X Factor 8, perché Fedez ha dominato

12 Dicembre 2014 di Stefano Olivari

Lorenzo Fragola ha vinto l’ottava edizione di X Factor, appena terminata su Sky Uno, come era probabilissimo dopo il successo del suo inedito nell’ultima settimana di iTunes, inedito che già era piaciuto alle selezioni. Ha vinto davanti ad un altro ragazzo della categoria 16-24 anni, Madh, grazie ad un meccanismo che il successo sempre più vasto della trasmissione ha esaltato: per vari motivi le telespettatrici hanno una spinta emotiva al voto superiore ai telespettatori, quindi a parità di altri fattori il cantante maschio è favorito rispetto alla femmina (e ancor di più rispetto alla femmina strafiga, che peraltro nell’occasione non c’era). Ma è stato inevitabile per tutti concentrarsi più sui giudici, già famosi di loro, che su concorrenti sconosciuti e quest’anno di un livello medio non eccelso. E fra i giudici Fedez ha surclassato i tre colleghi Mika, Morgan e Victoria, anche al netto dei risultati eccellenti della sua squadra (in semifinale era arrivato anche Leiner). Lo ha fatto per almeno sei motivi.

Il primo: è l’unico dei quattro ad essere considerabile un personaggio emergente, a 25 anni appena compiuti, quindi ad essere percepito come più vicino ai concorrenti che ai loro genitori. Il travolgente successo dell’album Pop-Hoolista non gli ha certo nuociuto. Il secondo: non ha mai puntato sull’ortodossia di un’esecuzione, non sapendo lui per primo cantare in senso tecnico (quasi nessun rapper ne è capace), né tantomeno sulla presunta sacralità di un brano. Ha sempre dichiaratamente guardato al potenziale di vendita al di fuori dello schermo televisivo, senza fare divisioni fra i ‘suoi’ generi e gli altri, per questo è stato preso in antipatia da Morgan e Victoria, con Mika altalenante e svagato, quasi svampito. Il terzo: è sembrato al di fuori delle strategie di gara, forse anche perché aveva comunque la squadra più forte. Lorenzo credibile sia come ragazzo con la chitarra che come interprete o semi-crooner, Madh grande performer con la giusta arroganza, Leiner eccellente esecutore penalizzato da un inedito pessimo, solo Riccardo è sembrato un concorrente di Amici che aveva sbagliato studio.

Il quarto: come tutti, è stato esaltato dalla presenza di un rivale. Morgan si è posto subito come l’anti-Fedez, giocando a fare quello che rifiuta le logiche televisive. Lui, che non scrive una canzone decente da anni e che deve quasi tutta la sua popolarità attuale a X Factor: il siparietto dell’abbandono della trasmissione, con scontato pentimento e ultime puntate da scazzato, non fa onore alla sua intelligenza. È convinto di essere la persona di maggior cultura in tutto lo studio e lo fa pesare non poco, a volte in maniera divertente ma spesso incattivito dalla zavorra dei gruppi che gli è toccata: senza identità i The Wise, da festa aziendale gli Spritz for Five. Con scelte più pop avrebbero fatto strada i Komminuet, un duo ha provato a unire melodia e rap come in tanti ormai fanno (ad esempio lo stesso Fedez con Francesca Michielin, fra l’altro vincitrice di X Factor 5, in Cigno Nero e Magnifico). In passato, nell’altra occasione (la prima) in cui gli erano toccati in sorte i gruppi, Morgan aveva portato al successo anche gli Aram Quartet (poi scomparsi), ma il rifiuto aprioristico delle boy band e delle rock band gli si è ritorto contro. La scelta dei pezzi è stata spesso cervellotica, incomprensibile prima di tutto a chi li doveva cantare, passando dal poppissimo (Duran Duran) allo sconosciutissimo (per Il gioco del cavallo a dondolo, di Roberto De Simone, gli Sprtiz for Five avrebbero dovuto fargli causa), strappando un sorriso solo con l’adolescenziale fissazione per la New Wave (che era New più di trent’anni fa, per un ragazzo di oggi vale Mario Tessuto) e con l’abuso di Red Bull o Burn.

Il quinto: Fedez non ha mai criticato a prescindere i concorrenti degli altri ed anzi ha preso a cuore alcune situazioni, non ha fatto la parte del rapper tamarro e questo gli ha giovato. Poi la situazione gli è a volte scappata di mano: non è obbligatorio un passato in riformatorio e un processo per spaccio, ma il rapper che piange non si può tollerare. Sesto: soltanto una concorrente, Emma (che abbiamo incrociato poche ore prima di scrivere questo articolo, in metropolitana, carica di borse mentre spingeva il passeggino con dentro il figlio), era competitiva con quelli di Fedez come personaggio, come versatilità e come inedito (merito, o colpa, del suo vissuto trasposto in musica e parole, dedicato al padre). Ma è stata penalizzata dall’essere donna, come già detto, oltre che da un Mika che non ha avuto il coraggio di darle canzoni alla Cranberries. Che sono irlandesi, mentre lei è scozzese, ma ci siamo capiti (poi all’X Factor scozzese daranno al concorrente italiano un mandolino, ma cosa ci importa?). Gli altri due over 25, l’intonato Mario (bella voce, personaggio non vendibile se non come il disperato all’ultima chance) e il rapper romano Diluvio, avevano un’identità ma poco altro. In difficoltà anche Victoria con le ragazze 16-24: l’antipatica Camilla, la problematica e introversa Vivian (che alle selezioni si era presentata in coppia con il fratello), la sedicenne Ilaria che piaceva ai tre giudici ‘colti’ per i suoi riferimenti musicali  ma che non ha in fondo una vera caratteristica che la distingua dalla massa. Rispettare un canone ‘corretto’ può servire a prendere 7, ma al liceo.

Conclusione? In televisione ci sono così pochi programmi musicali, che è impossibile per noi non seguirli. Soltanto il tempo dirà se questa sia stata una grande edizione di X Factor, al di là della grancassa che suonano Sky e i giornali che ospitano la pubblicità di Sky, pieni di giornalisti ospiti alle trasmissioni Sky (oh, tutte le serie americane sono capolavori assoluti). Nella sua versione italiana ha comunque dato una grande chance a gente di grande spessore come Giusy Ferreri, Marco Mengoni e Noemi. Dei talent sembra obbligatorio parlare male come se nella bella Italia di una volta, quella della RAI di Bernabei con due soli canali in bianco e nero, presunti ‘veri valori’ venissero comunque fuori, ma rimangono uno dei pochi mezzi onesti per farsi conoscere. Di sicuro il fatto di doversi misurare in generi anche diversi dal proprio penalizza proprio i cantanti più particolari, quindi con maggiore potenziale, portando i riflettori sui giudici e sul loro narcisismo.

Share this article