Il reclutamento dei Mei

19 Gennaio 2015 di Stefano Olivari

Consideriamo Yassin Bouih una delle poche grandi speranze del mezzofondo maschile italiano, ma se non fosse stato per la lettura del sempre interessante Atletica Live non avremmo scoperto in tempi brevi che il suo 8’18”79 ottenuto a Padova nei 3.000 (indoor) è il secondo tempo italiano di sempre a livello juniores, risultato che assume ancora più valore alla luce della versatilità del talento dell’Atletica Reggio (ancora per poco, temiamo, a meno che la vicenda Wherabouts non azzeri i vertici dei gruppi militari), che spazia dagli 800 metri al cross. La vera notizia è però che il record è tuttora detenuto da Stefano Mei, che lo stabilì nel 1982 (!) con 8’00”91. 18 secondi di differenza, a favore di un mezzofondista mai toccato da sospetti di doping pur avendo attraversato un’epoca di parziale liberalizzazione del fenomeno. Cosa vogliamo dire, che Mei è il più grande atleta di tutti i tempi? Al netto della stima per lo spezzino, nato come miler e in seguito campione europeo nei 10.000 a Stoccarda 1986, primo della storica tripletta azzurra davanti a Cova e Antibo, vogliamo soltanto dire che c’è stata un’epoca non preistorica in cui l’atletica in Italia era importante e non raccoglieva gli scarti degli altri sport o gente anelante al posto fisso statale. In altre parole, basta guardarlo anche adesso che ha 51 anni, Mei avrebbe potuto eccellere in altre discipline  ma scelse l’atletica e non certo per i guadagni. Prima di ogni discorso su allenatori, tabelle, doping, soldi, eccetera, bisognerebbe quindi farne uno sul materiale umano a disposizione. Anche se questo significa andare contro un certa retorica del sacrificio, che fa sognare (e alla fine delude) i mediocri motivati e scoraggia molti cavalli di razza. Conclusione? Ridateci gli insegnanti di educazione fisica di una volta, più reclutatori e meno filosofi.

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