla crisi dopo aver tagliato la barba e adesso ha ritrovato la sua personalissima gloria “tiratore a cui non devi chiede mai un sacrificio difensivo” dopo aver risistemato la capigliatura. Pulizia generale. Quella che hanno dovuto fare un po’ tutti da Ragland ad Hackett per finire al Melli che meritava un bagno fra le ragnatele dopo due tiri che non hanno preso il ferro , ma poi ha rimesso tutto a posto nella sua testa ed è diventato uno dei costruttori della piccola chiesa di Malaga dove Milano ha ritrovato almeno un paio di tesori.

I “monuments boys” di Banchi, come l’anno scorso, si sono ritrovati davanti al precipizio. Restano sempre con scarpe da ballerini sulle strade di ferro dell’eurolega, ma qualcuno è pronto a cambiarle, quelle scarpe, cercando calzature più adatte, le stesse dell’ultima stagione, dove chi ha memoria e non ha speso tutti i premi nell’incenso, sa benissimo che quel 26° scudetto è legato davvero ad un filo rosso trovato per caso in gara sei a Siena, come si capisce bene nel libro del Crespi da diffondere ai corsi allenatori. Certo si capisce anche perché quella febbre senese lo abbia fatto andare oltre il confine e a terra nelle terre basche, ma sarà argomento dei prossimi giorni su questo sito dove hanno deciso di tormentarmi con il caso Kostner, un’artista, una campionessa di sport, che difenderemo sempre, contro qualsiasi commare secca che sa odiare molto più che amare.

Oscar Eleni, in esclusiva per Indiscreto

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