Le vite degli altri

16 Dicembre 2014 di Simone Basso

Le vite degli altri

Verrebbe da citare Sciascia, se solo quel titolo scivoloso del Corriere della Sera (“I professionisti dell’antimafia”) non fosse stato frainteso e reso ambiguo dal climax del 1987 e oltre. E anche se l’argomento – cioè lo sport – dovrebbe essere lieve, i meccanismi paiono gemelli: sostituite alla parola mafia la parola doping e, soprattutto, inserite antidoping al posto di antimafia. Sono dinamiche perverse, esemplificate dalla recente boutade della Gazza. Una minestra riscaldata, con argomenti e temi di quasi tre anni fa spacciati e sparati a salve con un bel dispendio di decibel. Divulgando magari informative protette dal segreto istruttorio. Più si strilla, meno si pensa.

Il problema, culturale, non è solo loro ma di tutti. È del pubblico, disinformato, che gongola di fronte a materiale riciclato: una folla di guardoni, schiacciata sul presente continuo, implementa una forma minore di Alzheimer. Ripetiamo da molto tempo che non capiamo la linea editoriale di quel quotidiano, pensando alle sinergie RCS del Giro e delle altre corse. Eppure un pubblico, morboso e ignorante, c’è. Quindi si infanga a mezzo stampa usando un linguaggio che diventa metodo. Altro giornale “generalista” e una serie di luoghi comuni da bar, vergati con una ridondanza povera di argomenti. Una fotografia che nessuno ha visto (perché non esiste?), Tiralongo gregario fedelissimo dello Squalo (quando, in un Grande Giro, è stato luogotenente del corregionale una volta in quindici anni di carriera!) e via di stupidaggini. Pensiamo che la lotta al doping sia sacrosanta, e lo dovrebbe essere in ogni disciplina (..), ma l’idea stessa della materia richiederebbe una preparazione specifica, studio. Conoscenza storica e scientifica, una riflessione profonda sul mestiere dello sportivo professionista. Nonchè rispetto della professione in sé. Perchè non si gioca con le vite degli altri: il fango, quando sporca gli incolpevoli, non se ne va più. Se RCS ha deciso di mollare il ciclismo, lo venda a chi lo valorizzerà sul serio. I francesi – come del resto gli inglesi o i klingoniani.. – conoscono le potenzialità (inespresse) dell’universo Giro. Si dedichino con profitto alle Belenottere scosciate e ai pallonari col taglio di capelli fessacchiotto. E la smettano di costruire miti e santini a tavolino, ribaltando la realtà di quel che fu e sarà. Tanto i monumenti (sculture condannate all’indifferenza) servono solamente a ospitare gli schizzi dei piccioni.

Il CIO di Bach accelera, forte del consenso (finanziario) dei nuovi padroni della baracca (arabi e russi). Il concetto di sport che si intreccia agli affari, da nipotini del caudillo Samaranch, è sempre più strategico. I procteriani comandano e ordinano il Verbo: mercati emergenti e diritti d’immagine, sponsorizzazioni, tivù, internet, come piovessero. Dal 2020, Tokyo, sforbiciata allo chassis del megaevento. Col tetto massimo di trecentoventi concorsi e millecinquanta atleti, i rami secchi (quelli che portano meno denaro o più problemi logistici) sono innumerevoli. Il piano è di cancellare il nuoto sincronizzato – pochi dindi in cassa – e il ciclismo su pista, spettacolare ma troppo costoso nella gestione del dopo Olimpiadi (non tutti i velodromi sono gestiti dalla Federazione britannica..). Il machete interverrà anche sulla ginnastica e la scherma (la miniera storica di medaglie del Coni…) col taglio di alcune specialità. Tra le altre discipline, si sussurra dell’esclusione del salto triplo dal menu dell’atletica leggera. E, sul nostro personalissimo cartellino, non vediamo bene nemmeno la marcia…

Realtà più munifiche bussano, illuminante quanto imbarazzante è l’occasione del golf. Prendiamola larga… Avete presente, quest’estate alla Grande Boucle, l’arrivo vittorioso di Nibali a la Planche des Belles Filles? Lassù, sui Vosgi, prima del 2012, ci furono tante discussioni sul permesso accordato al Tour de France di violare quell’oasi. Per dirla tutta, noi non l’avremmo dato, al pari di certi scempi consentiti per la costruzione di piste e impianti sciistici. A Rio de Janeiro – in vista del 2016 – i lavori del golf sono un caso politico. L’impatto di un green, comunque vada, è devastante, un’alterazione ambientale permanente, ancor più se – come stavolta – il progetto coinvolge una riserva naturale… La richiesta di modifiche urgenti e il conseguente stop temporaneo all’ambaradan, da parte di un pubblico ministero, sono stati rigettati parzialmente dal giudice Klausner. Che, pilatesco, ha fatto ripartire il business – stimato sui 25 milioni di dollari – in cambio di qualche modifica al tracciato. Ai finanziatori del circo olimpico, secondo voi, frega qualcosa dell’ecosistema della Reserva de Marapendi? Da qualche parte del cielo spunta la voce eterna, acusmatica, di Elis; Regina di nome e di fatto di un Brasile pagano e sensuale. Quando la musica popolare destava le coscienze, invece che sopirle.

“..Per la cachaça gratis che dobbiamo inghiottire / Per le zaffate di fumo, disgrazia, che ci fanno tossire / Per i ponteggi, grondanti sudore, da cui dobbiamo scendere / Possa Dio ricompensarti

Per un altro giorno, agonia, per sopportare e assistere / Per il digrignar di denti, per il rumore della città / E per il grido demente che ci aiuta a fuggire / Possa Dio ricompensarti…”

Simone Basso, in esclusiva per Indiscreto

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